“Quella della mancata restituzione di una parte dello stipendio è soltanto una scusa. Artini e Pinna sono stati espulsi perché l’M5S è un movimento padronale e di puro marketing che non tollera differenze di opinioni”. A evidenziarlo è Giovanni Favia, ex consigliere regionale dell’M5S in Regione Emilia-Romagna, cacciato a sua volta da Grillo nel 2012.



Che cosa ne pensa dell’espulsione di Artini e Pinna dal partito?

E’ un’ulteriore conferma che quello che in Emilia-Romagna capimmo due anni fa corrispondeva al vero. Dal momento che Artini e Pinna sono stati espulsi per il fatto di non essere in regola con la rendicontazione, desidero sottolineare che c’è solo un parlamentare su 142 che in questo momento può dire di essere in regola. Se invece il motivo è legato al fatto che hanno pubblicato il rendiconto su un altro sito, sono 28 i parlamentari del M5S ad averlo fatto. Mi domando quindi perché solo Artini e Pinna siano stati espulsi. Attendo “fiducioso” risposte dal nuovo direttorio dell’M5S.



L’espulsione è stata decisa con una votazione sul blog di Grillo. Significa che è avvenuta in modo democratico?

No, anzi si è trattato di votazioni non legittime, gestite interamente da Casaleggio, e quindi i risultati non hanno né prove né controlli. Queste non si chiamano votazioni bensì messe in scena.

Quelli che hanno votato non sono iscritti certificati?

Chi controlla? Lei lo sa? Lei è entrato nei server? C’è un conflitto d’interessi, una parte in causa che gestisce la votazione. Ma dove si è vista una cosa simile? Nemmeno nella repubblica delle banane. Bisognava prima votare nei gruppi parlamentari come ha detto Pizzarotti? Ci dovrebbe essere un vero movimento, con una base e dei processi decisionali. I rappresentanti non devono essere necessariamente gli eletti. La parte politica andrebbe divisa da quella amministrativa, in modo che la prima controlli la seconda. Oggi invece gli eletti sono dei ras locali.



In che modo andrebbe divisa la parte politica da quella amministrativa?

Dovrebbero esserci delle votazioni per scegliere i rappresentanti politici del movimento. Occorre un coordinamento locale, nazionale e regionale. Ciascun iscritto ha diritto di voto, cioè di conoscere i candidati e di sceglierseli, senza che Grillo dia una rosa di cinque nomi composta soltanto da fedelissimi. Anche questo la dice lunga dell’idea di democrazia che c’è nell’M5S. Questa cosa l’ultima volta l’ho vista fare a Craxi, Forlani e Andreotti.

 

L’idea di web-democrazia allora è sbagliata alla radice?

No, non è sbagliata alla radice ma semplicemente non è applicata da parte dell’M5S. Il movimento è interamente centralizzato, con un sistema dall’alto verso il basso: il blog di Grillo che diffonde il verbo ai discepoli che lo seguono. Questa non è democrazia bensì una barzelletta.

 

Da dove nasce la delusione degli elettori dell’M5S alle Regionali?

Nasce appunto dal fatto che l’M5S si è rivelato una barzelletta. E’ un partito padronale, non un movimento, etero-diretto da un signore che sta a Milano e che si chiama Gianroberto Casaleggio. L’M5S di fatto utilizza il malcontento popolare per creare un contenitore gestito in modo padronale nel contesto della democrazia italiana malata.

 

In che modo andrebbe gestita la democrazia interna all’M5S?

Occorre dare regole giuste e partecipate, che garantiscano meritocrazia, formazione e trasparenza. Tutte cose che il movimento non ha. Su temi come l’economia e l’immigrazione, l’M5S non ha una bussola, naviga a vista ed è completamente spappolato. Non si esprime perché ha paura di perdere voti, perché è un movimento di puro marketing, fatto di cartone.

 

Perché le idee di Grillo non sono state tradotte in azione concreta?

Perché erano una presa in giro. Sono state usate per attirare gente in buonafede come me. Poi per fortuna ho conosciuto Grillo e Casaleggio da vicino e ho capito in fretta che il loro era un inganno. Tanta gente però purtroppo ci crede ancora.

 

(Pietro Vernizzi)