“La sinistra del Pd è minoritaria numericamente, politicamente e culturalmente, al punto che ormai è del tutto marginalizzata. L’unica matrice che può risultare vincitrice è quella cattolico-democratica e popolare rappresentata da Matteo Renzi”. È la lettura di Mario Adinolfi, politico, blogger e giornalista, ex Pd, sul travaglio interno al Pd che ha portato alle dimissioni dalla presidenza di Gianni Cuperlo. “Mi dimetto perché sono colpito e allarmato da una concezione del partito e del confronto al suo interno che non può piegare verso l’omologazione, di linguaggio e pensiero” ha scritto martedì, dimettendosi, Gianni Cuperlo in una lettera al segretario Matteo Renzi. La rottura non è risultata sanabile. Renzi, accusato di conduzione monocratica da parte di Cuperlo, ha accettato le critiche e risposto a sua volta con una lettera all’ex presidente, in cui respinge l’accusa di aver voluto offendere Cuperlo a livello personale. “La sinistra del Pd ha un mero problema di potere” spiega Adinolfi.



Adinolfi, che cosa sta accadendo realmente all’interno del Pd?

La sinistra del Pd ha un mero problema di potere. Il 25 febbraio 2013 ha conquistato oltre 300 parlamentari, grazie alle Parlamentarie farsa del dicembre precedente, e alle prossime elezioni rischia di rimanere con 30 deputati in tutto. Quantomeno se il Senato sarà abolito e i rapporti di forza resteranno quelli che hanno portato Cuperlo al di sotto del 20 per cento all’interno del partito. La sinistra del Pd strepita per la paura di scomparire.



Vuole dire che è un braccio di ferro privo di reali contenuti?

Fondamentalmente sì. I colonnelli del Pd che negli anni hanno fatto una serie di dichiarazioni contro le preferenze all’improvviso sono diventati fautori delle preferenze stesse. La povertà culturale e politica di questo “ribaltone” è impressionante. Cuperlo del resto ama spacciarsi per una persona colta mentre la realtà è ben diversa, è un laureato al Dams e martedì lo ha dimostrato. La sinistra del Pd è minoritaria numericamente, politicamente e culturalmente, al punto che ormai è totalmente marginalizzata.



Per Cuperlo riabilitare Berlusconi è stato un errore. Dal punto di vista della sinistra non è un ragionamento sensato?

No, non ha senso perché Berlusconi volenti o nolenti ha il consenso di milioni e milioni di italiani, e ciò lo legittima politicamente al di là dei suoi guai giudiziari. Dopo il risultato conseguito alle Primarie, era doveroso che Renzi costruisse l’accordo con Berlusconi perché sono i due maggiori partiti che hanno la maggioranza assoluta e il consenso degli italiani. Fare la riforma elettorale a colpi di maggioranza di governo sarebbe stato un errore gravissimo dal punto di vista istituzionale, tanto è vero che contestai duramente questo metodo quando a farlo proprio fu il centrodestra con il Porcellum.

Alle Primarie del 2012 la sinistra del Pd aveva stravinto. Che cosa è avvenuto nel frattempo?

Di mezzo ci sono stati il disastro elettorale e l’incapacità di una sinistra arcaica di avere un qualche elemento di sintonia con il Paese. Per i vertici del Pd, Renzi era il nemico pubblico numero uno, e all’improvviso è diventato l’ancora di salvezza. Per usare l’espressione di Asor Rosa, Renzi è “antropologicamente” altra cosa rispetto alla sinistra arcaica. Questa differenza si è vista tutta nel corso del dibattito sulla legge elettorale.

 

In che modo sta evolvendo il centrosinistra italiano?

La sinistra che vuole vincere è un’altra rispetto a quella novecentesca che ci hanno spacciato in questi anni, e che non a caso non ha mai vinto. In due occasioni ha vinto Romano Prodi, cioè un cattolico democratico. Ancora una volta oggi per avere uno slancio di innovazione a sinistra si ricorre alla radice cattolico-democratica. C’è anche una coincidenza temporale incredibile. L’accordo Renzi-Berlusconi viene stilato il 18 gennaio, che è la data di nascita del Partito Popolare di Sturzo nel 1919 e del Ppi di Mino Martinazzoli nel 1994…

 

Pure coincidenze?

Il fatto che l’accordo sia quello del 18 gennaio è un segno e non solamente una coincidenza. A firmarlo sono non a caso Matteo Renzi, già segretario del Partito Popolare di Firenze, e Silvio Berlusconi, leader della principale forza italiana che aderisce al Partito Popolare Europeo, con la controfirma politica di Enrico Letta e di Dario Franceschini, entrambi già vicesegretari nazionali del Ppi, nonché di Angelino Alfano, già leader dei Giovani Popolari Siciliani. E’ la matrice popolare ad essere la forza realmente riformista in questo Paese.

 

(Pietro Vernizzi)