Un piccolo caso, quello che ha visto coinvolto il deputato grillino Angelo Tofano, balzato agli onori della cronaca per la gaffe sul “boia chi molla” pronunciata al termine di un suo discorso in aula. Frase pronunciata con orgoglio senza rendersi conto che era un noto slogan dei tempi del fascismo. E’ cominciato tutto con un articolo denuncia del quotidiano napoletano Il Mattino, in cui si adombrava la creazione di una società srl creata ad arte per evitare di pagare gran parte dei contributi dovuti ai suoi “portaborse”. Ecco cosa si leggeva nell’articolo: “Nel suo rendiconto presentato sul sito M5S è preciso nel documentare quanta parte del proprio stipendio ha restituito. Per i collaboratori, tuttavia, ha inventato un sistema tutto suo: ha infatti creato la ditta individuale «Tofalo Angelo» con indirizzo in Pellezzano. Tipo di azienda: «A1 – azienda con una sola posizione, senza unità operative, non autorizzata all’accentramento contributivo», per «attività dei partiti”. Si tratta di due assunzioni part time ma a tempo indeterminato per avere le agevolazioni previste dalla legge 407 del 1990: “per soggetti disoccupati da più di 24 mesi residenti nelle regioni del Mezzogiorno, l’esenzione totale dal pagamento dei contributi previdenziali, contributi che vengono coperti dall’Inps, cioè da tutti”. Una soluzione che, aggiungeva poi l’Ansa in un suo articolo, usata da diversi altri parlamentari tra cui anche il vice presidente della Camera Luigi Di Maio, si legge, anche lui un cinque stelle. Di Maio ha prontamente smentito le accuse dell’Ansa. In un comunicato ha precisato che “non ha mai creato ditte a suo nome, non ha mai usufruito di sgravi contributivi per il Sud Italia ne’ ha mai utilizzato scorciatoie per non pagare contributi. Le consulenze rendicontate riguardano professionisti, che emettono regolare fattura e versano i propri contributi alle relative casse previdenziali di appartenenza”. Queste le ragioni, spiega, perché non deve versare direttamente i contributi.