Dopo l’accordo con Berlusconi il business-friendly Mr Renzi (così lo ha definito The Economist l’11 gennaio scorso in un articolo sull’upset della sinistra italiana) ha tirato fuori una quarta proposta di legge elettorale che sembra sia stata ormai presentata alla Camera dei Deputati. Niente più sistema spagnolo, con cui si era accordato con il Cavaliere, e nemmeno Mattarellum e “sindaco d’Italia”, ma semplicemente Italicum.



E se dopo avere letto la bozza del ddl lo chiamassimo “Porcellum 2”? Che cosa ne direste?

In fondo ha mantenuto la disciplina della legge elettorale precedente e ha solo emendato gli articoli chiave, tra i quali spicca il celebre art. 83.

Parlare di “Porcellum 2” vuol dire che si è disatteso clamorosamente quanto aveva scritto la Corte costituzionale nella sentenza sul “Porcellum 1”. E così è, nonostante qualche intervista rilasciata – dall’usignolo di turno – proprio per parare questa critica.



La Corte aveva posto in evidenza due mancanze rilevanti sul piano della costituzionalità della legge elettorale: il premio senza soglia e, perciò, tale che può avere una consistenza irragionevole (nelle elezione del febbraio 2013 il premio era risultato pari al 25,5%); e la mancanza del voto di preferenza che consenta all’elettore di scegliere il proprio rappresentante, posto che i partiti non possano sostituirsi al corpo elettorale e che l’art. 67 Cost. presuppone l’esistenza di un mandato conferito direttamente dagli elettori.

Perché la Corte ha censurato la normativa sul premio senza soglia? Perché consentiva “una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa” (sono parole della Corte). Allora, se questo è il punto, il doppio turno di ballottaggio, per assegnare un premio a chi non ha raggiunto la soglia del 35% al primo turno, è una evidente “fraus constitutionis” e violazione del giudicato della Corte.



Il fatto è che non basta essere un buon politologo per individuare la “giusta” legge elettorale, è necessario essere anche un costituzionalista ferrato.

Nell’indicare l’incostituzionalità in relazione al premio e nel prescrivere la soglia, il giudice costituzionale ha indicato anche una regola implicita della disciplina del premio di maggioranza, e cioè che, se nessuna lista o coalizione raggiunge la soglia, la distribuzione dei seggi avviene solo attraverso il criterio proporzionale, proprio perché nessuna lista è legittimata ad usufruire del premio. A ciò serve l’indicazione della soglia.

Ora, non è possibile che ciò che esce dalla porta possa rientrare dalla finestra. La sovra-rappresentazione illegittima del primo turno non diventa legittima al secondo turno. Se si va al secondo turno è chiaro che il 18% di premio (che è già un premio alto) non è più sufficiente e comunque si passerebbe al secondo senza una soglia, per cui in caso di quattro poli forti si potrebbero dare coalizioni o liste attorno al 20/25% che al secondo turno possono prendere un premio del 28/33%. 

All’eccesso di questo meccanismo si somma poi l’effetto perverso dell’elevazione delle soglie di sbarramento per la partecipazione alla distribuzione dei seggi, sia all’interno e sia all’esterno delle coalizioni e per le coalizioni medesime, che permette ai tre partiti sopra il 20/25% di fare fuori (letteralmente) i partiti cosiddetti piccoli.

L’Italicum applicato ai risultati del 24-25 febbraio del 2013 avrebbe portato, a parte qualche seggio per la Südtiroler Volkspartei, al solo Pd all’incirca 322 seggi, con buona pace di Vendola e Tabacci. I restanti 290 seggi sarebbero stati distribuiti tra Berlusconi e Grillo, con buona pace di Monti, Mauro e Casini, oltre che di Fini, ed esattamente 155 al Cavaliere e 135 al M5S.

La verità è che premio, compreso l’inedito del doppio turno per il premio, e sbarramento si sposano male e questo perché il premio in sé è una alterazione della rappresentanza che non dovrebbe essere cumulata con altre alterazioni compresa la soglia di sbarramento. Inoltre, uno sbarramento sul proporzionale dell’8% ci ricorda tanto la legge elettorale turca che non è molto democratica dal punto di vista della rappresentanza. I principi europei in materia elettorale (che condizionano la legittimità delle leggi elettorali nazionali per il Parlamento europeo) non a caso prevedono una soglia di sbarramento massima del 5%.

Mi si potrebbe obiettare che, ad accogliere tutte le mie critiche, non resta altro che un governo di coalizione o di grande coalizione che in Italia è stato ribattezzato di “larghe intese”.

Sì! Non resta altro, come ci sta insegnando il Regno Unito; un paese nel quale vige il principio “first past the post” per il voto e ha una vocazione al “single party government“, ma che di fronte ad un “hung Parliament” (un po’ d’inglese farebbe bene al nostro Renzi), cede in modo ragionevole al governo di coalizione.

Quanto, poi, al voto di preferenza per la scelta del proprio candidato da parte degli elettori, la Corte costituzionale è stata molto chiara, affermando che “Nella specie [con il porcellum 1], tale libertà risulta compromessa, posto che il cittadino è chiamato a determinare l’elezione di tutti i deputati e di tutti senatori, votando un elenco spesso assai lungo (nelle circoscrizioni più popolose) di candidati, che difficilmente conosce“. E questo non cambierebbe con il Porcellum 2, l’Italicum di Renzi. Infatti anche con questo “tutti i deputati” e “tutti senatori” sarebbero votati su elenchi predeterminati e il fatto che l’elenco non sia lungo come il precedente, non modifica  “la circostanza che alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione” (è sempre la Corte a scriverlo).

Da questo punto di vista il giochino delle circoscrizioni divise in “collegi plurinominali” serve a poco per parare una censura di legittimità costituzionale.

Da quanto sta accadendo, comunque, emergono tre leggere sensazioni che salgono dal profondo.

La prima. Si ha la sensazione che l’accordo tra Renzi e Berlusconi sia un accordo in bianco senza contenuto; giova a entrambi, ma soprattutto a Berlusconi. La seconda. Si ha la sensazione che Alfano e Lupi abbiano un accordo segreto con Berlusconi (per il ritorno in Forza Italia) e che siano in prestito a Letta per mantenere il governo; giova a tutti (loro). La terza. Si ha la sensazione che Renzi – come innovatore – abbia già toppato; e non gli giova affatto.

Ripeto. Sono sensazioni, ma in certi casi pesano più di verità conclamate.

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