Era una formalità, ma anche l’atto per varare ufficialmente il governo Renzi. La Camera dei deputati ha votato la fiducia con 378 sì e 220 no (e un solo astenuto). Rispetto alla seconda e ultima fiducia incassata dall’esecutivo Letta nel dicembre 2013, un voto in meno e otto contrari in più. È stata una lunga giornata: il premier ha iniziato il suo discorso alle 16.48 e nel corso del pomeriggio e della serata non è mancata (proprio come ieri nella maratone del Senato) la bagarre con il Movimento 5 Stelle (“Renzi e Padoan figli di troika”).
Dopo le dichiarazioni di voto, è iniziata alla Camera la prima chiama dei deputati per il voto di fiducia al governo guidato da Matteo Renzi. Il voto è palese, quindi ogni deputato, dopo essere stato chiamato, passa davanti al banco della presidenza e dichiara a voce alta il proprio voto.
“Diciamo no alla fiducia al governo Renzi per la stessa ragione per la quale dicemmo no al governo Letta, perché la guida della Nazione deve essere diretta emanazione della volontà popolare e non frutto di manovre di palazzo”. Lo ha detto Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia nell’Aula della Camera nella dichiarazione di voto sulla fiducia al governo Renzi. “Non saremo mai complici di chi intenda sottomettere la nostra libertà agli interessi di chicchessia”, ha aggiunto, dicendo di essere “felice che andiate a Tunisi, ma sarei ancora più felice se andaste in India a far liberare i nostri marò”.
Il deputato del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, ha pubblicato su Facebook i biglietti scambiati oggi in Aula tra lui e Matteo Renzi. “Tanti giornalisti mi contattano perché stamattina in Aula hanno visto uno scambio di biglietti (iniziato da lui) tra me e Matteo Renzi. Li hanno definiti pizzini tra Renzi e Di Maio. Ci conoscete, massima trasparenza, li leggerete a breve”, aveva annunciato l’esponente grillino, che quindi ha reso nota la conversazione con il premier. “Scusa l’ingenuità caro Luigi – recita il primo biglietto scritto da Renzi – Ma voi fate sempre così? Io mi ero fatto l’idea che su alcuni temi potessimo davvero confrontarci. Ma è così oggi per esigenze di comunicazione o è sempre così ed è impossibile confrontarsi? Giusto per capire. Sul serio senza alcuna polemica. Buon lavoro. Matteo Renzi”. Di Maio quindi risponde: “Ciao, 1) Guida al regolamento: i banchi del Governo devono essere liberi da Deputati quando qualcuno parla in Aula. Il Governo è tenuto ad ascoltare i Deputati. La Boldrini doveva richiamare la Polverini. Non lo ha fatto”. Poi il punto numero 2: “Forse non è chiaro che in un anno abbiamo visto di tutto. Abbiamo visto la tua maggioranza votare in 10 mesi: – 2,5 miliardi di euro di condono alle slot machine – 7,5 miliardi di euro alle banche – 50 miliardi di euro per gli F-35. Che ti aspettavi gli applausi?”. Renzi replica: “Capisco. Se vedi occasioni reali di dialogo nell’interesse dei cittadini (a me della parte mediatica interessa il giusto: ognuno fa la sua parte). Fammi sapere.So che parli con Giachetti. Se ti va bene utilizziamo lui come contatto. Se ci sono cose fattibili insieme alla luce del sole, nell’interesse degli italiani, io ci sono. Buon lavoro”. Io parlo con Giachetti perchè lavoriamo insieme ogni giorno – risponde Di Maio – Come tanti nostri colleghi che lavorano in commissione. Il Parlamento serve a questo. Però ora basta con questi biglietti berlusconiani. Ci vediamo alla prova dei voti, in Aula, davanti al Paese intero”.
