«Finché Renzi taglia le tasse e gli sprechi delle Regioni noi saremo sempre dalla sua parte. Se davvero modificherà l’articolo 18 per i lavoratori che ne sono tutelati, non ci limiteremo a una sola manifestazione ma faremo tanti di quegli scioperi che gli faremo cambiare idea». Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, sintetizza così la sua posizione sulla manifestazione organizzata dalla Cgil per sabato in piazza San Giovanni a Roma.
Perché sabato non sarà in piazza con la Cgil?
Perché io non sono iscritto alla Cgil.
La Uil non scenderà in piazza perché l’idea è della Cgil o perché non siete d’accordo sui contenuti?
Un anno fa abbiamo sottoscritto una piattaforma con la Cisl e la Cgil che chiedeva una riduzione delle tasse per i lavoratori e le imprese, oltre alla semplificazione e alla riduzione dei costi della politica. Abbiamo presentato questa piattaforma al governo Letta, ma le risposte non sono venute e nel novembre 2013 abbiamo proclamato uno sciopero. Se la manifestazione ha come scopo la difesa delle Regioni, perché si considerano i tagli nei loro confronti come un taglio allo Stato sociale e non agli sprechi, e si ritiene che le tasse in fondo possono anche aumentare, allora noi non siamo più d’accordo con le ragioni della protesta. Se poi il governo dovesse modificare l’articolo 18 per chi già lo ha, noi abbiamo già deciso che faremo tanti di quegli scioperi fino a quando non gli faremo cambiare opinione. Prima però vogliamo vedere che cosa fa il governo.
Quale sarà la vostra strategia?
Noi abbiamo tenuto un incontro con Cisl e Cgil e abbiamo detto: “Non dobbiamo fare come auspica Renzi, bensì organizzare un programma di mobilitazioni molto articolato e soprattutto duraturo nel tempo”. Se pensiamo di battere Renzi con le sue stesse armi la vedo molto difficile.
Lei che cosa ne pensa della politica economica del governo?
Finché ridurrà le tasse non potrò che essere d’accordo, e lo stesso vale per il taglio dei contributi sui contratti a termine. Quando invece regala i soldi alle imprese, anche a quelle che non investono e non assumono, è una politica sbagliata come pure prendersela con il sindacato. Non sono d’accordo inoltre con il fatto che i governo non rinnovi i contratti del pubblico impiego e che non estenda il bonus da 80 euro ai pensionati.
Chi sta modernizzando il sindacato? È la Cgil che va avanti e voi rimanete fermi o viceversa?
Ciò che chiedono le persone rappresentate dai sindacati è che il sindacato stesso sia uno strumento per ottenere dei risultati concreti. Abbiamo centinaia di migliaia di persone che rischiano di perdere il posto di lavoro, e noi dobbiamo mobilitarci per evitarci che siano licenziate. Dobbiamo chiedere al governo di fare politiche per l’occupazione. Ci sono inoltre pensionati che stanno scendendo al di sotto della soglia di povertà, i quali vogliono che le pensioni invece di svalutarsi si rivalutino. E’ un motivo diverso dal primo, ma ugualmente bisognoso di risposte. Questo deve fare il sindacato.
Perché non siete d’accordo con la modifica dell’articolo 18?
Noi pensiamo che l’articolo 18 per i 6/7 milioni di persone cui si applica non possa essere toccato perché non c’è nessun motivo per farlo. Nessuna azienda si metterà ad assumere solo perché non c’è più l’articolo 18. L’unico effetto dell’abolizione dell’articolo 18 sarà quello di rendere il datore di lavoro ancora più forte nei confronti del proprio dipendente, e non mi sembra il caso che questo avvenga. Poi ci sono 10 milioni di lavoratori che l’articolo 18 non ce l’hanno, e a loro occorre dare maggiori tutele.
Che cosa cambierà con la manifestazione di sabato?
Il futuro della politica italiana non lo cambierà ovviamente la manifestazione della Cgil. In molti pensano a quella manifestazione come a un fatto politico, cioè come all’inizio di una coalizione politica da opporre al governo e a Renzi. In quanto sindacalista però non nutro nessun interesse per questo obiettivo. Il nostro sistema politico è diventato liquido, e quindi è per definizione instabile. La sorte del governo dipende dal fatto di riuscire o meno a dare risposte concrete alle persone e a migliorare l’economia, e se non ci riuscirà il sistema politico italiano cambierà.
Renzi è aperto al dialogo con i sindacati?
No. E’ assolutamente chiuso, considera come un impiccio la mediazione, che è ciò che i sindacati fanno in qualsiasi Paese del mondo. Anzi la ritiene una diminuzione del potere politico, che ovviamente lui personifica così bene.
(Pietro Vernizzi)