La riforma della legge elettorale è una delle priorità di Matteo Renzi e, in realtà, dell’intero Paese. Dopo che la Corte Costituzionale ha bocciato il cosiddetto Porcellum per l’incostituzionalità del premio di maggioranza e delle liste bloccate, urge dare all’Italia una legge che garantisca la governabilità. Le motivazioni della Consulta arriveranno entro 10 giorni e a partire dal 4 dicembre (giorno della sentenza) il dibattito si è acceso: le proposte (Mattarellum rivisitato, Modello spagnolo ritoccato e Sindaco d’Italia) si sono sprecate e accavallate. Ma bisognerà certamente tener conto delle motivazioni della Corte per disegnare una legge costituzionale (anzitutto) e che funzioni. Ma se fosse necessario toccare prima gli assetti della Carta stessa? E ancora: proporzionale o maggioritario? Per analizzare le tre proposte in ballo e per cercare di fare luce sui punti costituzionali chiave della vicenda abbiamo contatto il giurista e accademico italiano Ugo De Siervo, presidente della Corte costituzionale dal 10 dicembre 2010 al 29 aprile 2011.



Le motivazioni della Consulta circa la bocciatura del Porcellum usciranno a giorni. Come potrebbero indirizzare il dibattito?

Allora: non si può costruire in astratto il contenuto della sentenza. Per quello che si sa, due sono i punti fondamentali di illegittimità costituzionale.

Il premio di maggioranza e le liste bloccate…



Appunto. È stato ritenuto inammissibile, in primis, il premio di maggioranza dato a chi ottiene più voti. Non si può dare un “bonus” di quelle proporzioni a un partito che magari è primo con il 25%: è un criterio palesemente contrario al principio relativo all’eguaglianza dei voti. Su questo, dunque, la classe politica dovrà prenderne atto, evitando di riproporre una situazione similare.

Nel frattempo si stanno discutendo i vari modelli…

Tutti i sistemi di cui stanno parlando – seppur molto vagamente – presentano premi di maggioranza per quei soggetti politici investiti da un grosso risultato precedente.



Mentre per quanto riguarda le preferenze?

È un punto molto più dubbio. E in merito si sta capendo molto poco. Le future decisioni a riguardo dipenderanno ovviamente da quello che dirà la Corte. Votando su collegi uninominali con un sistema maggioritario (come abbiamo fatto con il Porcellum, per esempio) non si dava mica un voto di preferenza: l’elettore aveva innanzi il solo candidato di ogni partito. Quindi la sua valutazione sulla persona del candidato poteva orientare il voto.

Cosa potrebbe decidere la Consulta?

Si deve capire se la Corte farà un discorso solo sul fatto che bisogna permettere al cittadino votante una valutazione sui candidati (cosa conseguibile con i sistemi di preferenza) o se dirà proprio che deve essere obbligatorio, sempre, il voto di preferenza. Ma questo è molto difficile da argomentare in termini costituzionali.

Ma dalle motivazioni potrebbe arrivare una spinta a toccare prima la Costituzione?

No, io credo – spero – che la Corte sia sufficientemente prudente da limitarsi a ciò che le è stato chiesto. Già è stata piuttosto coraggiosa (per usare un eufemismo). Non può intervenire al di là degli specifici punti che le vengono sottoposti.

 

Il dibattito continua: c’è chi spinge per presentare subito la legge (prima delle motivazioni) e chi invece dice che bisogna aspettare…

Siamo alle solite. Che vadano avanti nel cercare un accordo, che mi sembra, nonostante le dichiarazioni di facciata, ancora lontano. Le stesse tre proposte opportunamente presentate da Renzi sono poco più che dei titoli e dei modelli astratti.

 

Siamo indietro?

I sistemi elettorali sono complessi e si reggono su molti particolari ed elementi che finora non sono ancora usciti fuori. Le forze politiche, invece di nascondersi dietro le ipotesi e gli eventuali orientamenti della  Corte, dovrebbero iniziare a sciogliere un po’ di nodi…

 

Per esempio?

Una delle questioni fondamentali – che rende ancora lontana la legge elettorale – è decidere se questa legge riguarderà il Parlamento così come è adesso, o un Parlamento radicalmente diverso. È un punto imprescindibile.

 

Si parla infatti dell’“abolizione” del Senato… 

Esatto: sarà un Parlamento senza Senato elettivo e con una forte riduzione del numero dei deputati? Queste due condizioni – il “Senato delle Regioni” e la diminuzione del corpo dei deputati – esigono riforme costituzionali.

 

Ecco dunque le riforme della Costituzione…

Ripeto, cosa ne pensano le forze politiche di questo punto preliminare? È inutile discutere del sistema elettorale se non si sa a cosa applicarlo: a una Camera o a due? E ancora: a una Camera di 630 deputati o di 450? La situazione cambia radicalmente. E c’è dell’altro…

 

Cosa?

Cambiano, soprattutto, i tempi. Per modificare il numero dei deputati e per cambiare il Senato ci vuole una, forse due riforme costituzionali. E ci vuole dunque, come minimo, otto-nove mesi. È allora fondamentale che le forze politiche, invece di rimanere in surplace, incominciassero a dire: ne discutiamo e lo facciamo basandoci su un’unica Camera, su una Camera con meno deputati oppure sul Parlamento così come è adesso.

 

Prima ha anticipato le proposte di Matteo Renzi. Entrando appunto nel merito (Modello spagnolo, Legge Mattarella e Sindaco d’Italia) quali potrebbero essere le falle costituzionali?

Bisognerebbe vedere prima i progetti reali che corrispondono a queste formule linguistiche. Così come sono dicono troppo poco. Faccio un esempio.

 

Prego.

La Legge Mattarella prevede l’assegnazione del 75%,  su collegi uninominali; chi prende un voto più degli altri si accaparra il posto. Questo sistema poteva funzionare in un panorama polarizzato su due forze politiche, ma funziona in modo del tutto diverso in una situazione politica articolata su tre fronti.

 

In quanto?

Potrebbe produrre degli effetti e dei risultati che non rispettano minimamente gli orientamenti complessivi del corpo elettorale. Un sistema che rischia dunque di essere alquanto discutibile, molto poco rappresentativo e poco proporzionale. Bisogna che, al di là dei modellini astratti, la discussione entri nel merito. E ripeto: il primo passaggio da stabilire è decidere su che tipo di Parlamento verrà applicata.

 

Ma c’è il rischio di tornare, quasi per forza di cose, a un proporzionale mentre tutti, Renzi in testa, spingono per un maggioritario?

Può essere. Io non me lo auguro, ma se le forze politiche continuassero a usare sistemi di confronto poco sinceri e fossero poco determinate a conseguire davvero un’intesa sul sistema elettorale, bisogna tener presente che in alternativa c’è un proporzionale corretto da una modesta soglia di esclusione dei partiti più piccoli.

 

(Fabio Franchini)

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