C’è chi dice no, anche nel Pd. Dario Franceschini, ad esempio, si schiera senza dubbi sulla linea dell’accordo Renzi-Franceschini, e cioè liste bloccate (anche se più corte) e niente preferenze. Il ministro per i rapporti con il parlamento spiega che cambiare l’accordo originale farebbe saltare lo stesso accordo e che comunque non è detto che con le preferenze abdurrebbero in parlamenti i migliori, anzi. “Farebbero aumentare a dismisura i costi delle campagne elettorali dei singoli candidati, con tutti i rischi connessi, e non sempre porterebbero in Parlamento i migliori e comunque lo priverebbero della presenza di competenze e professionalità indispensabili”, dice Franceschini. Forza Italia dal canto suo è irremovibile, lo ha detto ancora oggi Denis Verdini incontrando Maria Elena Boschi: nessuna ipotesi, ha detto Verdini, di revisione dell’accordo fatto. C’è invece la posizione di Alfano e del suo partito, che chiederebbe almeno un sistema misto di collegi e preferenze. Il M5S dal canto suo è schierato per le preferenze, mentre è risaputo che la minoranza del Pd, quella di Cuperlo per intendersi, è favorevole anch’essa alle preferenze. 



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