Terminato l’intervento di Matteo Renzi, sono iniziate le dichiarazioni di voto alla Camera. “Io sono qui per fare il mio doppio dovere: votare la fiducia e abbracciare Enrico Letta”, ha detto Pier Luigi Bersani uscendo dall’aula di Montecitorio. “Benché mi pare che questo governo non abbia tra le sue qualità migliori l’umiltà – ha aggiunto – è pur sempre un governo che ha bisogno di aiuto e questo aiuto bisognerà darglielo”. L’ex segretario del Pd ha poi concluso: “Per come si è svolta questa vicenda e per come il presidente del Consiglio ha interpretato questo voto di fiducia, da domani gli italiani vorranno misurare lo spread tra parole e fatti”.
Nella parte finale della replica in Aula alla Camera, Matteo Renzi ha parlato di riforme, a cominciare dall’abolizione delle province: “Chiedo alle opposizioni di fare uno sforzo; se non siete d’accordo con il ddl Delrio aiutateci a migliorare il Titolo V, ma evitate che il 25 maggio 46 nuovi presidenti di Provincia siano eletti e insediati”, ha detto il premier, annunciando che le principali riforme, sia istituzionali che economiche, dovranno essere attuate prima dell’avvio del semestre di presidenza italiana dell’Ue, quindi entro il mese di luglio. “C’è un’emergenza occupazionale – ha aggiunto – il dato del 12,6 per cento di disoccupazione non è solo un numero. A queste esigenze si risponde con il coraggio di rivoluzionare il sistema economico e normativo del paese”. Riguardo poi la riduzione del cuneo fiscale, “la doppia cifra è riferita ai miliardi e non alle percentuali. Se se si riduce di 10 miliardi non credo sia giusto fare sorrisi ironici, se arriveranno contributi anche su questo tema da opposizioni vi saremo grati”. Infine un ultimo pensiero ai due marò italiani trattenuti in India: “Il loro senso dell’onore richiede da parte del nostro governo un identico senso dell’onore che non mancherà nel tentativo di risolvere rapidamente la vicenda”.
Prosegue il discorso di Matteo Renzi nell’Aula della Camera: “Nel ’92-’94 si è toccato il punto più basso della politica – ha detto – lo Stato sembrava inerte, sconfitto, i figli migliori del nostro Paese venivano mandati al martirio. Per questo quando sento parlare di mafia con leggerezza, quando sento parlare di pizzini, avverto un brivido dolore”. Il premier ha poi parlato del Pd, un partito in cui “non abbiamo un confronto formale. Quando c’è da discutere, confrontarci e litigare lo facciamo. Ma senza poi dividerci”. “Quando ho perso alle primarie – ha aggiunto – Bersani non mi ha cacciato dal Pd, e il fatto che oggi sia qui è il segno di uno stile non solo personale ma politico. Siamo il Pd, siamo un partito democratico. Comprendiamo la difficoltà di capire la democrazia interna, ma è una cosa positiva, provatela anche voi, non fa male e consente di essere delle persone migliori”. In Europa, ha detto ancora il presidente del Consiglio, l’Italia “ha un grado di difficoltà maggiore rispetto agli altri Paesi, che non nasce nell’ultimo anno o due, non è una responsabilità degli ultimi due governi, è un problema che abbiamo da quindici anni. L’Italia non cresce come il resto dell’Europa”. Per questo “abbiamo un’unica chance: prendere ora, qui e adesso l’occasione della timida ripresa che si sta affacciando, per fare l’unica cosa che possiamo fare: cambiare profondamente il nostro Paese, a partire dalla giustizia civile, dal fisco, nella concretezza di tutti i giorni la vita quotidiana degli imprenditori”. Il “cambiamento radicale” di cui ha già parlato ieri “avrebbe meritato un passaggio elettorale, lo dico a chi lo ha sottolineato anche oggi più volte. Ma lo avrebbe meritato se ci fossero state le condizioni per avere il giorno dopo una maggioranza stabile. Se noi fossimo andati a un passaggio elettorale ci saremmo trovati nelle stesse identiche condizioni esattamente di un anno fa”, ha precisato Renzi.
