Niente emendamento in Senato sull’articolo 18. A smentirlo è stato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, dopo che la direzione del Pd ha deciso di mantenere il reintegro anche per i licenziamenti disciplinari e non soltanto per quelli discriminatori. L’articolo 18 ha fatto traballare l’alleanza di governo. Da un lato la porzione del Pd cui ha dato voce Civati ha detto che “Renzi ha la responsabilità di aver fatto una campagna feroce dal punto di vista mediatico, per poi fare una retromarcia verso una soluzione pasticciata e confusa”. Dall’altra il renziano Fiano ha ipotizzato un’alleanza con Berlusconi qualora la minoranza Pd dovesse far mancare i voti in Parlamento. In mezzo il Nuovo Centro Destra, che come ricorda il suo presidente, Gaetano Quagliariello, ha lanciato per primo la proposta di abolire l’articolo 18.
Senatore, che cosa farà Ncd ora che la direzione Pd ha modificato la riforma del lavoro?
La riforma del lavoro non è stata modificata. La direzione del Pd non è il Parlamento, ci sono le tesi del Pd e quelle rese anche ieri da tutti i partiti liberali dell’area di governo che riuniscono circa 60 senatori. La nostra linea è quella del relatore Sacconi e noi diciamo con lui che o il testo garantisce un equilibrio tra sicurezza per i senza lavoro e flessibilità per le imprese, eliminando qualsiasi discrezionalità del magistrato, in modo che la disciplina porti a un incremento dei posti di lavoro, oppure evidentemente non lo voteremo. Non si tratta di trovare un compromesso politico ma di far sentire una speranza al quasi 50% dei giovani che oggi sono senza lavoro.
Pensa davvero che Renzi modificherà in Parlamento la linea che ha presentato in direzione?
Il relatore Sacconi conosce la materia anche dal punto di vista tecnico e non si discosterà da un testo che sia innanzitutto un vantaggio per quanti oggi non hanno diritti. Mi riferisco a quei giovani che si trovano fuori dal mondo del lavoro.
Ma Ncd e Pd stanno parlando della stessa legge o di due leggi diverse?
Il testo della commissione e’ stato il frutto di un accordo.
Secondo lei il Pd rinuncerà a quanto deciso in direzione?
Si tratta di confermare il compromesso raggiunto in commissione, una riforma vera dell’art.18 per le nuove assunzioni, consentendo al datore di lavoro, tranne nel caso della discriminazione, di convertire anche una condanna alla reintegrazione in indennizzo. Se non è così viene meno il senso stesso della legge, e quindi ne prenderemo atto.
In che senso il testo deve essere scritto in modo inequivocabile?
La norma deve essere semplice e certa, automatica, in modo che non ci sia un margine di discrezionalità da parte dei magistrati. Quando si toglie certezza del diritto all’imprenditore, egli diventa molto più cauto nell’aumentare l’occupazione della sua impresa.
Fiano ha detto che la minoranza si deve adeguare o il Pd andrà da Berlusconi. In questo caso voi che cosa farete?
Per Ncd vale il testo della riforma. Non ci interessano i giochi politici. Se il testo di legge al dì là delle intenzioni aiuta l’occupazione e la ripresa, noi lo voteremo indipendentemente da quali altre forze saranno a favore. Se non è questo agiremo in conseguenza. Dalla giornata di ieri inoltre è emerso che Forza Italia a prescindere non intende apportare un vantaggio al governo. Lo ritengo un atteggiamento sbagliato perché in questo caso nessuno dovrebbe parlare a prescindere, dal momento che è in gioco il futuro dei nostri figli.
Se il testo non sarà come lo auspicate, si potrà aprire una spaccatura nella maggioranza di governo?
Evidentemente faremo di tutto perché ciò sia evitato, ma questa non è una materia su cui sia possibile transigere. Come diceva Carlo Marx, i fatti hanno la testa dura. Quindi uno può anche fare un buon compromesso politico, ma se poi il risultato è una cattiva legge i fatti dopo qualche mese ti puniscono. E a pagarlo a caro prezzo saranno il Paese e tanti ragazzi in carne e ossa.
L’articolo 18 si applica solo al 3% delle imprese italiane. Abolirlo è così importante per la nostra economia?
La ragione è che ci sono imprese che non crescono perché c’è l’articolo 18. Al Sud rimangono imprese piccole e diventano piccolissime, e in una situazione di concorrenza globale non reggono più il mercato.
La frammentazione delle imprese italiane dipende dal fatto che non vogliono raggiungere la soglia dei 15 dipendenti, a partire dalla quale si applica l’articolo 18?
Dipende certamente anche da questo. Non mi sembra che possa essere considerato un caso che nel Mezzogiorno oltre il 90% delle imprese abbia meno di 15 addetti.
Pietro Merli Brandini, un ex sindacalista, sostiene che lo Statuto dei Lavoratori dal 1970 in poi ha bloccato il Pil italiano. E’ davvero così?
Dal 1970 è cambiato il mondo, e di conseguenza deve cambiare il testo di riferimento del mondo del lavoro.
Ncd è stato il primo a lanciare la battaglia sull’articolo 18. Renzi ha fatto sua una battaglia vostra?
Il Nuovo Centrodestra ha svolto bene la sua funzione di avanguardia delle riforme. Non è stato l’unico caso. Vorrei ricordare tra gli altri la responsabilità civile dei magistrati, la legge delega sulle intercettazioni, il riconoscimento della specificità delle forze dell’ordine. Sono tutti casi nei quali abbiamo svolto bene la nostra funzione.
E’ più importante abolire l’articolo 18 o ridurre l’Irap?
Io non le metterei in alternativa. E’ importante fare una politica che non punti soltanto a sostenere i redditi con la pur giusta riduzione del prelievo fiscale. Quanto è avvenuto fin qui ci ha fatto capire che i consumi non crescono se non cresce la fiducia liberando anche la vitalita’ delle imprese. Questo è il motivo per il quale l’articolo 18 rientra in una strategia che mira a favorire la crescita.
(Pietro Vernizzi)