Per settimane si è parlato di Mattarellum modificato, modello spagnolo rivisitato e sindaco d’Italia col doppio turno. L’incontro di sabato tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, al Nazareno, nella sede romana del Partito Democratico, ha fatto saltare il banco. Il governo, per il momento, tiene. Le due ore di faccia a faccia hanno partorito “una profonda sintonia” e, soprattutto, una nuova proposta di legge elettorale: l’Italicum, come è stato subito ribattezzato. Bagarre in casa Pd, con le dimissione di Cuperlo, dopo che la direzione ha approvato il disegno del segretario. Cosa prevede dunque l’Italicum? È di fatto un proporzionale con liste corte e bloccate, soglia di sbarramento (12% per le coalizioni, 5% per e liste coalizzate e 8% per quelle non coalizzate) e premio di maggioranza (18% dei seggi da attribuire a chi abbia almeno il 35% dei consensi al primo turno. Se ciò non avviene, si va al ballottaggio di coalizione. Del nuovo sistema elettorale abbiamo parlato con Mario Mauro, senatore del Gruppo per l’Italia e ministro della difesa del governo Letta.

Tra Mattarellum, spagnolo e sindaco d’Italia è spuntato fuori l’Italicum.

Durante l’incontro che avuto ieri con il segretario del Pd ho avuto modo di rimarcare alcuni giudizi sul contenuto della legge elettorale in questione.

Entriamo dunque nel merito della nuova proposta. Cosa non la convince?

Premessa: è in sostanza un doppio turno di coalizione, laddove nessuno raggiunga il 35%. Mi preme sottolineare che la soglia del 35% prevista è irragionevole.

È bassa? 

Certo, va alzata almeno al 40% affinché sia ritenuta costituzionale. Il 35% a quale percentuale di elettori aventi diritto corrisponde? In proporzione, a non più del 20-25%. Come è quindi possibile che con questa percentuale reale sul  totale degli italiani si ottenga il 55% dei parlamentari?

E infatti sono già piovute numerose critiche di incostituzionalità. E all’indice ci sono le liste bloccate.

Esattamente. Attenzione: questo meccanismo non garantisce affatto il rapporto tra eletto ed elettore come ribadito dalla Corte costituzionale e richiesto a gran voce dalla gente. Si tratta, per noi, di un punto ineludibile. Infatti, anche se le liste sono corte e i nomi dei candidati sono indicati sulla scheda, l’impatto degli elettori avverrebbe su base nazionale e dunque la conseguenza diretta tra voto dell’elettore ed elezione del parlamentare non si configura in alcun modo.

Ci spieghi, ministro.

Per assurdo, un voto dato in una circoscrizione per fiducia al candidato di una lista può determinare l’elezione di un altro candidato della stessa lista ma in una circoscrizione diversa. 

Un altro aspetto dell’accordo politico che ha condotto a questa bozza di legge elettorale, è la volontà di neutralizzare il potere di veto dei piccoli partiti.

La politica italiana, in questi ultimi 20 anni, ha subito dei fenomeni di instabilità e di ingovernabilità per delle contraddizioni interne alla coalizioni dovute alla crisi dei grandi partiti e non certo per l’inesistente potere di veto delle piccole situazioni.

 

A cosa si riferisce?

Il problema si è creato nel Pdl quando Fini è entrato in rotta con Berlusconi e non perché il Pdl fosse in coalizione con partiti che ne hanno ostacolato l’azione di governo. Ciò vale anche per le contraddizioni interne del Pd, ex Ulivo, dove a mandare a casa Prodi provvidero D’Alema e Veltroni, e non certo Pecoraro Scanio o altri leader minori della coalizione di centro-sinistra con percentuali, come si suol dire, da prefisso telefonico.

 

Anche per lei l’Italicum è incostituzionale?

La Consulta ha parlato esplicitamente dell’importanza di una proporzione tra numero dei voti che si prendono e numero dei seggi che si acquisiscono sulla base di quel numero di voti. A nostro modo di vedere per avere questa proporzione bisognare arrivare ad una soglia (almeno) del 40%.

 

Un partito come il vostro non rischia di rimanere tagliato fuori?

Ma questo non è interessante. È giusto rappresentare i cittadini, ma se questa rappresentanza non è capace di aggregare oltre una certa cifra è anche giusto che non ci sia allora alcuna rappresentanza. Io credo che processi di aggregazione che si possano innestare da soglie “rispettabili” non siano da temere in quanto tutti i piccoli partiti devono ambire a diventare grandi.

 

Come vede il nuovo asse Renzi−Berlusconi sulle riforme?

Berlusconi è stato “scelto” da Renzi: il segretario Pd ha preferito ridare centralità a Berlusconi come federatore dell’area alternativa alla sinistra, a differenza di quanto era riuscito ad ottenere Letta che, sganciando Alfano da Berlusconi, aveva creato la possibilità di un’alternativa alla sinistra in Italia fuori dalle corde del populismo e dell’estremismo.

 

Tutto questo che cosa cambia?

Ci troveremo a fare i conti con un confronto più muscolare e meno incline alla collaborazione. Sono certo che Renzi, più che consapevole delle conseguenze della scelta fatta, è stato più tentato dalla possibilità di scegliersi un avversario che appare in declino per età e vicende giudiziarie. Farei poi un’altra considerazione.

 

Prego.

L’area non di sinistra in Italia  è maggioritaria. Chi trova il bandolo della matassa facendo il federatore dei moderati trova anche le chiavi per vincere le elezioni…

 

In seguito all’incontro di sabato al Nazareno sono cambiati i rapporti di forza all’interno del governo?

Mi sembrano più che altro cambiati i rapporti di forza all’interno del Partito democratico. E la votazione della direzione (111 sì alla proposta di Renzi e 34 astenuti, ndr) lo dimostra ampiamente.

 

Cuperlo, infatti, si è dimesso.

Il Pd è saldamente nelle mani di Matteo Renzi e la sua leadership ha stravolto la vecchia struttura del partito.

 

Si parla tanto di Letta-bis. Cosa accadrà?

Il problema rimane l’agenda, ovvero quelle cose che il governo chiamato a sostenere l’Italia per un recupero di competitività deve fare. Sulla base di questa analisi sono certo che il Presidente della Repubblica e il premier, secondo le loro prerogative, troveranno per il Paese la soluzione più veloce.

 

(Fabio Franchini)