Ci sono continue epurazioni nel Movimento 5 Stelle, ad opera di Grillo e Casaleggio. Naturalmente senza nessuna decisione collegiale entro un qualsivoglia organismo.

Con l’evento del raduno al Circo Massimo a Roma, si è toccato un vertice di questo metodo. Ecco il comunicato per la espulsione di quelli che hanno occupato il palco, perché volevano aprire la discussione su chi prende le decisioni nel movimento. Questo il testo che annuncia la cacciata: “Ps. Giorgio Filosto, Orazio Ciccozzi, Pierfrancesco Rosselli, Daniele Lombardi hanno approfittato del loro ruolo di responsabili della sicurezza del palco di Italia 5 Stelle, per occupare il palco stesso. In rispetto per gli oltre 600 volontari che hanno dedicato il loro tempo e lavoro per il successo dell’evento e delle centinaia di migliaia di attivisti del movimento presenti all’evento, i 4 sopracitati sono fuori dal M5S”. 



Il post, tuttavia, non dà conto di quale sia stato il procedimento che ha condotto alla decisione, né da chi sia stata assunta. Ma vediamo un altro caso. Il sindaco di Comacchio, dopo essere stato cacciato dal M5S, con un post scriptum sul blog ha accusato Beppe Grillo di aver mangiato a sbafo l’anguilla, quando è andato a trovarlo, ma di non aver speso i soldi di una telefonata per avvisarlo di quel che stava per succedere. Marco Fabbri, 31 anni, ha ricevuto l’e-mail della Casaleggio Associati qualche giorno fa: “Dicono che avrei disatteso le previsioni dello Statuto, secondo cui non ci dobbiamo candidare alle province. Peccato non fosse scritto da nessuna parte”. Ora, M5S è contro le province da sempre.Lo ero anch’io, ma non se ne parla né nel non statuto del 2009 né in quello pubblicato in fretta e furia nel 2013. L’unico appiglio è il programma nazionale, che però non tiene conto della legge Delrio, della trasformazione delle province grandi in città metropolitane e di quelle piccole in aree vaste, con elezioni di secondo livello e nessuna carica aggiuntiva”.



A questo possono poi essere ricondotti molti altri casi. Come la decisione di non permettere al sindaco di Parma Pizzarotti di prendere la parola al Circo Massimo, e altri episodi riguardanti i gruppi di Camera e Senato.

Vediamo il commento che ne fa un interno al M5S. Cito da Repubblica: “l’espulsione di alcuni attivisti da un movimento o da un partito politico non è un reato, e non è nemmeno una prepotenza, un arbitrio, una violenza. E’ una decisione che può essere presa per tutelare i principi di quella associazione e per mantenerne coerenza e funzionalità. Quindi, nessuno scandalo. E nessuna enfasi sul presunto totalitarismo del Movimento Cinque Stelle. Il punto è se l’espulsione di un attivista contraddice il proprio sé, o almeno quello che del proprio sé si dichiara facendone fondamento, struttura e  identità. Gli attivisti che sono saliti sul palco del Circo Massimo non si sono alleati con il Pd, non hanno partecipato ad un talk show senza autorizzazione, non hanno incassato il finanziamento pubblico”.  



“Insomma, non hanno infranto le regole. Hanno solo detto quello che pensano, che magari non piacerà a Grillo ma non smentisce alcun dettato dei Cinque Stelle. Al contrario. Gli espulsi hanno preso fin troppo alla lettera quello che i capi pentastellati vanno dicendo da sempre. E cioè che uno vale uno. E se uno vale uno quello che penso io, semplice attivista, vale quanto quello che pensano  leader, sottoleader e leaderini del Movimento. Se questo è vero, allora Grillo e Casaleggio oggi non hanno espulso proprio nessuno. Hanno semplicemente espulso se stessi. Perché dentro quegli odiosi cerchietti rossi ci sono i loro volti, con la didascalia chi comanda siamo noi. Il che va benissimo, per carità. A patto poi che non si ripeta ogni giorno l’esatto contrario”.

I cerchietti rossi sono sul sito con le foto degli espulsi cerchiate di rosso. Già solo questo ci dice del metodo.

Si tenga conto che questo movimento ha raccolto i voti di quasi un quarto degli italiani.  Dunque quello che succede al suo interno ci riguarda tutti. 

La politica si è ridotta ad essere prova di forza nell’esercizio del potere, non ci sono più contenuti, divergenze culturali, e dunque dibattito. In questo momento in Italia l’unico luogo democratico è la direzione del Partito democratico, dove si è votato, e dove si sono espresse le minoranze. Ma si tratta di una misera democrazia, se si tiene conto che poi le decisioni di maggioranza non vengono rispettate dalle minoranze.

