La sua scelta controcorrente ha fatto scalpore. Prima ha votato la fiducia al governo sul Jobs Act, fedele alle indicazioni del partito, e subito dopo si è dimesso dall’incarico di senatore. Walter Tocci, esponente del Pd e prima ancora del Pci, ha riscosso la simpatia dello stesso Renzi, che gli ha riconosciuto: “Farò di tutto perché Tocci, che è una persona che stimo molto, continui a fare il senatore. Ha espresso le proprie posizioni, ha scelto una linea politica ma ha accettato quello che il partito ha detto. La sua intelligenza, la sua passione e la sua competenza sono necessarie a un partito che ha il 41% dei consensi”.
Senatore Tocci, perché si è dimesso?
Mi sono trovato in un conflitto tra la responsabilità e la coerenza. La responsabilità verso il mio partito, le sue decisioni e la fiducia al governo, e la coerenza rispetto al fatto che non condivido questa legge delega. Ho deciso di esprimere questo disagio con le dimissioni da senatore.
Che cosa non condivide nello specifico?
La legge delega ha il difetto di inseguire le vecchie ricette del passato. Da 20 anni ci viene raccontato che abbassando l’asticella dei diritti del lavoro si crea più occupazione. Non è accaduto questo, anzi seguendo questa linea è cresciuta la disoccupazione e il Paese si è impoverito. Bisogna andare in senso contrario, cioè valorizzare il lavoro, i suoi diritti, le sue competenze e la sua creatività. Il Paese va portato nell’economia della conoscenza, puntando su settori innovativi, sulla ricerca, sull’economia digitale. I giovani di oggi hanno delle risorse, delle competenze e delle energie formidabili che non sono utilizzate perché sono dilapidate in un precariato selvaggio.
Che cosa ne pensa del modo in cui si è svolta la discussione nel suo partito?
Il problema è che non c’è stata purtroppo una possibilità di correggere ed emendare il disegno di legge, perché il voto di fiducia ha bloccato la discussione. Fino a quel momento la discussione era stata piuttosto ricca, e alla lunga avrà anche degli effetti sul miglioramento della legge.
Sente aria di scissione nel Pd?
No, se manteniamo l’impegno a costruire un grande partito. E’ naturale che un Pd al 41% abbia al suo interno delle posizioni diverse. Mi ha fatto molto piacere che ieri Renzi abbia espresso questo principio, affermando che un grande partito europeo inevitabilmente contiene al suo interno delle posizioni diverse. Se questa considerazione di Renzi è davvero un modo d’essere del Pd non c’è nessun motivo per cui dovrebbero esserci delle scissioni. Scissione poi francamente è una parola bruttissima, io preferisco sempre parlare di creare qualcosa di nuovo piuttosto che scindere, cioè creare un Pd veramente democratico.
Renzi ha preso il 41% alle Europee ma governa con il 25% di Bersani…
Queste sono divisioni del passato, legate ai congressi e alle primarie. Dobbiamo guardare ai problemi dell’Italia di oggi e a ciò che deve fare il Pd per portare l’Italia fuori dalla crisi. Mi interessa una discussione su questi contenuti, piuttosto che le vecchie discussioni congressuali che sono ormai superate.
Gotor e Chiti hanno presentato un documento, che Bersani e Cuperlo non hanno firmato. Lei che cosa ne pensa?
Non ho firmato il documento perché ho fatto un’altra scelta, ma è sicuramente un contributo importante, che va nella direzione giusta di migliorare questa legge delega.
Lei condivide la posizione della Cgil sull’articolo 18?
Questo è un grande equivoco nel dibattito. Non è vero che si sta cancellando l’articolo 18, in quanto quest’ultimo non c’è più nella legislazione italiana da due anni, cioè da quando è entrata in vigore la legge Fornero. E’ stata mantenuta però una garanzia molto importante, cioè che il licenziamento individuale non si può fare se le motivazioni sono false. Questa ultima garanzia deve essere mantenuta.
(Pietro Vernizzi)