Ieri sono state bocciate dal voto dell’aula le pregiudiziali di costituzionalità presentate da Movimento 5 Stelle, Sel e Fratelli d’Italia. Prosegue dunque il cammino della legge elettorale. Rimane senza effetto il voto contrario di una ventina di franchi tiratori, segno che il Pd si è allineato, nella quasi totalità, alla posizione del segretario. M5S ha abbandonato la seduta. L’esame del testo comincerà l’11 febbraio, secondo quanto stabilito dalla presidente della Camera Laura Boldrini; in ritardo, dunque, rispetto a quanto auspidato dal Pd di Matteo Renzi. “Altrimenti potrebbe essere approvata in tempo per andare a votare a maggio” afferma Stelio Mangiameli, costituzionalista, per il quale la tempistica delle riforme e il voto, non solo europeo, sono legati a doppio filo.



Le pregiudiziali di costituzionalità all’Italicum sono state bocciate. È un altro successo di Renzi oppure una “sconfitta” del diritto?
Il diritto costituzionale ha una prerogativa particolare che pochi conoscono: quando sembra sconfitto, reagisce e punisce chi lo ha violato. È accaduto tante volte nella storia e accadrà ancora. Se Renzi e buona parte della classe politica presente pensano che con la Costituzione si possa giocare e prenderla in giro impunemente, dando l’ostracismo a chi osa criticarli o mettere in evidenza la violenza che stanno compiendo ai diritti dei cittadini, si sbagliano di grosso.



È un giudizio molto severo il suo.
Ogni giorno Renzi si inventa uno slogan. Così adesso chi non accetta supinamente la sua improvvisazione elettorale è uno che vuole tornare ai giochini della prima Repubblica, così anche il rimpasto di governo, che alla fine si farà, è un giochino della prima Repubblica. Ignora, Renzi, che gli italiani hanno nostalgia della prima Repubblica.

Lo crede sul serio?
Almeno a quel tempo il Parlamento era pieno di uomini politici veri, rappresentanti del territorio, gente che aveva voti e consenso costruito in lunghi anni di seria politica e che era in grado di dibattere e di partecipare alla formazione della politica in partiti in cui il segretario era il leader (o uno dei leader), ma insieme a loro. Il Parlamento attuale, invece, è pieno di persone prive di caratura politica, servi sciocchi che non hanno rapporti con i territori, che non hanno conoscenze da spendere.



L’aula ha respinto anche il rinvio in commissione della legge, dopo la votazione spiccia fatta ieri dal presidente Sisto (FI). La virulenza delle proteste di M5S è legata anche a questo fatto.
Il M5S non sempre ha delle posizioni di dialogo, questo è vero; ma è anche vero che certe volte e con certe persone il dialogo è impossibile. È evidente che la legge elettorale di Renzi tra gli obiettivi subdoli che vuole raggiungere ha quello di ridimensionare la presenza di Grillo in Parlamento. Lo ha spiegato bene il ministro Mauro nella sua intervista dell’altro ieri. E se fosse Grillo a ridimensionare Renzi o Berlusconi?

Lei che ne pensa in proposito?

Non dimentichiamoci che a febbraio 2013, in barba a tutti i sondaggi, il M5S è stato il primo partito alla Camera dei deputati e non è detto che a maggio 2014, per le elezioni del Parlamento europeo, il suo consenso non cresca ancora. Chi è contro l’accordo Renzi-Berlusconi non può non prendere seriamente l’ipotesi di votare il M5S.

Quale sarà adesso l’iter della legge?
È una legge per la quale vige l’obbligo del procedimento ordinario (art. 72 della Costituzione, ultimo comma). Verrà discussa e votata in aula e anche in questo caso potremmo assistere a qualche scena ispirata all’Aventino… Prevedo anche un certo rallentamento dell’iter, come lascia intuire la decisione di ieri della presidente Boldrini, che ha spostato all’11 febbraio l’inizio dei lavori sull’Italicum. Altrimenti potrebbe essere approvata in tempo per andare a votare a maggio. Basterebbe sciogliere le camere 70 giorni prima delle elezioni europee per abbinare anche le politiche. Sarebbe sufficiente potere promulgare la legge elettorale entro il 15 marzo.

Esiste ancora secondo lei la possibilità reale di modificarla?
La speranza è l’ultima a morire. C’è da augurarsi che innanzi tutto venga affrontato il problema principale dell’Italicum, ossia il ballottaggio per il premio di maggioranza quando non si raggiunge la soglia. Da questo punto di vista l’innalzamento della soglia dal 35% al 37% è un peggioramento, perché rende ancora più certo il ricorso al ballottaggio per il premio; non lo sarebbe solo se – secondo logica e diritto – la soglia operasse ai fini dell’attribuzione del premio, ma, in caso di non raggiungimento, non facesse scattare alcun premio, né richiedesse un secondo turno di ballottaggio per il premio.

