“Sono sceneggiate che ormai hanno stancato anche i loro elettori, ma i senatori mercoledì hanno fatto un grandissimo passo avanti. Certo, rimane l’amarezza per le immagini dei disordini in aula. Molto tristi per i cittadini che si domandano che senso ha”.Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, entrando in segreteria del Pd alle 8 del mattino ha liquidato così la bagarre in Senato sul Jobs Act. Ne abbiamo parlato con Gianfranco Pasquino, professore di Scienza politica nell’Università di Bologna.
Ora Renzi ha la strada spianata o potrà ancora dare la colpa ai gufi?
Le accuse ai gufi erano sbagliate anche quando Renzi le faceva già un po’ di tempo fa, perché i “gufi” esprimevano delle riserve sulla qualità delle riforme che lui proponeva. Non sono sicuro che adesso la strada sia spianata, ma ciò che manca è una visione, cioè il fatto di sapere esattamente dove si vuole andare. Fino a oggi Renzi non è stato in grado di darci questa visione. O meglio lo ha fatto solo in forme episodiche, qualche volta necessarie e utili, ma che non si inquadrano in un progetto. Quella che intravvedo è una strada con molti possibili bivi, e vorrei sapere poi Renzi in quale direzione si incamminerà e cercherà di portarci.
Secondo lei che cosa dovrebbe fare Renzi?
Dovrebbe unificare con chiarezza in un’unica visione complessiva l’aspetto del mercato del lavoro e quello degli ammortizzatori sociali. Si tratta anche di offrire una migliore formazione ai lavoratori italiani, di riqualificarli e di indirizzare le energie in una direzione che dia soddisfazione un po’ a tutti. Tutto questo Renzi e Poletti non ce lo hanno ancora indicato in modo chiaro. Lo stesso si può dire di Berlusconi, che facendo uscire i senatori dall’aula al momento del voto per abbassare il numero legale ha cercato di tenersi tutte le porte aperte per ogni eventualità.
Lei che cosa si aspetta che succeda alla Camera?
Dopo avere imparato la lezione del dibattito al Senato, i deputati saranno più precisi nell’individuare che cosa vogliono mettere dentro al disegno di legge delega, e quindi nel dare suggerimenti più operativi. Tra i parlamentari ci sono persone capaci e io mi auguro che questo sia ciò che avverrà. Mi auguro anche che rinuncino alla bagarre che non serve a nulla e discredita in prima battuta chi la fa e inoltre le istituzioni. L’unico a esserne rafforzato è Renzi, che può dire che i contestatori fanno solo delle sceneggiate perché non hanno proposte da formulare.
Nel merito lei che cosa ne pensa del Jobs Act?
Il Jobs Act è assolutamente necessario, ma deve essere chiaro che cosa si vuole ottenere. Se l’obiettivo è una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, allora bisogna individuare delle clausole che consentano agli imprenditori di assumere con fiducia e ai lavoratori di sapere che se si impegnano manterranno il loro posto di lavoro.
Come vede in questo momento l’equilibrio dei poteri tra Renzi e Napolitano?
Mentre Monti e Letta avevano assoluto bisogno del presidente della Repubblica, Renzi ha dimostrato di sapersi muovere anche senza di lui. Il premier ha accettato qualche suggerimento dal Capo dello Stato, per esempio su Padoan all’economia, ma per il resto sembra volere andare avanti da solo. Il Colle sembra volergli fornire un qualche aiuto, per esempio sul giudice costituzionale e sulla riforma del mercato del lavoro. Renzi però sta diventando sostanzialmente autonomo.
Sostenendo la candidatura di Violante alla Consulta, Napolitano sta aiutando Renzi o lo sta indebolendo?
Napolitano percepisce che in questa fase non c’è un’alternativa a Renzi, ma il punto è che il premier non ha bisogno dell’appoggio del Quirinale. A Renzi non importa nulla di Violante, e quindi neanche del fatto che quest’ultimo goda dell’appoggio del Colle. La stessa dinamica vale anche per altri temi.
In che senso?
Quanto afferma Napolitano sull’Europa è in parte difforme da ciò che dice Renzi, anche se non c’è un’effettiva contrapposizione tra le due linee. Le due cariche vanno quindi ciascuna per la sua strada. Napolitano è disponibile ad aiutare il premier, ma Renzi in questo momento non ha bisogno di nessun aiuto particolare.
(Pietro Vernizzi)