“La scissione nel Pd è già avvenuta, una parte del partito considera Renzi come un nemico assoluto, e questo non ha precedenti nella storia della sinistra italiana”. Lo afferma Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità ed ex deputato dei Ds, secondo cui “sotto diversi aspetti però gli atteggiamenti del segretario del Pd non sono inediti ma ricalcano scelte già fatte da D’Alema che pure non ebbe il coraggio di andare fino in fondo”.



In che senso la scissione del Pd sarebbe già avvenuta?

La scissione in un certo senso è già avvenuta in quanto nel Pd convivono almeno due partiti. C’è il partito che considera Renzi come il leader di una nuova fase politica, e il partito degli oppositori di Renzi che non lo trattano come una persona da cui dissentono, ma come un mostro della politica. In teoria però queste due componenti stanno decidendo di restare nello stesso partito, perché la sinistra interna sa che in questo momento il suo spazio elettorale, come ha dimostrato Vendola con la lista Tsipras, non supererebbe il 5 o 6%.



L’ex tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, ha detto: “Chi vuole la scissione non venga a cercare me”. Lei che cosa ne pensa?

Ugo Sposetti con tutto questo mondo non c’entra nulla. L’ex tesoriere è molto critico nei confronti di Renzi, ma nella realtà amministra i beni dell’ex Pci/Pds/Ds pagando i debiti. Fondamentalmente Sposetti dice una grande verità che nessuno accetta: questi beni servono per saldare i passivi dei tre partiti precedenti. In ogni caso Sposetti non sarebbe mai un uomo di scissioni, né tantomeno un uomo che può vivere dentro a un piccolo partito.

Cuperlo ha sottolineato: “Scissione è un termine che non voglio nemmeno evocare, il Pd è la nostra casa; discutere fa bene e un partito che discute è un partito vivo”. Come valuta questa affermazione?



Voglio molto bene a Cuperlo ma sta dicendo delle cose che non sono vere. Il Pd non sta discutendo al suo interno. Nel partito c’è una componente, rappresentata da Renzi, che sta smontando la cultura tradizionale della sinistra. C’è poi un’altra componente che considera Renzi come il nemico assoluto. Non si era mai visto che si convocasse una piazza di un milione di persone contro un presidente del consiglio del proprio partito, soprattutto perché non è successo nulla che giustifichi questa mobilitazione.

Qual è secondo lei la reale motivazione dello scontro in atto?

La ragione è interamente politica, e l’ha sintetizzata lo stesso Renzi: “Il sindacato non fa trattative con il governo che non chiede permesso, perché le leggi non si scrivono con i sindacati ma in Parlamento”. Con queste parole il presidente del consiglio smonta la concertazione, cioè la triangolazione governo-sindacato-parlamento che è andata avanti per decenni. Il sindacato si ribella a questo e un pezzo di sinistra gli va dietro.

 

Smontando la concertazione, Renzi fa l’esatto contrario di quanto hanno fatto D’Alema e Bersani…

Per Bersani la Cgil è stato un interlocutore privilegiato, mentre D’Alema su alcune questioni ha avuto atteggiamenti abbastanza simili a quelli di Renzi. Ricordiamoci il D’Alema della riforma delle pensioni e che aprì un contrasto molto forte contro il potere sindacale. Anche se poi lo stesso D’Alema non ebbe il coraggio di rompere con il proprio mondo di appartenenza.

 

Che cosa lo fermò?

Stiamo parlando di leader che avevano nella componente sindacale un elemento fondante della propria appartenenza politica, mentre Renzi non ce l’ha. Renzi ha una visione molto americana, basata sul bipartitismo e sul sindacato come soggetto in trattativa con gli imprenditori e come un interlocutore senza potere di veto sul governo.

 

Civati ha osservato, riferendosi al Jobs Act: “Credo sia giusto, tutto ma proprio tutto considerato, non sostenere simili scelte, che fanno pensare al manifesto della destra, quella italiana, quella degli ultimi anni”. E’ d’accordo con lui?

Il Jobs Act non è affatto di destra, queste sono categorie semplicistiche. La mia critica a Renzi è che non ha ancora tirato fuori una visione della società. L’imprenditore Oscar Farinetti ha detto delle cose importanti sull’Italia, sostenendo che può costruire il suo futuro sull’espansione dell’agroalimentare e del turismo. Io non so se questa sia la concezione di Renzi, ma se non lo è mi piacerebbe che fornisse la sua alternativa. E’ questa la vera critica che gli dobbiamo fare, tutte le altre fanno parte soltanto del teatrino della politica.

 

(Pietro Vernizzi)