“Napolitano è stato sfiduciato dai poteri forti della finanza americana attraverso Alan Friedman, e appena il governo Renzi passerà l’esame del Parlamento il capo dello Stato si dimetterà”. Ne è certo Piero Sansonetti, direttore de Gli Altri ed ex direttore di Liberazione. Due le scelte chiave nella nomina della squadra di governo: agli Esteri esce Emma Bonino ed entra Federica Mogherini, alla Giustizia arriva Andrea Orlando anziché Nicola Gratteri come si prevedeva. Napolitano aveva posto come unica condizione per l’incarico a Renzi che la Bonino fosse confermata, ma è stato disatteso.
Perché Renzi non ha ascoltato la richiesta del capo dello Stato?
Il vero motivo è che Napolitano ormai è in uscita. Se questo governo avrà la fiducia e la situazione politica si stabilizzerà, il presidente della Repubblica lascerà il suo incarico. In questo momento il capo dello Stato sta perdendo tutte le battaglie, e da quando è stato sfiduciato da Alan Friedman non conta più nulla. Re Giorgio è sceso dal trono.
Davvero un articolo di Alain Friedman basta per licenziare il presidente della Repubblica?
Alan Friedman rappresenta alcuni poteri forti, cioè una parte consistente della borghesia italiana con riferimenti oltreoceano, la quale ha deciso che è finita l’epoca di Napolitano. Friedman attraverso il Corriere ha delegittimato Napolitano, lo ha accusato di golpe, e da allora il presidente della Repubblica ha perso tutto il suo potere. Il fatto che Renzi si sia permesso di disattendere le richieste del Colle, mettendo la Mogherini al posto della Bonino, ne è la dimostrazione.
Può spiegare meglio quali sono i poteri forti che hanno sfiduciato Napolitano?
Si tratta dell’alta finanza più legata agli Stati Uniti, che si contrappone a quella più legata alla Germania che aveva appoggiato a lungo Napolitano.
L’alta finanza Usa ha il potere di cacciare un presidente della Repubblica?
Gli Stati Uniti sono una potenza che in Italia ha sempre contato molto. Negli ultimi tempi era un po’ passata in secondo piano rispetto all’alta finanza europea e tedesca. Ora l’alta finanza a stelle e strisce è tornata in auge e appoggia in modo evidente la scelta di Renzi.
Che cosa ne pensa della scelta di nominare Andrea Orlando come ministro della Giustizia?
Inizialmente si era parlato di una nomina del procuratore Nicola Gratteri, un bravo investigatore ma che non ha la minima idea di che cosa sia il diritto. Era un’ipotesi terrorizzante, rispetto a cui qualsiasi altro ministro tra cui lo stesso Orlando va accolto con un respiro di sollievo.
Che cosa cambierà per la giustizia con Orlando?
Orlando ha un orientamento liberale e garantista, ma il partito dei giudici è sempre molto forte e lo si è visto in occasione del caso Cancellieri. L’ex ministro è stato spazzato via dalle indiscrezioni dei giudici sul caso Ligresti in quanto era favorevole all’amnistia che parte dei magistrati non vuole.
E quindi?
Il fatto che Orlando abbia delle posizioni ragionevoli, non implica necessariamente che abbia la forza per opporsi al partito dei giudici, e molto dipenderà da quali saranno le intenzioni di Renzi. Il rapporto speciale del premier con Berlusconi lascia immaginare che il nuovo governo dia alcune garanzie sul piano della giustizia. Io però non mi fido mai molto, in quanto la storia di questo Paese negli ultimi 20 anni documenta che i giudici hanno sempre un potere enorme.
Ora che Renzi è al governo, chi lo sostituirà come segretario del Pd?
Renzi manterrà la doppia carica, anche perché non ha dei vice che possano avere un prestigio sufficiente per fare il segretario del Pd.
Lo ritiene un fatto normale?
Noi ci troviamo ad avere un governo che è del tutto fuori dalle regole democratiche. La democrazia è stata del tutto sospesa, la relazione tra questi 16 ministri e le urne è pari a zero, con le sole eccezioni di Lupi e Alfano. Che anche nel Pd ci sia una momentanea sospensione della democrazia, non rappresenta il principale problema in Italia.
Perché vede una sospensione della democrazia in Italia?
Perché gli elettori avevano votato un altro premier, cioè Bersani, il quale era uscito vincitore dalle primarie, mentre secondo era arrivato Berlusconi. Bersani ha vinto le elezioni ma è scomparso, mentre Berlusconi è uscito dal parlamento. Il rapporto tra questo governo e gli elettori è quindi praticamente pari a zero.
(Pietro Vernizzi)