Il Consiglio dei ministri “si appresta a presentare un emendamento per ridefinire il perimetro degli indennizzi in caso di licenziamenti disciplinari”. Lo ha reso noto Teresa Bellanova, sottosegretario al Lavoro, a margine delle sedute della commissione Lavoro, per poi aggiungere: “Ci sarà un reintegro per i licenziamenti disciplinari considerati nulli, mentre per tutti gli altri scatterà un indennizzo”. Ne abbiamo parlato con Gabriele Albertini, senatore del Nuovo Centro Destra ed ex sindaco di Milano.



Qual è la sua posizione per quanto riguarda il Jobs Act?

Condivido pienamente quanto affermato dal senatore Sacconi, secondo cui la comunicazione del governo non risulta coerente con quanto si era concordato con Poletti. Ncd ha aderito al governo Renzi perché ha colto negli interventi di modifica della legislazione sul lavoro, sia per quanto riguarda il mercato, sia per quanto riguarda le provvidenze degli ammortizzatori sociali, un impulso rinnovatore e riformatore che riteniamo essere un forte argomento di condivisione.



Che cosa si aspetta dalle sedute della commissione Lavoro?

Il rischio è che nella fase finale di approvazione del provvedimento questi argomenti siano cancellati o mistificati. Un po’ come era avvenuto con la riforma Fornero, che era uscita con un accordo dalle parti sociali in modo molto diverso: se non un purosangue, un cavallo da tiro… ma dopo il voto parlamentare si è trasformato in un ippopotamo! Un fatto che è stata una conseguenza dell’influenza della Fiom, e che ha creato un effetto domino su Cgil e una parte del Pd, tanto che alla fine ne è uscita la legge Fornero che conosciamo, e che ha reso di fatto più complicata la gestione del rapporto di lavoro in uscita e non l’ha agevolato più di tanto in entrata. Anche in questo caso se dovesse avvenire qualcosa di simile, la nostra posizione sarebbe quella del voto contrario.



Si riuscirà a trovare un accordo sulla proposta di sostituire il reintegro con una penale pecuniaria?

Questa è la nostra proposta, anche perché è ciò che succede nel resto del mondo. Il reintegro del modello tedesco, che è tanto ventilato come paradigma, e che secondo la sinistra dovrebbe essere il criterio ispiratore anche della nostra riforma, nella realtà si compie solo ed esclusivamente su basi consensuali. Ha a che vedere con il cosiddetto tentativo di conciliazione, che viene portato avanti anche nei rapporti matrimoniali. Una coppia che ha deciso di separarsi può ripensarci e decidere di tornare insieme. Anche in quel caso il reintegro può funzionare, ma solo a queste condizioni. Il reintegro coatto in Germania invece non c’è. La nostra posizione sul licenziamento disciplinare è questa. Ben diverso è il caso se c’è qualcosa che è eccepito come un trattamento vessatorio, un licenziamento abusivo o discriminatorio. Quest’ultimo è quello che riguarda gli articoli della Costituzione che parlano di libertà religiosa, opinioni politiche, uguaglianza o orientamento sessuale.

 

Se non si trova un accordo sul Jobs Act il governo cadrà?

Se c’è un’altra maggioranza, potrà essere messa in discussione anche la maggioranza di governo. Il Jobs Act non è infatti una questione secondaria ma che riguarda il programma di governo. Se il governo pone la fiducia sul Jobs Act, al cui interno sono inserite norme che noi non condividiamo, Ncd pur non esprimendo un voto contrario non voterà. Se a votare il Jobs Act alla fine dovessero essere Pd e M5S, a qual punto si porrà il problema di quale maggioranza di governo ci sia. E’ già successo con la riforma sulla responsabilità civile dei giudici, circostanza nella quale il Pd ha votato insieme al M5S contro emendamenti che aveva presentato Ncd con la benedizione del governo che poi ha cambiato posizione.

 

(Pietro Vernizzi)

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