“Come fa Renzi a discutere con Alfano della Bossi-Fini?”. L’interrogativo lo pone Luca Casarini, ex leader del movimento no global. Il governo di Matteo Renzi sta prendendo forma e, per bocca dello stesso leader dem, l’esecutivo – nato in maniera quanto mai travagliata – dovrebbe essere pronto entro la fine della settimana. Ma le polemiche per le modalità con le quali l’ormai ex sindaco di Firenze è salito a Palazzo Chigi tengono banco. Il prossimo presidente del Consiglio ha già annunciato un’agenda che viaggia ad alta velocità: entro maggio riforma elettorale, fiscale, del lavoro e della Pa. Promesse da marinaio?



Matteo Renzi a Palazzo Chigi al posto di Enrico Letta: la mossa ha spiazzato e stupito molti. Le critiche al leader del Pd piovono da tutte le parti. Cosa sta succedendo?

Io, dalla mia, tento di non partecipare al derby delle tifoserie personalizzate perché ormai la politica italiana vive di una spettacolarizzazione la quale è sintomo della profonda crisi della democrazia rappresentativa. Il punto vero è che la politica è diventata – e questo caso ne è un fulgido esempio – l’utilizzo furbesco della tecnica costituzionale e istituzionale.



Ci spieghi.

Tutti fanno tattica, giocano a scacchi e sono abili nel manovrare le leve di un meccanismo astratto volto a mantenere uno status quo.

Mentre in concreto?

In tutto questo la democrazia è assolutamente occupata da una dinamica oligarchica. Nessuno o quasi riflette sul fatto che ormai è la minoranza degli italiani a partecipare alla democrazia: la maggioranza ne è esclusa. Un esempio concreto? Le elezioni regionali in Sardegna: solo la metà della gente è andata a votare. È una malattia che colpisce tutti i Paesi occidentali: l’attuale fase del capitalismo – che io chiamo neoliberismo – produce un vuoto che viene occupato da dinamiche oligarchiche. Si crea un circuito chiuso fatto di 10-20 persone, come quello dei grandi manager di stato, per rendere l’idea. Ruotano uno dopo l’altro, ma sono sempre loro.



I poteri forti, insomma.

Ci sono i grandi gruppi finanziari, una decina, che determinano l’accumulazione della ricchezza e il suo spostamento. Insomma, questo mondo qui è il mondo dell’esclusione. Io penso invece che si debba ripristinare e riconquistare una forma di democrazia reale, che non significa certo governabilità a tutti i costi, bensì misurarsi con i problemi quotidiani della maggioranza delle persone.

Lo scollamento tra politica e popolazione è sempre più marcato: questa situazione, a livello sociale, a cosa può portare?

A livello sociale, per adesso, porta al fatto che c’è un Paese reale che, massacrato, sta soffrendo, muore o si impoverisce sempre di più. Infatti non è che questi oligarchi abbiano poi prodotto risultati positivi per la vita della gente. Si continua a dire che “non c’è alternativa”, e quindi non si passa dalle urne perché non c’è un sistema elettorale adeguato a garantire la governabilità. Questo è il mantra, come lo è in Europa quello dell’austerity per gestire la crisi. 

 

Invece?

La verità è che il Paese, in questi anni, si è impoverito in maniera drammatica. Quest’oligarchia ci viene presentata come la cura di tutti i mali. Non è così: aumenta il male perché non affronta i temi e i veri bisogni dei cittadini. Basta dare uno sguardo al mondo del lavoro: precarizzazione diffusa, partite Iva soffocate, operai appesi a un filo… Ripeto, quest’oligarchia sta lavorando all’esclusione della maggioranza delle persone per mantenere i propri privilegi. Un manager che prende 4 milioni di euro all’anno per gestire (e distruggere) Telecom cosa produce? Niente.

 

Prima ha parlato dell’Europa e delle politiche di austerità. Napolitano aveva detto che non si può proseguire solamente in questo senso. Secondo lei cambierà qualcosa nei prossimi mesi?

Io credo che le dinamiche capitalistiche abbiano avvertito il limite del processo che hanno messo in moto con tutte queste politiche di rigore. Lo avvertono perché c’è un impoverimento spaventoso della società che può generare un problema di tenuta dell’ordine pubblico. Ma visto che il capitalismo vuole continuare a funzionare, è evidente che ci sarà un tentativo di ripristinare una governance politica in sostituzione di quelle agenzie in stile Troika. Tuttavia, non vedo una reale volontà di discostarsi – e di molto – dal solco tracciato dalle politiche di austerity e non vedo neanche alcuna classe dirigente intenzionata a farlo (anche perché correrebbero il rischio di mettere in discussione l’intero sistema economico e di produzione).

 

Insomma, le resistenze sono forti…

Esatto. Si tenterà forse la strada di alcuni accorgimenti soft, che non saranno comunque sufficienti. Bisognerebbe ripensare l’intero sistema (con politiche industriali, ecologiche e così via) con il fine ultimo di voler far star bene le persone. Ma dubito fortemente che metteranno in discussione il proprio potere e la propria ricchezza…

 

Torniamo invece a Renzi. Enrico Letta, prima di essere esautorato dal suo stesso partito, aveva presentato un programma che, nei fatti, non è stato neanche preso in considerazione. Matteo Renzi è stato incaricato premer senza averne presentato alcuno: è la vittoria del leaderismo sulle idee?

Questo sicuramente. Io penso infatti che Renzi e Berlusconi si piacciono tanto perché si assomigliano nel profondo. L’egemonia culturale prodotta in questi 20 anni di Berlusconi è ben lontana dal finire con Renzi. È chiaro che molti avevano riposto in lui delle speranze. È arrivato con il suo slogan della rottamazione del vecchio, ma qui si sta riproponendo un modello ancora più vecchio – l’oligarchia – e la personalizzazione estrema, a fronte di un sensibile impoverimento del dibattito politico e culturale.

 

Nel corso della telefonata scherzo de La Zanzara con il finto Nichi Vendola, Fabrizio Barca ha espresso le proprie perplessità su Matteo Renzi dicendo “tra 30 giorni quando si capisce che non c’è niente…”

Io dico questo: è possibile pensare che con le larghe intese a maggioranza variabile nei prossimi 4 mesi – come ha datto Renzi – facciano la riforma elettorale, del lavoro, del fisco e della pubblica amministrazione? E posto anche il caso che ci riuscisse, che senso avrebbe allora rimanere fino al 2018? A me sembra un videogioco dove vengo sbandierati obbiettivi-slogan, ma la realtà – dei precari, degli operai e via così – è ben diversa. Tanto fumo negli occhi e poco arrosto, mentre il Paese va allo scatafascio.

 

(Fabio Franchini)