“L’accordo Renzi-Berlusconi per eleggere il capo dello Stato riuscirà nei suoi intenti ma lascerà sul campo un panorama di macerie”. E’ la previsione di Stefano Folli, editorialista di Repubblica, secondo cui per reazione 150 o 200 grandi elettori del Pd potrebbero trasformarsi in franchi tiratori. Ciò non fermerà comunque l’elezione del nuovo capo dello Stato, che passerà al quarto o al quinto scrutinio, ma lascerà nel Pd una ferita difficilmente sanabile.
Partiamo dal voto in Grecia. Che cosa ne pensa dell’ipotesi di un contagio dell’Italia da parte di Atene?
La Grecia è un Paese dell’Eurozona che ha grossi problemi di debito pubblico, anche se come dimensioni è uno Stato molto più piccolo dell’Italia. La crisi di Atene accende i riflettori direttamente sul debito, che diventa insostenibile al punto da costringere il governo greco a un braccio di ferro che potrebbe anche portarlo a uscire dall’euro o quantomeno a mettersi in collisione con tutte le regole di Maastricht. Siccome noi siamo il secondo Paese più indebitato, non possiamo del tutto escludere una forma di contagio.
Per Renzi sarebbe vantaggioso avere Tsipras come alleato?
Non è pensabile fare un’alleanza con la Grecia. Come giustamente dice il presidente del Consiglio, noi dobbiamo guardare alla Germania come modello. Ciò non significa accettare supinamente tutto quello che ci propone Berlino, ma l’idea di un’alleanza con un Paese che sta peggio di noi onestamente mi sembra fuori luogo.
Il semestre europeo di presidenza italiana è finito. Che cosa porta a casa Renzi?
Francamente non mi sembra che abbia portato a casa molto, è stato un semestre abbastanza povero di risultati. Renzi sostiene che la battaglia per escludere gli investimenti dal calcolo del deficit è a buon punto, ma comunque non è ancora andata in porto. Per il momento resta soltanto un auspicio o quantomeno un lavoro in itinere.
Sul Jobs Act Renzi sta navigando a vista?
E’ difficile dare un giudizio definitivo perché non abbiamo ancora capito esattamente che cosa conterrà il Jobs Act e quando darà frutti. Questo tipo di riforme, che possono essere molto importanti, si giudicano dai risultati che producono. Oggi è difficile dire esattamente dove di fermerà la lancetta e soprattutto quali risultati darà. Bisogna dare tempo al tempo, il presidente del Consiglio esagera un po’ nell’enfasi quando definisce storiche le sue riforme.
La questione del lavoro rischia di creare una nuova turbolenza politica e sindacale?
Sì, ci saranno forti turbolenze anche perché la questione si incrocia con l’elezione del presidente della Repubblica. Le turbolenze sul lavoro saranno più o meno intense e decisive per la compattezza del Pd a seconda di come finirà la campagna parlamentare per il nuovo capo dello Stato. I due piani sono destinati a intrecciarsi in tempi molto rapidi.
Quanto sono legati Jobs Act ed elezione del presidente?
I due piani sono distinti ma in qualche modo destinati a incontrarsi. E’ chiaro che c’è una tensione legata al tema del lavoro, che può esplodere o meno a seconda che sia trovato un compromesso sul capo dello Stato.
Il Jobs Act indebolisce Renzi in vista della partita per il Quirinale?
No, non lo indebolisce, anche se Renzi non ha tutti gli assi in mano per giocare la partita per il Quirinale e lo sa anche lui. Il partito è refrattario ad accettare i suoi candidati, sa che deve trovare una qualche forma di accordo con Berlusconi, senza però indispettire il suo partito. Certo se il Pd dovesse frantumarsi in una sorta di Vietnam parlamentare per eleggere il capo dello Stato questo avrebbe effetti anche sulla gestione delle questioni relative al lavoro.
Renzi è davvero in grado di tutelare Berlusconi come gli ha fatto credere?
Renzi per tutelare Berlusconi ha bisogno di un partito abbastanza compatto. Perché ciò avvenga il premier ha bisogno di mostrare che non è un uomo che va avanti da solo, ma che ha a sua volta le spalle abbastanza coperte da Forza Italia. E’ per questo che Renzi cerca di consolidare Berlusconi come partner, perché sa bene che anche in Forza Italia ci sono delle contestazioni.
Che cosa si aspetta dalla partita per il Quirinale?
Un accordo ampio tra Pd e Forza Italia in teoria potrebbe produrre un presidente nelle prime tre votazioni, come accadde con Cossiga e con Ciampi. In realtà per reazione l’asse Renzi-Berlusconi potrebbe produrre molti franchi tiratori, ma dalla quarta votazione in poi si riuscirà a eleggere il presidente della Repubblica. E’ una strategia che ha una sua logica ma che sconterà anche un prezzo politico. Eleggere un presidente della Repubblica avendo provocato 150 o 200 franchi tiratori significherebbe lasciare sul campo un panorama cosparso di macerie.
(Pietro Vernizzi)