Nell’Aula della Camera, dopo il dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio e i quattro interventi a titolo personale previsti, pochi minuti fa ha preso la parola Matteo Renzi per la replica. La prima citazione del premier è per don Lorenzo Milani: “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”, ha detto Renzi citando una frase tratta da “Lettera a una professoressa”. Il capo del governo ha quindi fatto sapere che il primo viaggio istituzionale, da fare insieme al ministro Mogherini, “non sarà a Bruxelles o negli Stati Uniti, ma nel Mediterraneo, a Tunisi, la prossima settimana”. Poi ha ribadito: “Il grande dramma di una mancanza di una legge elettorale chiara è il fatto che impedisce al cittadino di dare una responsabilità e una colpa. Per questo governo non ci devono essere alibi, Se non riusciremo la responsabilità sarà mia. Questo non è un atto di coraggio, ma di lealtà”.
E’ stato accolto con un lungo e caloroso applauso il ritorno di Pier Luigi Bersani nell’Aula della Camera dopo la malattia. “Sto bene. E voi?”, ha risposto l’ex segretario del Pd ai giornalisti davanti a Montecitorio. Anche il premier Matteo Renzi ha voluto salutarlo su Twitter: “Grazie a @pbersani per essere in aula oggi. Un gesto non scontato, per me particolarmente importante. Grazie”. Intanto, mentre in aula prosegue la discussione, Palazzo Chigi ha fatto sapere che Renzi “ha ricevuto dal premier britannico, David Cameron, gli auguri di buon lavoro e l’apprezzamento per l’agenda di riforme delineata in Parlamento. Nel corso della cordiale conversazione telefonica, i due leader hanno condiviso l’obiettivo di promuovere politiche europee in grado di sostenere la crescita economica. I due governi – si legge ancora nella nota – proseguiranno la stretta collaborazione bilaterale sui temi politici ed economici e del comune impegno sulle principali questioni dell’agenda internazionale”.
Beppe Grillo torna all’attacco e pubblica un nuovo post per descrivere la giornata di ieri a Palazzo Madama conclusasi con la fiducia al governo Renzi: “Più che un Senato sembrava una stalla – scrive il leader del Movimento 5 Stelle – un albergo a ore con gente che andava, gente che veniva, dall’aspetto improbabile, dalla cravatta da 5 euro. La fiducia a Renzie è stato un grande spettacolo, una magnifica sceneggiata post moderna, post politica, post tutto. Oltre non c’è più nulla”. Secondo Grillo “hanno ragione coloro che temono per il loro futuro e dicono che questo governo è l’ultima spiaggia, l’ultima fragile barriera prima del trapasso dei partiti. C’era un’atmosfera strana in quell’emiciclo, da trasloco, da fine dei tempi”. Il premier “sedeva annoiato come un giovin signore” e, mentre “oratori assassinavano il vocabolario italiano con i loro discorsi”, lui “giocava con lo smartphone, inviava messaggi, leggeva Facebook, stracciava pezzi di carta con l’aria di chi considera l’interlocutore un insetto fastidioso. Nessuno che gli abbia chiesto di ascoltare, di alzare gli occhi bovini verso di lui mentre gli parlava”. Intanto i senatori erano “riuniti in capannello per guardare un tablet. Qualcuno addormentato come un sasso. Spazi vuoti come a un comizio di Giovanardi. C’era uno che faceva gargarismi e un altro che aveva evidenti problemi con la dentiera. Una tristezza. Questo è il Senato della Repubblica”, spiega ancora Grillo, che poi conclude: “E’ il nuovo miracolo italiano. Uno come Renzie presidente del Consiglio è infatti un miracolo delle lobby”.
“Ciao Matteo, devo dirti in due minuti che stai sbagliando. La nostra generazione sta andando al governo non con il voto popolare ma con una manovra di palazzo che neanche Mariano Rumor avrebbe fatto”. Tuttavia, dice Pippo Civati al premier Matteo Renzi durante il suo intervento in Aula, “ho deciso di votare la fiducia”. Lo stesso Civati aveva parlato poco prima ai microfoni di Sky Tg24: “Non siamo malpancisti, siamo razionali. A me sembra un pasticcio incredibile quello che stiamo facendo. Nessuno ha voluto prendere in considerazione il disagio al Senato, ma segnalo che se non ci fossero stati i perfidi senatori civatiani la maggioranza l’avrebbero assicurata soltanto i senatori a vita”. “Ci sono tante questioni politiche in gioco – aveva concluso – però non accetto il ricatto che se io non votassi la fiducia dovrei uscire dal PD, un progetto stremato ma nel quale credo ancora”.
