Il consiglio dei ministri presenterà un emendamento al Jobs Act che recepirà gli emendamenti sull’articolo 18 presentati dopo l’accordo all’interno del Pd. Lo ha reso noto il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova. A stretto giro è arrivata la replica di Maurizio Sacconi per conto di Ncd: “L’annuncio della sottosegretario Bellanova con riferimento all’emendamento del governo sull’art. 18 non corrisponde a quanto concordato. Se vedessimo un testo diverso da quello che conosciamo ce ne andremmo dalla Commissione e si aprirebbe un bel contenzioso nella maggioranza. Ne abbiamo parlato con Peppino Caldarola, ex direttore de L’Unità ed ex parlamentare dei Ds.



Sul Jobs Act si è trovata la quadra all’interno del Pd?

Sì. C’è una parte della sinistra interna, che fa capo a Bersani, la quale non vuole rompere con Renzi. Questa parte non sta pensando alla scissione, perché ritiene che non ci sia spazio per farla. Dall’altra Renzi, di fronte al crescere della protesta sociale su molti campi, Renzi ha bisogno di disinnescare la mina dell’articolo 18. Può farlo lavorando sul tema della reintegra in alcuni casi molto dettagliati che appartengono al tema dei licenziamenti che ledono diritti sindacali. Lo ritengo quindi un accordo vero, che avvantaggia Renzi e toglie spazio alla protesta sindacale. D’altro lato avvantaggia un pezzo di sinistra interna che dimostra di avere un’influenza e non invece di essere totalmente fuorigioco.



Come evolverà la posizione della Cgil?

La Cgil si è un po’ avvitata su se stessa. Ha cioè deciso per ragioni interamente politiche un contrasto molto netto con Renzi, prima ancora che con il governo. Passando attraverso le parole della Camusso si è arrivati a una sorta di espulsione di Renzi dalla sinistra. Sta poi accadendo qualcosa d’altro, nel senso che stiamo vedendo che il Paese è pieno di guerre sociali. Il sindacato ha forse in animo di cavalcarle tutte, cosa che in sé potrebbe anche essere un fatto positivo.

Qual è il vero problema della Cgil?

Il problema della Cgil è molto banale, e consiste nel fatto che non ha niente da chiedere a Renzi. Come abbiamo visto anche dagli episodi di queste ore, un sindacato che vuole avere un ruolo generale non ha niente da chiedere a Renzi per quanto riguarda la legge di stabilità. La Cgil svolge la sua azione in termini di pura convocazione di lavoratori arrabbiati. Non ha però una proposta, cosa che per un sindacato riformista è un guaio. Anche perché questo porta la Cgil a marciare da sola, dal momento che Cisl e Uil non la seguono. La protesta di Camusso e Landini assomiglia sempre di più alla protesta di un partito d’opposizione, piuttosto che di un sindacato critico o fortemente critico. Appare come l’unica vera opposizione non parlamentare al governo Renzi.



 

Se non sarà soddisfatto, Ncd romperà l’accordo di governo?

No, il Nuovo Centro Destra nella configurazione alfaniana non romperà nessun accordo. Alfano è di fronte a una scelta abbastanza drammatica, per se stesso e per gli altri suoi compagni di partito. Deve decidere se spingersi per un ritorno dentro a una grande alleanza con Silvio Berlusconi oppure staccare definitivamente gli ormeggi. Molto dipenderà dalla legge elettorale. Renzi sta cercando di fare un favore a Ncd abbassando la soglia per acquisire parlamentari. Ciò potrebbe garantire una presenza ad Alfano nel futuro parlamento. Siamo però in una situazione talmente incerta che reputo difficile che Alfano rompa con il governo, mentre magari con lo stesso governo continua a collaborare Berlusconi. Potrebbe diventare una di quelle curiosità italiane difficilmente raccontabili all’estero.

 

(Pietro Vernizzi)

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