Palazzo Chigi, Nazareno, Quirinale. Alla fine le decisioni che segneranno le sorti della legislatura verranno prese in questo triangolo, su cui gli altri attori politici potranno influire solo dall’esterno. Da due mesi ormai, dalla vittoria di Matteo Renzi alle primarie democratiche, la situazione è paralizzata, un blocco che sta logorando entrambi i protagonisti, e rischia pure di mettere in seria difficoltà l’arbitro. 



Sin qui il nuovo segretario democratico e il presidente del Consiglio si sono studiati e stuzzicati. Ma il tempo delle attese è finito. Il parlamento è una bolgia paralizzata e le parti sociali sono concordi nell’invocare una spinta forte. Altrimenti meglio il voto, hanno scandito praticamente all’unisono Camusso e Squinzi.



Da Sochi Enrico Letta ha annunciato l’incontro decisivo con Napolitano, mentre i suoi fedelissimi annunciano che è pronto il programma del patto per un anno. Non ha scampo il premier, la prima mossa spetta a lui, che l’ha rinviata di giorno in giorno per capire cosa avrebbe fatto Renzi. Adesso è atteso al Quirinale con una proposta politica insieme al programma. Deve dire cosa gli serve per rilanciare l’azione del governo, se gli basterà un piccolo aggiustamento nella squadra, oppure no, mentre in parlamento si capirà se l’intesa sulla legge elettorale regge oppure no.



Ci sono liberi un posto da ministro (all’Agricoltura), due da viceministro e sei da sottosegretario rimasti vacanti dall’uscita di Forza Italia e dalle dimissioni di Fassina. Se Letta si accontenterà di sistemare questi, non avrà bisogno di una crisi formale. Se vorrà andare più in là, si parla di crisi pilotata, ma in Italia le crisi pilotate praticamente non esistono, e ci vuole un attimo per trovarsi fuori da palazzo Chigi. Per dar vita a un Letta bis servirebbero dimissioni, consultazioni e reincarico, e questo scatenerebbe molti appetiti. E al desiderio di Scelta Civica di essere rappresentata, si è andata sommando la richiesta di Nuovo Centrodestra, con Cicchitto, di sostituire nientemeno che il titolare dell’Economia, Saccomanni. Come a voler avvertire che i posti di quel partito non si toccano, a cominciare da quello di Alfano, finito nella lista dei “rimpastandi” per il suo doppio incarico di vicepremier e ministro dell’Interno. Una lista in cui da settimane si collocano anche i nomi di Zanonato e Cancellieri, mentre i renziani non dovrebbero entrare, con il segretario Pd che si dice allergico a questi riti da prima Repubblica.

Il secondo scenario possibile è quello delle elezioni a maggio. Fra gli uomini di Renzi c’è chi accusa Letta di aver rallentato la rinegoziazione del patto di coalizione proprio per far chiudere la finestra elettorale di primavera. 

Il problema è che si rischia di andare a votare con il proporzionale puro uscito dalla sentenza della Corte costituzionale, cosa che renderebbe inevitabile dopo il voto una riedizione del governo di larghe intese, magari con Renzi alla guida, ma con la necessità di imbarcare Forza Italia. Uno scenario che al sindaco di Firenze proprio non piace, ma che è meglio della palude. 

La terza via è quella di un governo di legislatura, sino al 2018, ma solo la guida di Renzi lo renderebbe credibile. È lo scenario che ha fatto esclamare al diretto interessato “Ma chi ce lo fa fare di andare al governo senza passare dal voto”. Eppure intorno a Renzi la pressione negli ultimi giorni si è fatta sempre più forte, anche se non mancano i moniti di chi, come Prodi, gli ricorda che rischia di fare la stessa fine di D’Alema nel 1998, cioè bruciarsi in assenza di legittimazione popolare. Ma i suoi insistono che, rimanendo lontano dalle leve del potere, il rischio di finire logorato nel sostegno a un governo Letta sempre più debole è altissimo. E allora meglio far proprio il nuovo slogan berlusconiano del “o la va o la spacca”, e giocarsela da Palazzo Chigi.

Certo, tutti e tre gli scenari che Renzi e Letta hanno davanti dovranno fare i conti con Napolitano. Il capo dello Stato auspica che sia questo governo, con ritocchi minimi, a garantire la governabilità per tutto il 2014, semestre europeo compreso. Ma l’immobilismo che ha favorito lo scatenarsi delle contestazioni a 5 Stelle in parlamento comincia a preoccupare seriamente il Quirinale. Un governo Renzi non è un’ipotesi gradita, quindi probabile si spiegherà un tentativo di fornire ancora un ombrello protettivo all’esecutivo che c’è. Ma se Letta fallirà l’operazione rilancio, gli altri due scenari diventeranno entrambi possibili.