“Se la domanda è se è giusto che un impiegato pubblico che sbaglia, partendo dai furti e arrivando all’assenteismo a volte vergognoso, paghi, la risposta è sì. Su questo sono pronto al confronto in Parlamento”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel corso della conferenza stampa di fine anno. Ne abbiamo parlato con Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera.



Come valuta complessivamente i temi emersi dalla conferenza stampa di fine anno del premier?

Renzi mi è parso concentrato e con le idee chiare sulle cose da fare nel prossimo anno. E’ riuscito a distrarre l’attenzione dei giornalisti dalla questione del nuovo inquilino del Quirinale, sulla quale in ogni caso non avrebbe potuto dare risposte, e a mettere in risalto ciò che di positivo ritiene di avere fatto quest’anno. Il tutto è condito da un ottimismo sulla condizione economica del Paese forse esagerato, ma del resto i primi ministri di solito sono ottimisti.



Che cosa ne pensa del passaggio sul Jobs Act?

Per Renzi era importante avere comunque le norme sulla licenziabilità prima che scattassero dal primo gennaio gli sgravi fiscali per le assunzioni con il contratto a tutele progressive. Gli sgravi sono realmente un motivo di speranza in quanto potrebbero convincere gli imprenditori a trasformare i contratti a termine in assunzioni a tempo indeterminato. I nuovi contratti a tutele crescenti però non sarebbero stati utilizzabili se avessero mantenuto le garanzie di non licenziabilità del vecchio contratto a tempo indeterminato.

E quindi?

Per Renzi era importante ottenere il risultato delle norme sulla licenziabilità prima di cominciare a concedere gli sgravi. Dal punto di vista politico, però, Renzi ha fatto un passo indietro rispetto ad alcune iniziative più incisive, che Ncd dava per scontate, perché ha certamente cercato di mantenere un clima più sereno nel Pd. Con l’elezione del capo dello Stato alle porte, il Pd per Renzi è ridiventato molto importante.



Qual è il bilancio del semestre italiano di presidenza europea?

E’ un bilancio gramo, ma non è che i semestri degli altri Paesi siano stati brillanti. Non c’è ancora chiarezza su quale linea di politica economica vuole seguire l’Europa. Soprattutto da parte della Germania non c’è la volontà di seguire la linea economica che propone Renzi, che consiste nel liberare i vari Paesi dai vincoli di bilancio. Renzi stesso ha riconosciuto che perfino nella famiglia socialista non c’è una spinta che vada nella direzione di togliere alcune spese per investimenti dal vincolo del deficit del 3%. Renzi insomma sul fronte europeo non ha ottenuto granché. Basti pensare al fatto che ha dovuto modificare la legge di stabilità per recuperare qualche miliardo in più come chiedeva la Commissione Ue.

 

Renzi ha incontrato Prodi perché è in lizza per fare il presidente della Repubblica?

Renzi ha incontrato Prodi proprio per la sua esigenza di tenere unito il blocco dei grandi elettori del Pd. L’incontro con Prodi è valso soprattutto al premier a dimostrare pubblicamente che lui non ha preclusioni nei suoi confronti. E’ stato un modo per rassicurare una grossa parte del Pd sul fatto che Prodi può essere un candidato. A questo ha fatto seguito anche una mezza ammissione di Berlusconi sul fatto che neanche per lui c’è un veto. I due contraenti del Patto del Nazareno stanno cercando di far capire che non hanno veti nei confronti di Prodi proprio perché non lo vogliono al Quirinale. L’obiettivo è ricompattare Pd e Forza Italia, perché se al Patto del Nazareno dovessero mancare i voti delle minoranze di entrambi i partiti la strada per il Colle si farebbe oltremodo impervia.

 

Che cosa ne pensa delle candidature di Amato, Bersani e Cassese?

Amato è visto, soprattutto in un certo mondo dell’antipolitica vicino all’M5S, come un esponente non solo della seconda ma addirittura della prima Repubblica. Bersani ha il difetto di essere da troppo poco tempo uscito dalla politica in prima persona, e ha tuttora un ruolo di primo piano come leader di una parte della minoranza del Pd. Cassese è un grande nome, ma un tecnico, e bisognerebbe che passasse l’idea che per il Quirinale anziché un politico si elegge un giurista.

 

Secondo lei quindi chi può avere le carte in regola per succedere a Napolitano?

Il problema è che una figura di secondo piano finirebbe per non piacere a quanti non vogliono consegnare tutto il potere politico nelle mani di Renzi. Il premier è il vero “dominus” dell’elezione per il Quirinale. A differenza di due anni fa, oggi abbiamo una maggioranza di governo rafforzata sul piano istituzionale dal Patto del Nazareno. Sono due forze di gravità che rendono più facile la composizione di una maggioranza parlamentare per eleggere il capo dello Stato. Più Renzi tenterà di scegliere un uomo che non gli dia ombra, più allarmerà quanti non vogliono consegnargli tutte le chiavi del potere. Bisognerà quindi vedere se Renzi sarà così intelligente e lungimirante da capire che un nome di peso al Quirinale potrebbe perfino aiutarlo.

 

(Pietro Vernizzi)