Renzi da Algeri chiude la giornata politica dicendo no al lodo Calderoli (congelamento dell’Italicum fino all’avvenuta riforma del bicameralismo, per fugare la tentazione di voto anticipato) e mettendo una data precisa all’entrata in vigore della nuova legge elettorale, il 1° gennaio 2016. Una proposta con la quale il premier intende stabilire una sorta di termine consensuale entro il quale giocare le varie partite aperte, il cambio al Quirinale, la riforma del Senato e la nuova legge elettorale. La novità è arrivata nel giorno in cui la commissione Affari costituzionali del Senato discuteva l’Italicum e quella omologa della Camera licenziava i primi due articoli di riforma del nuovo Senato. Un quadro politico già movimentato dall’ultima nota del Quirinale (niente dimissioni prima di fine semestre, poi valutazioni in autonomia) entra di nuovo in fibrillazione. Il punto di vista del costituzionalista Stelio Mangiameli.
Professore, partiamo da Napolitano.
La dichiarazione di Napolitano di ieri (lunedì, ndr) è un po’ inattesa. Adesso il quadro politico è variato e un po’ perché riforme costituzionali e legge elettorale sono in stato di avanzamento, un po’ perché la partita della legge di stabilità (con l’Europa) può ritenersi conclusa, la dichiarazione ha il significato di avvertire i contendenti politici di prepararsi perché lui all’inizio del nuovo anno andrà via.
In casa Pd ci sono molti attriti sull’Italicum. Ma ieri, dopo il no di Renzi al lodo Calderoli, si sono moltiplicati.
La proposta di legge non piace a tanti: a una parte del Pd; ai presunti alleati di Berlusconi (Lega, Ncd, Fd’I); e ai parlamentari del M5S. Tuttavia, sembra piacere molto a Renzi (e ai suoi), a Berlusconi e a Grillo. L’Italicum dal punto di vista del principio democratico lascia molto a desiderare, non è conforme alla Costituzione e non applica i principi della sentenza della Corte costituzionale. Questa proposta prescinde dalla riforma costituzionale, nella quale i problemi sono di altro genere (rappresentatività del Senato; procedure legislative farraginose; nuovo riparto delle competenze poco funzionale; assenza di concrete misure sull’amministrazione e sulla finanza pubblica). Il tentativo di Calderoli resta tale; voleva allontanare gli esiti di una riforma devastante e Renzi dall’Algeria si è incaricato di spazzarlo via.
E’ emerso anche il problema di trovare un meccanismo che ripartisca la quota di nominati e la quota di candidati eletti dai cittadini. Secondo lei si riuscirà a correggere questi difetti o i problemi dell’Italicum sono insanabili?
I difetti dell’Italicum sono insanabili se non si mette un limite al premio di maggioranza. Poi il ballottaggio così come è previsto è una presa in giro, o – se si preferisce – una “truffa”. Secondo me i candidati eletti dai cittadini alla fine non ci saranno. I tre leader non li vogliono: una Camera di nominati è ricattabile, mentre una Camera di eletti (anche solo in parte) può condizionarli. Ormai in Italia le oligarchie politiche sono abituate a fare le lezioni senza candidati pesati dai cittadini. Questa circostanza è all’origine dello sfascio del sistema politico.
Ma è necessario il voto di preferenza per riordinare il sistema politico?
No: in Germania il voto di preferenza sulle liste proporzionali non c’è e si vota direttamente e solamente la lista. Il problema in Italia si pone perché i partiti nel nostro Paese sono espressione di un degrado morale pauroso; basti pensare al finanziamento pubblico e alla corruzione che ha colpito tutti i partiti.
Cosa c’è dietro la recente “offensiva” politica di Berlusconi? Formica sostiene che l’unica preoccupazione di Berlusconi è un candidato (e poi un presidente) che gli conceda l’agognata agibilità politica. E’ così?
Non credo che avere fatto il nome di Giuliano Amato come possibile inquilino del Quirinale abbia giovato a questi. Tanto più che nella collocazione attuale di giudice costituzionale sembra fuori gioco da ogni competizione politica e quella del Quirinale è certamente la più importante competizione politica della Repubblica. Quanto a Berlusconi, l’agibilità politica – in senso spaziale – la recupererà già ad aprile del 2015. Quando avrà finito di scontare (sia pure in modo singolare) la pena. Le preoccupazioni politiche di Berlusconi mi sembrano altre, molto concrete e legate alle scelte del Governo. Ma su questo terreno Renzi ha già manifestato di voler mantenere fede agli impegni assunti.
