L’agenda economica di Matteo Renzi dovrebbe costare – secondo chi gli ha fatto i conti in tasca – intorno ai 100 milioni di Euro. I punti principali del suo ambizioso programma sono lo “sblocco” totale dei debiti della Pubblica Amministrazione, la riduzione di 10 miliardi del cuneo fiscale e il taglio dell’Irap e dell’Irpef.  Dove trovare i soldi per una manovra di tali proporzioni? Il presidente del consiglio punta a recuperarli attraverso una decisa riduzione della spesa pubblica e tramite la cassa depositi e prestiti, ma non è escluso che si vada ad attingere dalle risorse postali e dalle rendite finanziarie, con un possibile aumento delle tasse sulle stesse. Venerdì mattina il Consiglio dei ministri ha dato il là all’eliminazione della Web Tax e il premier ha twittato: “Avevamo detto no #webtax Siamo stati di parola #lavoltabuona”. Immediata la risposta di Francesco Boccia che scrive “fatteinontweet” e in quest’intervista per ilsussidiario.net consiglia all’inquilino di palazzo Chigi di scontentare le grandi lobbies.



Partiamo dal suo tweet di oggi in cui, rispondendo a quello di Renzi (“Avevamo detto no #webtax Siamo stati di parola #lavoltabuona”, scrive: “Fatti e non tweet” in riferimento appunto alla tassa relativa al web.

Il punto in questa vicenda è capire di cosa stiamo parlando. Io non l’ho mai chiamata “web tax” (ma di nuova imposizione fiscale per le cosiddetta economia digitale); sono state, per comodità, le multinazionali del web che avevano interesse affinché il Parlamento non normasse nulla. Quella che loro chiamano “web tax” – e a questo punto anche Renzi – ha due parti distinte: la tracciabilità (ruling) e l’iva. Per questo io gli chiedo: di cosa stiamo parlando? Di ruling o di iva? C’è in merito una relazione della Ragioneria generale dello Stato secondo la quale si certificano 137,9 milioni di euro per il 2014.



Ovvero?

In concreto, si passa dai 6 milioni pagati nel 2013 dalle cosiddette overtop – oltre a Google, Groupon, Facebook, E-bay e Youtube – a questa cifra. Ecco, prima domanda: questa cosa è rimasta in piedi oppure no? Io penso che sia rimasta e forse sarebbe opportuno dire grazie, perché se non avessimo fatto quella battaglia in Parlamento, oggi quelle aziende continuerebbero a non pagare nulla, mentre quelle italiane devono pagare regolarmente. Si tratta di un mercato complessivo, nel 2012, di 3,2 miliardi di euro. È difficile andare a spiegare a un carrozziere, a un artigiano – per non parlare dei lavoratori dipendenti – perché loro devono versare il 50% delle imposte e poi su numeri così alti le multinazionali del web non solo vengono esentate, ma le mandiamo anche il tweet per dir loro di aver mantenuto le promesse.

E per quanto riguarda il secondo punto l’iva?

Allora, l’introduzione dell’obbligatorietà dell’Iva era stata spostata, con decreto del governo Letta, all’1 luglio. Ora pare che questa cosa sia stata cancellata; io nel tweet ho scritto anche “it’s up to you” (decidi tu, ndr): con il ruling ho portato 137,9 milioni di euro che non c’erano. Per quanto riguarda appunto l’obbligatorietà dell’Iva continuo a pensare che sia  una cosa utile e importante (francesi e spagnoli se ne sono accorti). Sono d’accordo anche io che serva l’Europa in merito, ma ricordo che dal 2006 c’è una direttiva che dice di fare presto in materia e oggi siamo nel 2014. E aggiungo…

 

Prego.

Se non ci si rende conto che stiamo assistendo alla più grande emorragia finanziaria della storia del capitalismo occidentale si fa un gravissimo errore. Io non è che mi sia intestardito all’improvviso, ma il fatto che siamo passati da 6 milioni a più di 137 solo con la tracciabilità ci deve far riflettere. Poi, con l’Iva saremmo arrivati anche a 500 milioni l’anno. Il governo dice di no: io ne prendo atto, non sono d’accordo, ma decide la maggioranza. Ci tenevo a spiegare bene la questione e a fare questa distinzione, altrimenti si fa filosofia.

 

Per quanto concerne invece il piano economico presentato da Renzi, e il discorso legato alla copertura finanziaria delle manovre che vuole attuare, volevo appunto chiederle: dove li trova i soldi?

