Una conseguenza naturale del Patto del Nazareno sarà il fatto che “non potrà essere eletto un capo dello Stato che a noi non sembri adeguato all’alta carica istituzionale che deve ricoprire”. Sono le parole del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, nel momento in cui i giochi per il Quirinale si sono riaperti in quanto le dimissioni di Giorgio Napolitano potrebbero arrivare a breve. Il nuovo presidente sarà eletto in seduta comune dai 1008 grandi elettori composti da senatori a vita, rappresentanti delle Regioni, senatori e deputati. Dalla quarta votazione in poi il quorum sarà pari a 505 voti. Abbiamo chiesto un commento a Luciano Ghelfi, giornalista politico del Tg2.
Berlusconi ha ricordato che il Patto del Nazareno riguarda anche il Quirinale. Teme di rimanere escluso dalla partita per l’elezione del presidente della Repubblica?
E’ un’ipotesi molto probabile. Non a caso con una discreta scelta di tempo l’uscita di Berlusconi sul Quirinale è arrivata esattamente mentre il Pd era riunito per l’Assemblea Nazionale. Quello del Cavaliere è un colpo di avvertimento con il quale ha fatto presente che lui c’è e che si ritiene legato da quel patto. Il timore di Berlusconi è che Renzi tenti di fare da solo.
Chi sta cercando di fare le scarpe a Berlusconi sull’elezione del capo dello Stato?
Renzi non si fida della capacità di Berlusconi di controllare i parlamentari del suo stesso partito. Forza Italia è così in crisi, che il premier teme che non porterà i voti necessari per il Quirinale. Il partito del Cavaliere ha circa 130 grandi elettori, se ne perde 50 per strada a Renzi non serve più, dal momento che lo stesso premier dovrà pagare dazio ai franchi tiratori. Per Renzi a quel punto è più facile ricompattare le fila dei suoi, mettendo comunque in conto di perdere almeno il 10% dei grandi elettori del Pd.
Il Pd ha i numeri per eleggere da solo il presidente della Repubblica?
No, da solo non ce la può fare perché si ferma a 450 voti. La maggioranza assoluta è pari a 505 voti, per cui gli manca un contributo che deve andare a cercare almeno tra i centristi che sostengono la sua maggioranza, che sono circa 70. A quel punto se sono tutti compatti dalla quarta votazione in poi il presidente della Repubblica si può eleggere. Altrimenti il Pd dovrà votare con Berlusconi o con i Cinque Stelle.
Che cosa ne pensa della nuova regola dei tre quinti inserita con un emendamento dalla commissione Affari costituzionali?
La condivido, ma la nuova regola non varrà per questa elezione. Il successore di Napolitano si eleggerà con il vecchio sistema, per cui dalla quarta votazione varrà la maggioranza assoluta.
Forza Italia è in gravi difficoltà finanziarie. Quanto pesano sulla crisi del partito?
La difficoltà finanziaria si riflette su quella politica. Forza Italia fa molta fatica a trovare fonti diverse dal finanziamento pubblico e dallo stesso contributo di Berlusconi. Dall’altra c’è un problema di linea politica con una fronda che si fa più pesante ogni giorno. Non a caso ieri Fitto ha detto: “O ci diamo una sveglia o saremo marginali, non solo nella partita del Quirinale”.
Come vede il ruolo di Fitto?
Forza Italia ha chiesto a Fitto di candidarsi come governatore in Puglia. Per Fitto è una proposta complicata da rifiutare, ma rappresenta anche una trappola perché potrebbe portarlo a una sconfitta in quanto i sondaggi sono tutti a favore di Emiliano.
Forza Italia è arrivata alla resa dei conti?
Tanto sul versante di Forza Italia quanto su quello del Pd la battaglia per il Quirinale sarà decisiva. Lì si capiranno le forze e gli equilibri interni potrebbero saltare in entrambi i partiti.
Come vede il prossimo futuro per il centrodestra?
Dipenderà dalla legge elettorale. Se si andasse a votare con il Consultellum, a quel punto le alleanze non servirebbero ciascuno correrebbe per sé. Se invece per vincere sarà opportuno allearsi si apriranno dei nuovi giochi. Oggi ci si limita a sgomitare per tenere alta la propria bandiera, ma per ora è tutta scena. Se è vero come dicono i sondaggi che in questo momento Forza Italia e Lega nord hanno un valore elettorale grossomodo simile, solo la legge elettorale potrebbe costringerli a unirsi mentre in caso contrario nessuno dei due vorrà affidare la guida all’altro.
(Pietro Vernizzi)