Ogni giocatore di carte sa che il bluff può reggere solo sino alla fine della partita. Può portare alla vittoria, oppure no, in ogni caso viene svelato. Anche per Matteo Renzi il momento della verità è arrivato: quando entrerà nell’aula del Senato per pronunciare il suo discorso programmatico da premier dovrà mettere le carte sul tavolo, e tutti potranno vederle.



Renzi sa che ha gli occhi puntati addosso e che a questo momento non si potrà sottrarre. Sa anche che tutti, alleati ed avversari, pretendono chiarezza, perché ci sono parecchi punti su cui deve dire una parola, che si spera definitiva. C’è il programma economico per fare ripartire l’economia italiana, in primo luogo. È questo un tema su cui il neo premier non si potrà limitare a una diagnosi dei tanti problemi aperti, dovrà andare al di là dei semplici titoli, indicando delle linee d’azione, che inevitabilmente scontenteranno qualcuno. 



Sul piano più squisitamente politico, però, Renzi non potrà evitare di sfuggire al tema delle riforme, sul quale grava una nebbia sospetta. Delle due l’una: o esiste un patto, scritto o a voce, con il Nuovo Centrodestra per legare riforma del Senato e della legge elettorale, in modo da ritardare la seconda, oppure la scrittura dell’Italicum continuerà come previsto dal “patto del Nazareno”. Renzi, insomma, dovrà dire se la bugia è stata detta ad Alfano e Lupi, oppure a Berlusconi.

Di sicuro il discorso programmatico sarà il primo banco di prova di un’affidabilità su cui in parecchi cominciano a nutrire qualche dubbio. Ma sulla legge elettorale probabile che la verità stia nel mezzo. È probabile cioè che a Berlusconi sia stato promesso un iter spedito per l’Italicum che ci sarà alla Camera, ma che probabilmente rallenterà al Senato, in attesa della riforma del medesimo. Non potrebbe essere altrimenti, dal momento che il sistema escogitato da Renzi con la collaborazione di Denis Verdini ha la certezza di funzionare solamente in un sistema sostanzialmente unicamerale (dove cioè una sola camera “politica” dà la fiducia al governo). Con sette classi (dai 18 ai 25 anni) di scarto fra Camera e Senato, la possibilità di avere due maggioranze differente nei due rami del parlamento è piuttosto elevata.



Ad Alfano e Lupi è stata fatta la promessa speculare, quella di agganciare le due riforme, con l’effetto di ritardare l’entrata in vigore della nuova legge elettorale ed allontanare lo spettro di un voto che oggi Nuovo Centrodestra non sarebbe in grado di sopportare perché priva di un’organizzazione e di un radicamento.