“Grillo è un leader in balia di quello che Lenin definiva il ‘cretinismo parlamentare’. La sua proposta politica non ha gambe nella società, ed è preda dei meccanismi interni delle istituzioni, dove per definizione la maggioranza la fa da padrona”. A osservarlo è Mario Capanna, leader storico del movimento studentesco ed ex deputato di Democrazia Proletaria. Negli ultimi giorni il M5S ha alzato i toni dello scontro, giungendo a chiedere l’impeachment del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.



Capanna, qual è la vera differenza tra la forza antisistema del movimento studentesco e quella di Grillo?

La questione di fondo è se l’attuale democrazia rappresentativa parlamentare sia autentica o largamente truccata. Democrazia proletaria poteva contare su sei deputati, quindi su un granello di sabbia all’interno del Parlamento. Avevamo però dei solidi legami nei gangli fondamentali della società: fabbriche, scuole, università, intellettuali. Pochi ricordano che lo scrittore Primo Levi si candidò con Democrazia proletaria alle elezioni regionali del Piemonte. Lo stesso vale per Ludovico Geymonat, il più grande filosofo contemporaneo della scienza.



Quali sono stati i risultati di questa azione?

Utilizzando questa base sociale di persone coscienti e pugnaci, e il fatto che cercavamo di tradurre in Parlamento una spinta della società, siamo riusciti a condizionare in notevole misura gli schieramenti di maggioranza. Il movimento dei parlamentari 5 stelle al contrario vede troppo nel Parlamento l’unico campo di battaglia. Il Parlamento è un luogo importante dal punto di vista politico, ma se il movimento che fa battaglia in Parlamento non ha gambe reali nella società la sua azione diventa facilmente eludibile. Si cade così in quella che possiamo chiamare “la trappola della maggioranza”.



In che cosa consiste questa trappola?

Anch’io numerose volte ho occupato i banchi del governo e le sedi della Commissione. La mia sensazione a volte è che i Grillini ci imitino, ovviamente avendo forze ben maggiori di quelle che avevamo noi all’epoca. Limitandosi a questa azione, danno però il destro alle forze di maggioranza e soprattutto ai grandi media di dire che il M5S è velleitario e impotente. Se Beppe Grillo in questo momento mi chiedesse un consiglio, gli risponderei citando Lenin: bisognerebbe evitare di cadere in quello che il leader russo chiamava il “cretinismo parlamentare”. Con questo si intende il diventare preda dei meccanismi interni delle istituzioni, dove per definizione le forze di maggioranza la fanno da padrone. Molto cambierebbe invece se si avessero gambe reali nei gangli della società, grazie a cui il peso della minoranza in Parlamento può notevolmente accrescersi.

La differenza tra Democrazia proletaria e il M5S è anche che la prima si basava sulle ideologie, la seconda soltanto su un leader carismatico?

La propensione carismatica non è solo del M5S. Se lei guarda Renzi nel Pd, tutto sommato vi è un fenomeno analogo, per non parlare di Berlusconi in Forza Italia. Questa è una conseguenza di quella democrazia rappresentativa truccata di cui parlavamo all’inizio. A contare non sono più tanto i programmi e le idee, ma grazie anche all’enorme incidenza dei media moderni a essere decisiva è la figura del capo, cui viene conferita una delega pressoché smisurata e dove l’elemento della personalizzazione, soprattutto nelle democrazie occidentali, è ormai l’aspetto principale.

 

Insomma non è solo un problema di casa nostra?

No, lo stesso vale negli Stati Uniti, dove il presidente Usa è eletto quando va bene da un quarto del totale degli aventi diritto al voto, in quanto calcolando i voti del candidato repubblicano e di quello democratico, si arriva sì e no al 50% scarso. Da un punto di vista del risultato democratico ciò è paradossale, ma è favorito dalla personalizzazione ormai molto forte. Si tratta di un elemento che, se si guarda attentamente, non rafforza ma indebolisce la democrazia rappresentativa.

 

(Pietro Vernizzi)