Sono tanti i fronti aperti da Matteo Renzi. Nel giorno in cui il Consiglio dei ministri affronta la legge di stabilità, il premier assicura un taglio delle tasse di 18 miliardi di euro rispetto al 2014. In più, sgravi fiscali per le aziende (via l’Irap per le assunzioni) e un pacchetto di interventi che faranno ripartire la macchina Italia. Ma l’Europa ci marca stretto e ci chiede di rispettare gli impegni sui conti, anzitutto di non sforare il 3% nel rapporto deficit-Pil. Dai confini continentali a quelli nazionali, con il braccio di ferro con i sindacati e l’esigenza di mantenere il consenso. Ma il premier non può certo pensare di fare l’interesse del Paese se antepone l’obiettivo di preservare l’appoggio di cui sta godendo, dice Stefano Folli, editorialista del Sole 24 Ore. A fine giornata si è appreso che si va verso una manovra da 36 miliardi, 6 in più di quelli inizialmente previsti.



La manovra 2015 vedrà 18 miliardi di tasse in meno, dice Renzi. In realtà 10 miliardi se ne sono andati con il bonus degli 80 euro. Gli altri soldi che mancano da dove li prenderà?

È presto per dirlo, ma ci si deve solo augurare che queste coperture ci siano. Penso che sarebbe un errore gravissimo fare una legge di stabilità senza coperture certe.



Ma lei, Folli, che cosa si aspetta?

Mi auguro una dimostrazione di serietà, perché la situazione è molto difficile. Da una parte bisogna stare dentro ai parametri Ue – in particolar modo il 3% del rapporto deficit-Pil – e dall’altra sforzarci in tutto e per tutto di favorire la flessibilità e di conseguenza maggiori investimenti: ne abbiamo disperatamente bisogno, ma dobbiamo partire dal presupposto che la nostra posizione è molto debole. In merito, una piccola parentesi…

Prego.

Capisco benissimo che si possa aver voglia di non rispettare i tetti imposti, ma è anche vero che noi a differenza della Francia abbiamo una situazione di debito assai più difficile. Quindi occorre essere realisti.



Si può fare una finanziaria come quella che Renzi ha in mente con il Paese fermo? I dati Istat dicono che il Pil non cresce dal 2011.

Siamo un Paese in recessione, con un debito spaventoso e percepito debole. Ecco, mettendo insieme questi tre elementi si capisce realisticamente cosa possiamo fare. Per Renzi, questo è un appuntamento con la realtà delle cose. Dalle slides e dai problemi risolti con la bacchetta magica ogni quindici giorni (sembrava quasi che in tre mesi sarebbe stato tutto risolto!) siamo arrivati ai mille giorni: adesso c’è un ulteriore passo in avanti da fare. Il premier è arrivato a un bivio: spero non sia preoccupato solo di preservare il suo consenso, ma anche di fare le cose giuste per l’Italia, che se ha speranze di rialzarsi le ha sul medio-lungo periodo di almeno 2 anni.

Renzi vuole tagliare l’Irap. È un tentativo di ricucire con Confindustria, dopo lo strappo sui “salotti” e quello consumato con il forfait a Cernobbio?

Non la vedo in questo modo. Questa è esattamente una di quella cose da fare per ridare una speranza al sistema industriale e al mondo produttivo.

 

Per chiudere, un parere sul braccio di ferro sulla Consulta, che sembra poter durare all’infinito. O forse fino a quando Violante non si ritira?

Non credo che ritirerà la sua candidatura e soprattutto non penso sia questo il punto principale. La questione è che il famoso patto Renzi-Berlusconi – questo è il nocciolo – si rivela quantomeno lacunoso a livello di vita istituzionale.