“La Consulta non ha mai affermato che la nostra Costituzione preveda un obbligo di introdurre delle preferenze. Le motivazioni della sentenza affermano piuttosto che il Porcellum è riuscito a riunire in un’unica norma un insieme straordinario di condizioni negative”. Lo spiega Nicolò Zanon, professore di Diritto costituzionale all’Università di Milano, mentre dalla Camera dei deputati è arrivato il primo sì sulla nuova legge elettorale basata su doppio turno e liste corte bloccate.



Professor Zanon, da un punto di vista costituzionale l’Italicum presenta gli stessi problemi del Porcellum?

Nelle motivazioni della Corte costituzionale si identificava come primo problema il fatto che il Porcellum consente lunghe liste di candidati che gli elettori non sono in grado di memorizzare. A ciò si aggiungeva il problema, ben più grave, delle pluri-candidature: la stessa persona poteva scegliere di candidarsi anche in tutte le circoscrizioni. I primi dei non eletti finivano così per dipendere dalla scelta dei pluri-eletti.



Insomma il problema non riguarda solo le preferenze?

Proprio così. Dalle motivazioni della sentenza emerge un insieme straordinario di condizioni negative che il Porcellum ha riunito in un’unica legge. Nell’Italicum al contrario le circoscrizioni sono molto più piccole e le liste molto più corte. Nella sentenza della Corte si fa un riferimento esplicito al fatto che in presenza di liste corte è quantomeno favorita la conoscibilità da parte dell’elettore. In termini strettamente giuridici, alla luce della sentenza della Consulta, non si può affermare che ci sia un vincolo costituzionale a favore della preferenza, che si potrebbe dedurre dal principio della libertà di voto e dall’idea della rappresentanza della nazione contenuti negli articoli 67 e 48. Sul piano politico invece sono possibili altri ragionamenti, e gli argomenti a favore o contro le preferenze sono tanti.



Per Roberto D’Alimonte le preferenze non favorirebbero il voto d’opinione bensì “metodi clientelari, se non addirittura criminali”. Lei che cosa ne pensa?

Le preferenze possono essere entrambe le cose, favorire il voto d’opinione oppure chi fa politica con metodi clientelari. Tradizionalmente si dice che ci sono zone del nostro Paese in cui le preferenze sono utilizzate come strumento di una politica clientelare che confina poi anche con aspetti di rilevanza penale. Penso alla fattispecie del 416 ter del Codice penale, cioè al voto di scambio mafioso. Si tratta di un aspetto sicuramente negativo, che si aggiunge al fatto che la preferenza induce contrasti anche interni ai partiti. E’ evidente che un leader come Renzi ha scarso interesse alle preferenze perché in questa situazione non si sente sicuro dell’apparato del Pd, che è ancora legato alla vecchia leadership. L’uso delle preferenze non andrebbe quindi a favore dei candidati vicini a Renzi. Ma bisogna anche tenere conto del fatto che le preferenze fanno lievitare i costi della campagna elettorale.

 

Da un punto di vista politico le preferenze hanno anche degli aspetti positivi?

Sì. Ci troviamo in un periodo di forte delegittimazione dell’intera classe politica che soffre di una crisi di autorevolezza e di prestigio. L’introduzione di un sistema che consenta almeno una preferenza potrebbe essere considerato un modo per ridare prestigio, autorevolezza e forza ai candidati, proprio perché sarebbero eletti attraverso l’uso della scelta da parte dell’elettore come voto d’opinione, come capacità e volontà di scegliere una persona nella quale ci si riconosce e si mostra di avere fiducia.

 

(Pietro Vernizzi)

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