“I poteri forti nel 2011 avevano bisogno che nel nostro Paese ci fossero un Parlamento debole e un governo stracciato, in modo da fare entrare un uomo della Goldman Sachs a Palazzo Chigi. Fecero dunque cadere il governo Berlusconi e al suo posto fecero arrivare Mario Monti”. Lo sottolinea Paolo Cirino Pomicino, ex ministro del Bilancio e della Funzione pubblica, commentando la lettera del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al Corriere della Sera



Nell’ultimo libro di Alan Friedman, “Uccidiamo il gattopardo”, sia Carlo De Benedetti sia Romano Prodi intervistati dall’autore avallano la tesi che l’idea di una chiamata di Mario Monti a Palazzo Chigi avesse già preso piede nel luglio 2011, e che quindi la crisi del governo Berlusconi fu in qualche modo “pilotata”. Per Napolitano però “nel corso del così difficile – per l’Italia e per l’Europa – anno 2011, Monti era un prezioso punto di riferimento per le sue analisi e i suoi commenti di politica economico-finanziaria sulle colonne del Corriere della Sera. Egli appariva allora – e di certo non solo a me – una risorsa da tener presente e, se necessario, da acquisire al governo del paese”. L’idea di un complotto è quindi “fumo, solo fumo”.



Pomicino, che cosa fece sì che nel novembre 2011 la scelta cadesse proprio su Mario Monti?

La scelta di Mario Monti come presidente del Consiglio era nell’ordine naturale. Nel novembre 2011 Berlusconi non ebbe più la maggioranza di governo alla Camera dei Deputati. Era così prevedibile, l’arrivo di Monti, che io lo scrissi già nel novembre 2008. Siccome non ho capacità divinatorie, quanto avvenne si spiega soltanto con il fatto che era nell’ordine naturale delle cose.

Quale fu il ruolo di Napolitano in questa vicenda?

Oggi si cerca di processare Napolitano, ma in realtà le motivazioni che spinsero Monti a Palazzo Chigi non dipesero affatto dal capo dello Stato. Siccome due italiani non possono svolgere contemporaneamente funzioni apicali nel contesto europeo, dopo la vittoria di Draghi davanti alla Corte costituzionale tedesca, il vicepremier tedesco Guido Westerwelle volle riportare Monti in auge e abbattere i liberali di turno.



 

Perché secondo lei era così prevedibile fin dal 2008 l’arrivo di Monti al governo?

Perché ormai si era già consumato lo scontro all’interno del Pdl. Si tenga conto che alla Goldman Sachs era da poco riuscita l’operazione Paulson negli Stati Uniti e la nomina di Mario Draghi come presidente della Bce. La Goldman Sachs decise quindi di portare al governo dell’Italia proprio Mario Monti, un altro dei suoi membri, nonché presidente della Commissione Trilaterale. Quanto avvenne nel nostro Paese fu quindi un accerchiamento.

 

Quindi quella sul ruolo della Goldman Sachs non è soltanto una teoria complottista?

I poteri forti e sovranazionali esistono, non dobbiamo pensare che siano una leggenda come la Spectre dei film di James Bond. Si tratta di interessi formidabili in grado di condizionare la politica. I poteri forti avevano bisogno che nel nostro Paese ci fosse un Parlamento debole e un governo stracciato, in modo che a rimpiazzarlo arrivassero gli uomini di Goldman Sachs guidati da Mario Monti.

 

Insomma Monti fu portato a Palazzo Chigi dai poteri forti della finanza e non da un autonomo processo politico?

La nomina di Monti fu un’operazione di tutti i poteri che volevano acquistare e che hanno acquistato nel corso degli anni 90 la ricchezza nazionale del nostro Paese, che Germania e Francia al contrario non si sono lasciate portare via.

 

(Pietro Vernizzi)