In Forza Italia le sferzate di Berlusconi contro chiunque sia diverso riducono quel partito ad una sottomissione vergognosa al capo.

Per il resto dei partiti meglio per ora non fare votazioni interne. Devono ancora capire con chi si dovranno allearsi. 

Questo è lo stato della democrazia in Italia. Si sarebbe voluto vedere una novità nel movimento di Grillo. Che invece si dimostra più personalista di Berlusconi. Diamogli egualmente credito, prendiamo in considerazione la rete nel sito internet.  Dicono che le decisioni le prendono dopo la consultazione degli iscritti al sito, cioè degli 80mila circa che manifestano una presenza attiva. Ma una delle lamentele diffuse è che ad ogni consultazione si dicono le decisioni prese senza dare i dati dei votanti. Lecito sospettare la manipolazione.

Comunque se si doveva ingaggiare una battaglia nella politica italiana era per ricondurre al popolo la possibilità di delegare i politici, mentre assistiamo invece a una vita di casta dove i politici si fanno mettere in lista dai capi dei partiti. I meccanismi di casta diventano poi causa delle cattive politiche, perché i singoli interessi di persone e gruppi al potere prevalgono sul bene comune, e la spesa si mantiene enorme per poter pagare tutte le corporazioni e i poteri costituiti. 

Quelli del M5S non hanno interessi da farsi pagare, ma intanto occupano posizioni di potere e non fanno valere i loro voti per condizionare al meglio le decisioni istituzionali, dunque lasciano andare le cose verso il peggio, aspettando che tocchi a loro cambiare tutto. Questo è il punto della grave responsabilità di Grillo: sognano un mondo perfetto che viene dopo, mentre stanno in un mondo molto imperfetto che semplicemente snobbano.

Il cardinale Ratzinger, in un suo discorso a Monaco di Baviera nel 1984 disse: “Che cosa minaccia oggi la democrazia? Io vedo tre tendenze principali che portano, o possono portare, al rifiuto della democrazia: – Vi è, anzitutto, l’incapacità di accettare francamente l’imperfezione delle cose umane. La pretesa dell’assoluto nella storia è il nemico del bene che vi è in essa. – La perdita della trascendenza porta con sé la fuga nell’utopia. Sono convinto che la distruzione della trascendenza è la vera e propria ferita dell’uomo, da cui discendono tutte le altre infermità. Spossessato delle sue dimensioni reali, l’uomo può soltanto rifugiarsi in speranze apparenti. – Una relativizzazione dell’ethos e una incapacità di compromesso che distrugge quella accettazione dell’imperfetto di cui, come abbiamo visto, vive la comunità degli uomini. – Il cristianesimo non ha mai, contro le sue falsificazioni, situato il messianismo nell’ambito politico. Al contrario, fino dall’inizio, ha sostenuto che la politica appartiene alla sfera della razionalità e dell’ethos. Ha insegnato e reso possibile l’accettazione dell’imperfetto. In altri termini: il Nuovo Testamento conosce un ethos politico, ma nessuna teologia politica”. 

Questa è l’intelligenza che il cristianesimo porta alla politica, mentre Grillo si sente fondatore di una cosa che non ha neppure una visione del mondo ma che è fondata su una teologia astratta, cioè delle regole sacre fissate in una notte oscura in casa di Casaleggio.  Utopia senza sogno, rifiuto della realtà in nome della purezza, raccolta di consenso usando la rabbia dei cittadini anonimi, costretti ad essere contro perché non hanno il diritto democratico di poter essere a favore di una proposta.

In conclusione, siamo in attesa di vedere persone umanamente capaci di dare speranza, mostrandosi fratelli fra loro nell’assumere il compito di occuparsi del buon governo. Il popolo ha diritto di vedere persone che infondono  fiducia e che producono unità. Di liti fra politici ne abbiamo piene le scatole. Aspettavamo un gesto di Berlusconi verso i suoi migliori, da Sacconi a Cicchitto, da Quagliariello a Lupi, che li abbracciasse dicendo che erano la nuova classe dirigente che lui aveva prodotto per il Paese. Invece si è diviso da tutti, e continua a cercare sottomessi, mostrando al popolo che lui ha un suo potere. Cosa questa che non crea speranza fra gli italiani, bensì la distrugge.  

Uscire dal potere per fare politica, questa è la vera linea necessaria. Bisogna dare un contenuto etico allo sviluppo, bisogna riunire i benestanti e i nullatenti, bisogna aiutare tenendo uniti diritti e doveri, superando il buonismo stupido e la chiusura egoista. Fare politica vuol dire comporre le parti, riunire le varie ragioni. Senza preoccupazione e, possibilmente, costruzione dell’unità, non c’è politica.