Il comunicato della Presidenza della Repubblica offre un chiarimento inequivocabile sulle voci che si sono diffuse circe le prossime dimissioni del Capo dello Stato. E nello stesso tempo fornisce un ulteriore elemento di riflessione sulla rapida accelerazione del quadro politico-istituzionale, anche a livello internazionale.
Innanzitutto, al di là della formula giornalistica del non confermo e non smentisco, il presidente ribadisce quanto aveva detto espressamente sin dal primo giorno del suo secondo mandato: questo settennato è nato sotto “limiti e condizioni anche temporali“. Certo, una deviazione piuttosto originale dal dettato costituzionale — che non prevede certo che la carica presidenziale sia assunta sub condicione —, ma che è stata platealmente accettata dal Parlamento quando scroscianti applausi accolsero il secondo (e duro) discorso di insediamento di Napolitano. Nel comunicato anche un successivo accenno conferma l’eccezionalità costituzionale di questa seconda presidenza. Il capo di Stato, infatti, non ritiene trattarsi di un nuovo incarico, ma di una “fase di straordinario prolungamento” del primo mandato.
Al di là dei tecnicismi, Napolitano mette in chiaro che la sua intenzione di dimettersi anticipatamente non è un capriccio, ma la logica conseguenza di una premessa già evidente a tutti e quindi da considerarsi oramai accettata, quasi si tratti di una convenzione costituzionale: egli aveva promesso che non avrebbe concluso il mandato, e ritiene nella sua esclusiva disponibilità la decisione circa il momento in cui interromperlo. Quest’ultima precisazione, tuttavia, suona come una rivendicazione costituzionalmente ultronea: nessuno potrebbe mai impedire al presidente di dimettersi, trattandosi di atto che, come noto, non richiede controfirma o accettazione alcuna. Ciò che il presidente aggiunge di suo — e cioè il fatto che le dimissioni saranno accompagnate da “ampia motivazione alle istituzioni, all’opinione pubblica, ai cittadini” — appartiene, come dire, al portato proprio di questa presidenza. Napolitano ha intessuto un costante rapporto di interlocuzione con l’opinione pubblica, spesso anche scavalcando e innovando i canali dell’informazione istituzionale. Che lo stesso debba accadere anche per il gesto più eclatante della sua esperienza, cioè per le dimissioni anticipate, non può affatto meravigliare.
E allora nulla di nuovo da questo comunicato? Al contrario, il contenuto e soprattutto la tempistica suggeriscono ben altro. Per la prima volta il presidente fa ufficiale riferimento a un preciso termine temporale, la “Presidenza italiana del semestre europeo” che, come noto, è in procinto di chiudersi. Dunque, le dimissioni sono alle porte, e tutti ne sono adesso ufficialmente avvertiti. Certo il presidente avverte che l’approssimarsi delle dimissioni non gli impedisce gli esercitare le sue funzioni “nella loro pienezza“, ma, allo stesso tempo, ciò significa implicitamente che dal momento delle dimissioni egli sarà sostituito dal presidente supplente. Nulla impedirà anche a quest’ultimo, ove vi sia necessità, di esercitare tutti i poteri presidenziali, ivi compreso lo scioglimento anticipato delle Camere.
Questo evento — politicamente temuto o favorito a seconda delle rispettive posizioni — potrà così verificarsi senza che la sostituzione temporanea al vertice dello Stato ne sia ostacolo insormontabile. La successione dei due rinnovi anticipati, poi, sarà determinata dal succedersi degli eventi e dalla volontà politica prevalente, esistendo disposizioni costituzionali che consentono entrambe le soluzioni.
Anche l’attuale governo che, come i due precedenti, è nato sotto tutela presidenziale, non può che prendere atto della comunicazione del presidente. L’ombrello offerto dal capo dello Stato sta per chiudersi e la stagione delle piogge sta per abbattersi sull’esecutivo, non solo dal punto di vista metereologico, ma soprattutto dal punto di vista politico. Il parlamento è parimenti avvertito: il riferimento presidenziale nella determinazione dei valori e degli interessi da porre al centro della politica nazionale, sta per venir meno.
Un forte sommovimento è dunque alle porte. E lo stesso percorso delle riforme, che proprio in questi giorni si voleva improvvisamente accelerare, sembra ora destinato a chiudersi nuovamente in un insuccesso. Venuta meno la garanzia presidenziale di una pari considerazione dei due partiti più forti, il “libera tutti” è di piena evidenza. La stessa parziale conclusione — del tutto diversa rispetto alle previsioni che erano fondate sul solo accordo tra i soli due partiti della cosiddetta maggioranza delle riforme — della vicenda relativa all’elezione parlamentare dei giudici costituzionali, dimostra già che il modello politico-istituzionale voluto da questa Presidenza è fortemente incrinato e destinato forse ad infrangersi definitivamente contro le difficoltà di una situazione economica, sociale e finanziaria da far tremare i polsi a chiunque.
Circa la tempistica, la coincidenza del comunicato presidenziale con alcune vicende di grandissimo rilievo internazionale non deve essere trascurata, tenuto conto della particolare sensibilità del nostro Paese, proprio a causa della particolare posizione dell’Italia rispetto all’evolversi del panorama geo-politico europeo e mondiale. Le recenti elezioni nord-americane, in particolare, segneranno una buona parte delle nuove relazioni con il Paese leader dello schieramento alleato nello scacchiere internazionale. Come noto, soprattutto con Napolitano il ruolo del presidente è stato centrale nella politica estera ed europea dell’Italia, come ricordato ultimamente dallo stesso capo dello Stato allorché si è trattato di scegliere il nuovo ministro degli Esteri.
E’ allora evidente che nella successione di Napolitano si confronteranno non solo personalità più o meno differenti o innovative, ma soprattutto si contrapporranno strategie politiche che dovranno confrontarsi con i nuovi equilibri che si stanno determinando nel confronto tra le potenze mondiali e con gli Stati che aspirano a diventare potenze regionali, ivi compresa, nel decisivo campo europeo, la Germania. Attorno alla carica del presidente ruota l’intero sistema delle nostre istituzioni pubbliche: occorrerà massima cura ed attenzione nel determinare chi succederà a Napolitano. E’ in gioco il destino della Nazione.