Renzi ha detto che Berlusconi “non dà più le carte”. Eppure, i due avevano stretto un patto. Che ne pensa?
Berlusconi è abituato a fare saltare il banco. Lo ha fatto con D’Alema ai tempi della bicamerale del 1997-98. Ma non credo che si ripeterà adesso; gioca a non dare le carte, ma alla fine le darà se avrà quanto pattuito. Del resto, se il patto è rimasto segreto e verbale, un motivo ci deve pur essere; altrimenti non solo lo avrebbero scritto, ma molto correttamente avrebbero dovuto trasferirlo anche in sede parlamentare, ad esempio con la votazione di un ordine del giorno che impegnava in modo trasparente i rispettivi gruppi parlamentari davanti all’opinione pubblica.
Secondo lei è del tutto scongiurato il rischio di elezioni anticipate?
Le incertezze sono tante per cui è difficile dire se saranno fatte nel 2014 o rinviate più avanti. In ogni caso nel 2015 si vota per altre sei Regioni per un totale di circa 20 milioni di cittadini e il Pd non può considerare una vittoria la conquista delle poltrone con il 37% dei cittadini che votano, anche se sui votanti ottiene il 49% dei voti. Il 49% del 37% dei cittadini corrisponde al 18% degli aventi diritto al voto. C’è già un problema di legittimazione enorme che sta aprendo questioni inedite nel panorama della democrazia italiana, anche se i politici e i media fanno finta di niente. Non è ignorando i problemi che questi si risolvono.
Ma le elezioni sarebbero una strada realmente praticabile senza la nuova legge elettorale?
Paradossalmente potrebbe dirsi che con il consultellum e la previsione del voto di preferenza, cioè il sistema risultante dalla sentenza della Corte costituzionale, il numero dei votanti potrebbe risalire sensibilmente e il nuovo Parlamento, costituito da proporzionale e clausola di sbarramento, potrebbe fungere da vera e propria Assemblea costituente. Ovviamente, il governo dovrebbe essere espressione di una coalizione di maggioranza, da costituire dopo le elezioni. Lo so, sa tanto di prima repubblica, ma sarebbe un percorso decisamente più democratico.
Da Berlusconi ai 5 stelle si torna a dire che il Parlamento è composto di rappresentanti illegittimi. Questi ultimi possono essere elettori di un presidente legittimo?
Sì se il presidente della Repubblica sarà eletto da una maggioranza molto ampia. Del resto, se Napolitano si dimette, diventa un po’ un giocoforza. Alla fine sarà l’ennesima situazione di fatto al di fuori della Costituzione. La classe politica italiana ha una lunga tradizione in questo senso. Non è vero forse che anche durante la monarchia si gridò di tornare allo Statuto?
E’ un fatto che Renzi è in ritardo: sull’Italicum, sulle riforme istituzionali, ma soprattutto sulla ripresa economica. Questo come influisce sul quadro politico e sulle decisioni di Napolitano?
Se fallisce la riforma costituzionale e se non si riesce ad approvare la nuova legge elettorale, poco male. Sulla ripresa economica, invece no! Penso che Renzi questo l’abbia capito dopo la lezione che gli ha impartito Draghi quest’estate. Anche il consenso avuto dalla Commissione europea sulla legge di stabilità è un po’ provvisorio. La partita è sulla ripresa qui il Governo sta andando male e le scelte sono più di facciata e senza efficacia vera. Il bandolo della matassa non è stato ancora trovato…
Renzi chiede flessibilità all’Ue e spera nel piano Junker.
La verità è – come gli hanno detto durante il Consiglio europeo – che dovrebbe spendere i soldi che ha e che sono tanti (13 miliardi di fondi strutturali che a fine 2015 saranno restituiti per mancanza di cofinanziamento) e non aspettarsi molto dal piano della nuova Commissione. Lì di soldi freschi ce ne sono veramente pochi (circa 20/21 miliardi, per tutta l’Europa, con un moltiplicatore di 15, che non è denaro reale).
Se Renzi dovesse riuscire entro fine anno o poco più a fare l’Italicum e ad esibire un qualche risultato sulla riforma del bicameralismo, tenuto conto dei tempi di approvazione, in che rapporto starebbero questi con il proseguimento della legislatura?
Quasi in nessun rapporto. L’economia è il terreno su cui si misurerà il successo di Renzi e i sondaggi mostrano che agli elettori il presidente del Consiglio oggi sta meno simpatico e, se continua così, nel 2018 avremo avuto altri due governi. Almeno.
(Federico Ferraù)