“Una proposta concreta che si può realizzare con tempi certi”. Matteo Renzi ha presentato così la sua idea di legge elettorale, ribattezzata “Italicum”, durante la direzione nazionale del Pd che si è tenuta ieri pomeriggio a Roma. Sono stati innanzitutto chiariti i prossimi obiettivi, a cominciare dalla cancellazione del Senato, il superamento del bicameralismo perfetto e la riforma del Titolo V della Costituzione, contenuti in un disegno di legge che il Pd presenterà entro il 15 febbraio per arrivare al via libera in prima lettura a Palazzo Madama entro il 25 maggio. Si è poi arrivati al nodo centrale, la riforma della legge elettorale frutto anche dell’accordo raggiunto sabato scorso con Silvio Berlusconi: la proposta del segretario democratico prevede l’assegnazione di un premio di maggioranza non superiore al 18% a chi abbia preso almeno il 35% dei voti, in modo che il vincitore possa raggiungere una rappresentanza in aula compresa tra il 53 e il 55%. Se nessuno dovesse superare il 35%, allora si potrebbe immaginare un turno di ballottaggio tra le due principali coalizioni. L’Italicum di Renzi ha però già sollevato le prime critiche, provenienti non solo da Beppe Grillo (che per l’occasione ha coniato il neologismo “Pregiudicatellum”), ma anche dallo stesso presidente del Pd Gianni Cuperlo, secondo cui una simile legge elettorale non garantisce né una rappresentanza adeguata né il diritto dei cittadini a scegliere i propri rappresentanti. Con Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, abbiamo fatto il punto della situazione.



Nei giorni scorsi Renzi ha scatenato le polemiche per essere arrivato all’Italicum insieme a Berlusconi e, in parte, ad Alfano. Qual è il maggiore obiettivo del sindaco di Firenze?

Renzi vuole prima di tutto dimostrare che la sua elezione ha davvero aperto una fase nuova nella vita politica italiana e che grazie a lui sarà possibile arrivare a dei risultati concreti. Punta quindi a un successo che gli permetterà di ottenere un risultato soddisfacente alle elezioni europee e di avvicinarsi alla presidenza del Consiglio.



La sua strategia sembra però escludere l’ipotesi del voto anticipato…

Sembra essere così, anche perché sappiamo bene che eventuali riforme costituzionali hanno bisogno di oltre un anno di tempo per essere attuate. Questo significa che Renzi ha di fatto accettato l’idea che l’attuale governo rimarrà in piedi ancora per tutto il 2014, durante il quale dovrà necessariamente dimostrare di riuscire a ottenere dei risultati, a cominciare dalla legge elettorale.

Quali conseguenze avrà tutto ciò sul Pd?

All’interno del Pd c’è una minoranza che non apprezza né il metodo né il contenuto delle proposte di Renzi, quindi anche in questo caso conteranno i risultati. Se il segretario riuscirà a mantenere gli impegni presi, la fronda interna è destinata a non avere una grande influenza. Ma se invece dovesse fallire, allora la situazione potrebbe iniziare a complicarsi.



Come mai Alfano ha chiesto di recente un governo Letta bis, più che un rimpasto? Tra l’altro anche Cuperlo sembra essere  della stessa idea…

Stiamo assistendo a un capovolgimento delle parti. Prima sembrava che Renzi dovesse far cadere il governo, quindi le altre formazioni hanno sostenuto Letta con convinzione. Adesso invece che lo scenario appare cambiato, i vari schieramenti che appoggiano l’esecutivo sono preoccupati di dover trascorrere tutto l’anno subendo gli attacchi e le critiche del segretario Pd. Ovviamente il sostegno a Letta rimane, ma chiedono un nuovo patto e una nuova squadra in cui il nuovo partito di Renzi dovrà impegnarsi e prendersi le sue responsabilità.

 

Come crede reagirà Letta allo scenario che si sta delineando?

Credo che sia pienamente d’accordo con le riforme costituzionali ed elettorali, anche perché l’attuale governo è nato anche con l’obiettivo di creare un clima politico adatto a questi cambiamenti. Anche il fatto di aver ricreato quelle larghe intese che sul piano delle riforme istituzionali erano venute meno non fa altro che allungare la vita del governo, quindi non credo che Letta abbia qualcosa da ridire. Attenzione però, perché senza dubbio anche il premier vorrà coinvolgere Renzi in un programma di governo comune: ecco perché sarà interessante scoprire cosa accadrà nelle prossime settimane e se il nuovo contratto conterrà questioni che potranno rappresentare motivi di contrasto.