Stefano Fassina darà la fiducia al governo Renzi, ma “non sarà una fiducia in bianco. Quanto al programma do la più ampia disponibilità possibile, ma valuterò il merito dei provvedimenti. Il merito guiderà le mie scelte”. Queste le parole dell’esponente bersaniano del Partito Democratico durante il suo intervento alla Camera: “In una democrazia parlamentare – ha comunque spiegato – la responsabilità politica è condivisa da chi vota i provvedimenti. Noi non lasceremo solo il governo. La solitudine al comando non funziona, la storia del ventennio alle nostre spalle lo dimostra”. Nonostante ciò, nelle proposte elencate dal premier “prevale ancora una sostanziale continuità con il paradigma economico in corso, un paradigma che non funziona”. Riguardo al Jobs Act, ad esempio, “per favore – ha detto Fassina – no a un altro intervento sulle regole del mercato del lavoro. Non funziona. La variabile decisiva è l’innalzamento della domanda aggregata. E questo vuol dire investimenti e equità”. L’ex viceministro ha quindi invitato Renzi a dire “una parola di rassicurazione alle decine di migliaia di persone cosiddette esodati, trattate brutalmente dallo Stato”.
Mentre prosegue alla Camera la discussione sulle dichiarazioni programmatiche del premier Matteo Renzi, sembra che Roberta Lombardi, deputata ed ex capogruppo del Movimento 5 Stelle a Montecitorio, abbia presentato una denuncia nei confronti della presidente della Camera Laura Boldrini. Lo apprende l’agenzia Adnkronos, e sembra che il motivo sia la recente partecipazione della terza carica dello Stato a “Che tempo che fa”, trasmissione condotta da Fabio Fazio su Rai Tre durante la quale la Boldrini commentò la bagarre in aula a seguito della “ghigliottina” posta sul decreto Imu-Bankitalia. Beppe Grillo rispose con un video ironico pubblicato sul suo blog che, secondo la Boldrini, era “istigazione alla violenza, basta vedere i commenti, tutti a sfondo sessista”. “Vuol dire – aveva aggiunto – che chi partecipa al quel blog non vuole il confronto ma offendere e umiliare. Sono potenziali stupratori”. E da qui la denuncia. La presidente della Camera poi aggiunse: “Quello che è accaduto è una terribile onda di violenza scagliatasi contro il governo e la presidenza. Ho visto persone che non erano in grado di contenersi, due deputati mi hanno detto qualsiasi ingiuria o insulto perché non erano in grado di fermare l’azione violenta. Questo non è concepibile”.
Dopo i 39 senatori intervenuti ieri, oggi sono cinquantuno i deputati iscritti a parlare nel dibattito che è iniziato alle 10 di stamattina nell’Aula della Camera sulle dichiarazioni programmatiche del premier Matteo Renzi. Il primo a prendere la parola è stato Dario Nardella del Pd, vicesindaco di Firenze. Poi è toccato al capogruppo del Movimento 5 Stelle, Fabio Sibilia, che si è subito scontrato con la presidente della Camera Laura Boldrini. “Lei parla di un fisco amico, un fisco diverso. Mi verrebbe da dire ‘come se fosse antani'”, ha detto il parlamentare grillino citando una battuta del film “Amici miei”. Poi ha aggiunto, scatenando la reazione della Boldrini: “A Mattè sveglia!”, ha detto Sibilia. “Si esprima in modo adeguato”, ha replicato la presidente dell’aula. “Tu, Matteo Renzi, e il ministro Padoan siete figli di troika”, ha concluso il deputato 5 Stelle.
