Dopo Matteo Renzi, ha preso la parola anche il presidente del Consiglio, Enrico Letta: “Galleggiare non è possibile, altrimenti problemi non si risolvono”, ha chiarito il premier, assicurando il proprio “impegno e convinzione profonda perché si faccia con un gioco di squadra, alcune cose a maggioranza più larga e altre alla responsabilità di governo che ci compete tutti insieme”. “Dobbiamo trovare le intese e la duttilità per consegnare un risultato efficace sulla legge elettorale – ha aggiunto – il mio impegno c’è tutto, è un’occasione irripetibile, se la cogliamo il Pd sarà protaqonista della storia del Paese altrimenti staremo nelle cronache piccole e secondarie”. Secondo il capo del governo “ci sono due grandi questioni che sono quelle che nel 2014 abbiamo la grande opportunità, noi che siamo in questa stanza, di portare a soluzione. Se ci riusciamo, questa nostra comunità salva il Paese nei punti in cui è affondato e torna in contatto con il Paese. Se non riusciamo in questa complessa operazione, i problemi che hanno portato al voto di febbraio resteranno tutti lì”. Poi ha concluso: “Dobbiamo arrivare prima delle elezioni europee, avendo il Pd il risultato della legge elettorale approvata e del primo passaggio significativo delle altre due riforme. Questo ci darebbe un grande segnale ed è quello che i grillini non vogliono. Su questo c’è il mio impegno e la convinzione che i due temi, riforme e risposta alla crisi, debbono stare legati, collegati a un gioco di squadra”.



Legge elettorale, riforme, stabilità del governo e future alleanze. Sono questi i principali punti toccati da Matteo Renzi nel suo intervento durante la direzione nazionale del Pd andata in scena oggi a Roma: “Con molta franchezza – ha detto il sindaco di Firenze – trovo discutibili alcune reazioni di queste ore e giorni per cui forti di alcuni sondaggi con l’Italicum vince Berlusconi. Le elezioni si vincono o si perdono se si prendono i voti non se si cambia sistema elettorale”. Se si andasse alle elezioni con l’Italicum “e un’alleanza Berlusconi-Bossi-Casini ci battesse, il problema saremmo noi – ha sottolineato il leader democratico -. Se dopo 20 anni la nostra capacità di prendere i voti è tale che basta che Casini vada si là e Bossi stia con Berlusconi per impaurirci, il problema ce l’abbiamo noi”. Alle prossime elezioni “vedo un simbolo del Pd, ma accanto do per scontato sia un raggruppamento di moderati che non vuole stare con il Pd ma neanche dall’altra parte e presumibilmente una parte della sinistra”, ha chiarito Renzi, il quale è poi passato a parlare delle riforme: “Se vogliamo fare davvero la Camera delle autonomie per la conformazione storica, geografica e di politica culturale dell’Italia, deve essere incentrata più sui sindaci che sui consiglieri regionali. Ma non è una bandiera su cui imporre il verbo: si apra una discussione”. Per quanto riguarda infine l’ipotesi rimpasto, il primo cittadino fiorentino ha ribadito che ogni giudizio sul governo e sui ministri “spetta innanzitutto al presidente del Consiglio: se ritiene che le cose vadano bene come stanno andando, che vada avanti. Se ritiene che ci siano dei cambiamenti da apporre, affronti il problema nelle sedi politiche e istituzionali, indichi quali e giochiamo a carte scoperte”.



Va in scena alle 16 di oggi a Roma, presso la sede di via Sant’Andrea della Fratte, la direzione nazionale del Partito Democratico in cui il segretario Matteo Renzi presenterà la sua proposta di riforma del Senato già anticipata in parte nelle scorse ore. “Il Senato deve diventare camera delle autonomie – ha spiegato il sindaco di Firenze durante un convegno di Confindustria a cui è intervenuto – Immaginiamo un Senato non elettivo, senza indennità, 150 persone, 108 sindaci dei comuni capoluogo, 21 presidenti di regione e 21 esponenti della società civile che vengono temporaneamente cooptati dal Presidente della Repubblica per un mandato”. A differenza di come è attualmente, cioè con gli stessi poteri della Camera dei deputati, il Senato che ha in mente Renzi “non vota il bilancio, non dà la fiducia ma concorre all’elezione del Presidente della Repubblica e dei rappresentanti europei”. Parlando delle altre riforme da attuare, il segretario del Pd ha aggiunto: “Vogliamo che il 25 maggio non si voti per le Province, perché non c’è l’accordo di tutti i partiti. Il decreto avrà in queste ore la svolta al Senato. Consentirà di avere province di secondo livello, con sindaci protagonisti ancora una volta”.