Poi c’è il problema delle preferenze.
Sulla questione dei nominati la Corte costituzionale è stata chiara; sono coloro che hanno scritto l’Italicum che hanno travisato la sentenza. La Corte non ha detto che si può porre rimedio ai nominati con delle liste brevi e i nomi stampati nella scheda; infatti, se l’elettore non ha un potere di scelta sulla lista, o breve o lunga, sempre di nominati si tratta. Il giudice costituzionale ritiene, e a ragione, che il vulnus costituzionale derivi dalla circostanza che tutti, senza eccezione alcuna, siano nominati in assenza di un voto di preferenza  da parte degli elettori.

Non crede che il collegio uninominale potrebbe “risolvere l’antitesi liste bloccate−preferenze”?
Con i collegi uninominali la scelta della lista non esiste più; la scelta dell’elettore è sul nome del candidato. Non è che non esista il peso del partito di appartenenza del candidato, o quello del leader del partito medesimo, ma questi due aspetti sono fortemente mitigati dal nome del candidato. Con il collegio uninominale il potere del partito e del leader è fortemente condizionato.

Al Senato secondo lei cosa potrebbe accadere?

Se approvata dalla Camera, la legge andrà al Senato, dove nonostante i numeri siano diversi, il peso di Mauro, Scelta civica, Casini e anche di Ncd è irrilevante per eventuali modifiche. Conterà di più la Lega se Berlusconi la vuole come sua alleata per le prossime elezioni, altrimenti neppure la Lega avrà un peso.

Renzi ha sempre detto che la legge fa parte di un pacchetto più ampio di riforme quali il bicameralismo e il Titolo V. Intanto Lauricella (Pd) ha ripresentato un emendamento che subordina l’entrata in vigore della legge alla riforma del Senato.
Politicamente le questioni possono considerarsi collegate, ma dal punto di vista costituzionale non c’è un collegamento necessario; tant’è che la proposta di legge in discussione riguarda anche le elezioni del Senato. Molto concretamente, poi, non penso che, approvata la legge elettorale, sarà semplice procedere con la riforma del Senato; e non è neppure detto che Berlusconi non faccia saltare il tavolo delle riforme come nel 1998. Gli converrebbe pure, come gli è convenuto appunto nel caso della Commissione D’Alema. Il problema è più dalla parte di Renzi e della sinistra, che sinora hanno dimostrato di non sapere fare le riforme e, soprattutto, di non avere le idee chiare sulla direzione in cui marciare.

Insomma, lei ce l’ha con Renzi?
Consideri per un attimo l’insensatezza del suo discorso. Si vuole trasformare il Senato in Camera delle Regioni, come si afferma ormai da quarant’anni, e sin qui possiamo esserci. Però la revisione del Titolo V è pensata per ridurre l’autonomia e i poteri delle Regioni; la divulgazione delle malefatte delle Regioni – che sono molte di meno di quelle delle Camere, nelle quali la magistratura non può mettere becco – serve ad aggredirle sul piano costituzionale le Regioni e non certo a premiarle con maggiori poteri e funzioni…

Quindi?
Ma allora a che serve dare alle Regioni una Camera parlamentare con funzioni di controllo, di revisione costituzionale e, in alcuni casi, di legislazione ordinaria, se poi si riduce il ruolo istituzionale e politico delle Regioni? L’intero disegno è privo di logica e dal punto di vista costituzionale è anche molto debole.

Secondo lei le prossime elezioni europee condizioneranno l’iter delle riforme?
A mio parere sì. Il sistema elettorale per il Parlamnto europeo è proporzionale con soglia di sbarramento al 4%, riparto su collegio unico nazionale e ribaltamento dei seggi nelle 5 circoscrizioni. Se si prendono i sondaggi di questa settimana, manderanno deputati al Pe solo quattro partiti: Pd, FI, M5S e Ncd. Tutti gli altri sono sotto soglia; non escludo che il dato di Ncd sia un po’ sopravvalutato. A maggio i partiti sopra soglia potrebbero essere solo tre. Questi dati potrebbero confermare l’intento di avere una legge che ridimensioni il M5S e riduca la partita al Pd e a FI; ma – ripeto – potrebbe essere un conto senza l’oste.

Dunque, fatta la legge elettorale…
Fatta la legge elettorale, più che procedere ad altre riforme (costituzionali), penso che si avvicinino le elezioni politiche, anche perché la metà degli italiani già oggi chiede di licenziare il governo Letta e di ritornare al voto. Non escluderei che le elezioni europee servano da verifica per il voto a ottobre.

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