“Uniamo il destino di Italicum e riforma costituzionale. L’idea di un parlamento a scadenza fino al 2016 non mi convince”. Gianni Cuperlo, deputato ed ex presidente del Pd, critica la legge elettorale con “clausola algerina” proposta dal presidente del consiglio. Durante la sua visita ad Algeri Renzi ha proposto di fare entrare in vigore l’Italicum dal primo gennaio 2016. Per il premier “non esiste la possibilità di un collegamento tra la riforma elettorale e quella costituzionale, come se questa fosse una forma di clausola per condizionare l’entrata in vigore della legge elettorale”.



Che cosa ne pensa del nuovo timing previsto da Renzi per l’Italicum?

Non mi convince l’idea di un parlamento a scadenza. Il problema non è concedere un anno in più o un anno in meno di legislatura, bensì mettere a punto un modello istituzionale e di rappresentanza che funzioni e che chiuda questa lunga transizione che noi ci portiamo appresso da quasi un ventennio. Per questa ragione continuo a credere che ci sia la necessità di tenere unita la sorte della legge elettorale con il destino della riforma costituzionale. Ciò per dare uno sbocco convincente e un assetto equilibrato e funzionante al nostro ordinamento.



L’Italia può restare senza una legge elettorale fino al 2018?

L’Italia non è priva di una legge elettorale. La sentenza 1/2014 della Corte costituzionale che ha bocciato in modo definitivo la vecchia legge Calderoli ha di fatto dato vita a una nuova legge elettorale, il “Consultellum”, che ha un valore auto-applicativo e che è una legge proporzionale con una preferenza che recupera il diritto dei cittadini/elettori ad avere una “conoscibilità” dei propri rappresentanti. Una legge elettorale quindi c’è, ora sarebbe importante approvare una nuova legge che garantisca i principi che abbiamo in tanti rivendicato in questi mesi.



Lei quale legge elettorale auspica?

Già a gennaio avevo espresso le mie riserve sull’Italicum. In particolare ritenevo che la soglia per l’approvazione del premio di maggioranza fosse troppo bassa, che quella per l’accesso al parlamento fosse troppo alta e che il sistema delle liste bloccate non fosse accettabile. Vedo oggi con favore la scelta di alzare la soglia per il premio al 40% e di abbassare lo sbarramento al 3%. Considero invece ancora non convincente la soluzione dei capolista bloccati. E’ evidente che quel sistema determinerebbe a regime un parlamento composto prevalentemente da persone nominate dalle segreterie dei partiti.

Ha ragione Bersani a dire che con i capolista bloccati, le preferenze varranno solo per i partiti al di sopra del 20%?

Non è un’opinione di Bersani ma un fatto oggettivo. A parte il partito che vince e forse quello che arriva secondo, qualunque altra formazione si limiterebbe a eleggere una pattuglia di parlamentari che coinciderebbe con i capolista. Se poi non si modifica la norma sulle multi-candidature, ancora di più saremmo di fronte a un parlamento composto secondo una logica pilotata. Non mi sembra una soluzione per il problema che abbiamo avuto in questi anni, e che almeno in parte ha contribuito alla crisi di fiducia nei confronti del Parlamento e delle istituzioni.

 

E se votassimo con il Consultellum per eleggere una nuova Assemblea costituente?

L’unica Assemblea costituente che c’è stata finora è stata quella del ’46-’48, e sappiamo bene da chi era composta, quali figure e quali profili. Non so se in questo momento ci troviamo al centro di un clima e di una stagione che può essere definita la più adatta e funzionale, nonché quella all’altezza di una sfida di questa portata. Userei grande cautela quando si parla della Costituzione repubblicana e ci si propone di metter mano ad essa.

 

Che cosa manca oggi dal punto di vista morale e politico rispetto alla stagione del ’46-‘48?

E’ del tutto diverso il contesto storico, sociale, culturale. L’Italia del 1946 era un Paese letteralmente distrutto e cosparso di macerie morali e materiali. Alle spalle c’era una dittatura odiosa che aveva sequestrato le libertà e i diritti e che aveva portato l’Italia nell’avventura tragica della guerra. Alle spalle c’erano le leggi razziali del ’38, ma c’era anche la lotta di liberazione. C’erano grandi culture politiche che confluirono nel patto repubblicano e costituente. C’era anche una grande speranza di rinascita, di ricostruzione, di riscossa civile e morale. E soprattutto c’erano personalità, che ebbero un ruolo in quel passaggio cruciale e dentro l’Assemblea costituente.

 

(Pietro Vernizzi)