Renzi passerà alla storia come il presidente del Consiglio capace di sorprendere ogni giorno il Paese con un annuncio diverso: qualcosa di lungamente atteso, fortemente innovativo, fino al rischio di creare potenziali linee di frattura, e quindi intrinsecamente conflittivo. 

In altri termini con Renzi non ci si annoia mai e aprendo i giornali del mattino vien fatto di chiedersi quale sarà la notizia del giorno, su cui si accaniranno tutti: dal parlamento alla stampa, dal Pd ai partiti dell’opposizione, inglobando la società civile nelle sue molteplici articolazioni. Tutti impegnati a capire, ad interpretare, a chiedersi se si tradurrà in fatti concreti, come, dove, quando.  



Tutto fino al giorno dopo, quando un nuovo annuncio spiazzerà le considerazioni precedenti per catapultarci in un altro punto della linea dell’orizzonte. In tre giorni siamo passati dall’articolo 18, ormai considerato come un totem da archiviare, ai 18 miliardi delle politiche di defiscalizzazione, ad esclusivo vantaggio di lavoratori e imprese, per approdare infine al decreto sulle unioni civili promesso in tempi brevissimi, con diritti-doveri identici a quelli del matrimonio, ma ovviamente con un nome diverso, perché non sono possibili equiparazioni linguistiche, ma solo equiparazioni socio-economiche.



E ora siamo tutti in attesa del nuovo decreto, annunciato con tanta solerzia dopo che dal sinodo dei vescovi sulla famiglia erano arrivati messaggi di ampia accettazione nei confronti delle unioni civili, anche omosessuali. Rimosso il potenziale ostacolo che sarebbe potuto venire dalle perplessità del mondo cattolico in generale e dalla Chiesa gerarchica in particolare, Renzi ha cercato di cavalcare l’onda favorevole per prendere una posizione chiara e precisa a favore delle unioni civili omosessuali, includendo anche l’apertura all’adozione possibile in queste coppie, purché uno dei due sia anche genitore biologico del figlio da adottare…  



Tra le ampie rassicurazioni offerte dal premier ai nuovi modelli di convivenza ci sono anche le pensioni di reversibilità, le facilitazioni fiscali, l’accesso facilitato agli asili nido, alla casa, eccetera. 

Nulla di nuovo invece a favore di quelle famiglie che si attestano sui modelli tradizionali previsti dall’articolo 29 della nostra Carta costituzionale: niente quoziente familiare, non detrazioni, ma neppure deduzioni, non previste facilitazioni per famiglie numerose, e via dicendo. Per carità, nessun pregiudizio, ma per loro non ci sono mai fondi, per le risorse necessarie a venire incontro alle loro esigenze occorre sempre attendere la finanziaria dell’anno successivo.

Non stupisce a questo punto che un gruppo di parlamentari, comunque favorevoli al riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali, stia seriamente pensando di muoversi secondo la logica del do ut des: ok ai benefici alle nuove forme di convivenza, ma contestualmente maggiore riconoscimento dei diritti della famiglia, quella classica per intenderci, o se si preferisce quella tradizionale, o comunque quella dell’articolo 29.  

Ci troviamo nella singolare circostanza che si parla di famiglia solo a partire dal riconoscimento dei diritti delle persone che scelgono di vivere nelle nuove forme di convivenza, dopo di che si aggiunge: diritti e doveri? Gli stessi, ma etichetta diversa, come se questo bastasse a far salva la differenza. Anche il premier ha ribadito questo concetto; oggettivamente difficile da comprendere, perché tutto è uguale, non solo sul piano dei diritti-doveri della vita di coppia ma anche sul piano delle politiche familiari, riconducibili a politiche economico-fiscali. 

Il dubbio che si va facendo strada nella percezione di molti nuclei familiari è che, se passerà il decreto Renzi così come annunciato dalla stampa, d’ora in poi bisognerà guardare ai benefit concessi alle convivenze, per reclamarli a parità di condizione anche per loro, perché almeno per ora – ad esempio – non è così, né per l’accesso alla scuola materna né per l’accesso alla casa. 

Difendere i diritti di tutti è compito della buona politica, che non può tollerare discriminazioni e privilegi, né in un senso né nell’altro. Per cui ci aspettiamo che da questo rinnovato interesse del presidente per le unioni civili scaturiscano contestualmente nuove e più efficaci misure di tutela anche per le famiglie, con una attivazione molto più convinta e determinata di quel famoso ministero della Famiglia a cui aspiriamo fin dall’inizio della legislatura.  Per il resto aspettiamo di leggere il decreto, di cui sosterremo convintamente tutto ciò che tutela le persone più fragili nella vita di coppia. Ma chiediamo anche con analoga convinzione e determinazione misure di giustizia e di garanzia favorevoli alle famiglie dell’articolo 29, soprattutto a quelle numerose e impegnate in una relazione di cura reciproca, che include anziani, e famigliari con particolari difficoltà.