 

Torniamo sulla legge elettorale. Crede sia necessario “far fuori” i piccoli partiti?

In realtà si tratta di un obiettivo già da tempo esistente. Non dimentichiamo che in questa legislatura, con il Porcellum, sono entrati cinque partiti in Parlamento, quindi stiamo assistendo a un processo già previsto dalla precedente legge elettorale. Essenzialmente si punta a ridurre il numero di quei “partitini” che sono così piccoli da essere praticamente inesistenti, e la soglia del 4 o del 5% prevista da questa nuova legge si rivelerà assolutamente efficace in tal senso.

 

Anche una legge come questa rischia di essere incostituzionale?

Dipende essenzialmente da due aspetti, a cominciare dall’entità del premio di maggioranza e dalla soglia che bisognerà raggiungere per ottenerlo. Se il primo dovesse essere troppo alto, magari del 20%, e la seconda troppo bassa, magari del 35%, allora c’è effettivamente il rischio di ricadere in quella irragionevolezza di cui ha parlato la Consulta bocciando il Porcellum. Vorrei far notare che, con il sistema spagnolo, il partito popolare di Rajoy ha vinto le elezioni con il 45% dei voti ma ha avuto il 53% dei seggi, ricevendo quindi un premio di maggioranza solo dell’8% nonostante una vittoria schiacciante. In realtà questo avviene dappertutto, un premio così alto ce lo abbiamo solo noi.

 

Il secondo aspetto di cui parlava?

Riguarda le liste bloccate. Anche in questo caso potrebbe esserci una contraddizione con quanto stabilito dalla Corte costituzionale, ma francamente non credo sia obbligatorio reintrodurre le preferenze. Sono invece dell’idea che sia sufficiente prevedere una lista bloccata, ma più corta, che poi è lo stesso modo con cui si vota nel resto d’Europa. Certo, i cittadini non potranno scegliere il proprio parlamentare, ma non dobbiamo dimenticare che spesso le preferenze si sono rivelate un sistema arcaico e clientelare di scegliere gli eletti, quindi non credo che dovremmo rimpiangerle.

 

Come esce invece Berlusconi da questo passaggio politico?

Ne esce benissimo, ritrovandosi completamente inserito in quella stessa vita politica italiana di cui ormai non faceva più parte da qualche mese. Berlusconi è tornato al centro della scena e al centro delle riforme, quindi uno dei passaggi più importanti. Tutto ciò gli ha inoltre riconsegnato l’unità del partito e, tutto sommato, lo ha messo anche nelle condizioni di riconciliarsi prima o poi con Alfano, di cui avrà bisogno nel momento elettorale per formare la coalizione. Praticamente avremmo una riedizione del Pdl.

 

Berlusconi e Renzi potrebbero trovare un accordo anche sul semipresidenzialismo?

Non credo che l’attuale Parlamento sia in grado di affrontare una riforma di questa portata, anche se il doppio turno comporterebbe automaticamente almeno un rafforzamento dei poteri del capo del governo.

 

Come giudica la posizione assunta dal Movimento 5 Stelle fino ad ora? Questa legge va bene anche a Grillo?

Di certo la proposta di Renzi non verrà accettata, altrimenti Grillo si sarebbe seduto al tavolo per discuterne. Il Movimento 5 Stelle appare in difficoltà, ma per un motivo ben preciso: se il sistema politico riprenderà a produrre decisioni e cambiamenti, automaticamente i grillini si indeboliranno. Se poi i partiti tradizionali riusciranno anche a ridurre i costi della politica, svuotando in parte la campagna elettorale di Grillo, allora gli argomenti dei 5 Stelle diminuiranno ancora di più. Nonostante ciò, ovviamente l’M5S rimarrà in attesa del primo passo falso degli altri partiti.

 

Come si pone invece Giorgio Napolitano di fronte alle proposte messe in campo?

Il Capo dello Stato non può che vedere con soddisfazione il fatto che finalmente, dopo tanto tempo, i partiti sembrano in grado di raggiungere un accordo, ognuno sacrificando qualcosa, per dare una legge elettorale al Paese e per avviare un minimo di cambiamenti costituzionali necessari. Sono quindi convinto che Napolitano accompagnerà questo processo per quanto possibile, assicurandosi che la Costituzione sia sempre rispettata.

 

(Claudio Perlini)