Ha preso il via nell’Aula della Camera la discussione sulle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio Matteo Renzi, dopo la fiducia ottenuta ieri dal Senato. Il premier è arrivato questa mattina a Montecitorio e adesso è seduto ai banchi del governo. Intanto il Movimento 5 Stelle è già partito all’attacco e ha annunciato che mercoledì presenterà due mozioni di sfiducia nei confronti dei ministri Federica Guidi e Giuliano Poletti, rispettivamente per lo Sviluppo Economico e del Lavoro. Come ha detto il capogruppo M5S a Palazzo Madama Vincenzo Santangelo durante il suo intervento in Aula, Guidi si trova “in un indegno e gigantesco conflitto di interessi”, visto che si tratta di “una pedina di Berlusconi” messa “in un ministero che controlla il dicastero delle Comunicazioni”. Poletti, invece, sarebbe in una situazione di conflitto di interessi perché legato “alle coop rosse”.
A Renzi resta da ottenere solo il voto di fiducia al governo alla Camera, evento seguibile in tv e diretta streaming su internet. Dopo quasi undici ore di dibattito, il governo guidato da Matteo Renzi ha ottenuto ieri la fiducia del Senato. I voti a favore sono stati 169 (quattro in meno di quelli ricevuti dal governo Letta), 139 i contrari. I “sì” sono così distribuiti: 107 dal Partito Democratico, 31 dal Nuovo Centrodestra, 8 da Scelta Civica, 11 da Per l’Italia, 11 dal Gruppo Autonomie e 1 da Gal. Tra i senatori a vita, erano presenti solamente Mario Monti e Carlo Rubbia (hanno quindi saltato la votazione Carlo Azeglio Ciampi, Laura Cattaneo e Renzo Piano). Oggi è la volta della Camera e il presidente del Consiglio è tornato a farsi sentire su Twitter questa mattina alle 7: “Ok il Senato, adesso la Camera. Poi si inizia a lavorare sul serio. Domani scuole, lavoratori, imprenditori, sindaci a Treviso”, ha scritto Renzi. Al contrario di ieri, quando l’esito del voto è arrivato solamente in tarda serata, si dovrebbe conoscere il risultato delle operazioni già intorno alle 20.
Dopo il voto di fiducia del Senato, è la volta della Camera. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi sarà a Montecitorio dalle 10, dove fino alle 16 si svolgerà la discussione generale, come stabilito ieri dalla conferenza dei capigruppo. Poi, dalle 16 alle 18.30, è prevista la replica del premier e le dichiarazioni di voto con diretta televisiva e, infine, la votazione dalle 18.30 alle 20. “Questo è il tempo del coraggio, che non esclude nessuno e non lascia alibi a nessuno”. Così il capo del governo ha concluso il suo intervento di ieri nell’Aula del Senato. “L’opportunità non è pari, è dispari: ce n’è solo una – ha detto – C’è una sola occasione. Se dovessimo perdere non cercheremo alibi, se dovessimo perdere questa sfida la colpa sarebbe solo mia”. Riguardo le riforme prioritarie da attuare, Renzi ha assicurato che “l’Italicum è pronto per essere discusso alla Camera. E’ una priorità ed è una prima parziale risposta all’esigenza di evitare che la politica perda ulteriormente la faccia”, spiegando che “politicamente esiste un legame netto” con la riforma del Senato e con quella del titolo V della Costituzione. “Sono tre parti della stessa cosa”, ha chiarito. Secondo il premier è poi “arrivato il momento di mettere nel mese di giugno all’attenzione di questo Parlamento un pacchetto organico di revisione della giustizia che non lasci fuori niente. Parto dalla giustizia amministrativa”. Tra le varie proposte annunciate c’è anche quella di “inviare a tutti i dipendenti pubblici e pensionati, direttamente a casa magari usando la tecnologia, la dichiarazione dei redditi precompilata”. Questo perché il “fisco non deve più essere un nemico ostile che fa paura”, ma deve diventare “una sorta di consulenza che fa al cittadino”. Mentre il presidente del Consiglio parlava, Beppe Grillo ha lanciato un nuovo attacco su Twitter: “Renzie rappresenta le banche e i poteri forti, è giovane ma allo stesso tempo vecchio. Non è credibile. #SfiduciamoRenzie”, ha scritto il leader del Movimento 5 Stelle.