Innanzitutto, non siamo nella stagione in cui si possono fare altri debiti e penso che questa sia una tesi condivisa. Abbiamo ereditato solo debiti dalle generazioni precedenti e abbiamo il dovere di non lasciare questo fardello ai nostri figli. Le strade sono due: tagliare in maniera netta la spesa pubblica improduttiva – e su questo ci sta lavorando Cottarelli, tra un mese vedremo cosa verrà presentato in Parlamento – e, soprattutto, togliere ad alcuni per dare ad altri. Sono sicuro che sia questa la strada intrapresa dal governo Renzi, ma a oggi siamo ancora ai principi: è presto per valutare.

 

Chi ha fatto i conti in tasca a Renzi dice che la sua agenda costa attorno ai 100 miliardi. Se dobbiamo ancora capire bene come e dove troverà i soldi, pensa che il premier punti ad attingere molto dai fondi europei?

Non bisogna fare confusione e vorrei sapere chi abbia calcolato in 100 miliardi l’ammontare totale. Allora, per quanto riguarda i fondi europei si possono utilizzare solo per determinati investimenti, non per tutto.

 

Per esempio?

Dipende da cosa si vuole fare: se si vuole intervenire sul welfare allora è chiaro che c’è bisogno di spesa corrente (e in merito non si possono utilizzare i fondi europei), se si vuole invece intervenire sulle infrastrutture allora sì che si può attingere qualcosa. Io credo che non ci sia la bacchetta magica, bensì la necessità di fare delle cose molto forti; si possono trovare delle risorse togliendole a qualcuno per darle ad altri: si chiama redistribuzione e per essere fatta bisogna avere idee chiare e la capacità di scontentare le grandi lobbies. Questo lo vedremo con i primi provvedimenti…

 

Ma quando parla di togliere a qualcuno per dare a qualcun altro si riferisce all’aumento della tassazione su determinate rendite finanziarie?

Se si aumentano le aliquote sulle rendite finanziarie – cosa che condivido, a differenza di intervenire anche sui titoli di stato – dal 20 al 23% è evidente che queste risorse devono essere messe sul fronte del lavoro. Così facendo è vero che aumenti la tassazione sulle rendite, ma abbassi quella sul lavoro. Però non si racimolerebbe più di 500 milioni…

 

E per quanto riguarda l’obbiettivo dello sblocco totale dei debiti della PA?

Guardi, il governo Letta ha sbloccato 47 miliardi, di cui 20 pagati e 27 ancora congelati, ma disponibili. Uno dei problemi principali di questi mesi non sono certo stati i soldi, che ci sono.

 

Ne è sicuro?

Sì, il problema è stato la capacità degli enti locali di certificare i crediti. In questo preciso istante ci sono, ripeto, 27 miliardi cash liberi: perché non vengono utilizzati?

 

In questa operazione sarà decisiva la cassa dei depositi e prestiti.

Sull’uso della cassa sono totalmente d’accordo, ma fino ad oggi non ci è stato consentito l’utilizzo, in maniera integrale, delle anticipazioni in quanto Bruxelles ce le calcolerebbe come sforamento. Se si riesce a convincere l’Europa io sono il primo ad essere contento.

 

Taglio di 10 miliardi del cuneo fiscale: obbiettivo  concretamente raggiungibile?

È facilissimo ottenere risultati se si sa a chi sottrarre. Tagliare di 10 miliardi l’Irpef e 8-10 l’Irap sono obbiettivi assolutamente condivisi, ma bisogna capire bene a chi li togliamo: se li togliamo agli incentivi alla grande imprese,alla spesa pubblica…

 

Prima ha parlato di bacchetta magica. Renzi promette battaglia contro la galoppante disoccupazione: è una piaga che si trascina da anni e anni. Come si fa a risolverla in tempi “brevi”?

Lo si risolve consentendo alle imprese di creare valore. Io non ho mai visto un Paese che produce valore con tanti disoccupati: se ci sono è perché non si produce. Io il lavoro non l’ho mai visto dare né da un decreto legge, né da un tweet, né da uno slogan né da un bel cartellone pubblicitario. Il lavoro si crea se le aziende producono reddito e per farlo devono avere tanto mercato – quello interno italiano non basta – e soprattutto devono essere agevolate da politiche che abbassino in maniera radicale il costo del lavoro. Questo lo si può e lo si deve fare in maniera molto profonda: basta dirlo con chiarezza

 

Quindi, in sostanza, anche se ci sono come dice molti punti interrogativi sulle modalità, il suo giudizio sull’agenda di Matteo Renzi è positivo?

Il mio parere sugli obbiettivi è positivo e il ministro Padoan è al lavoro. Le finalità sono condivise e condivisibili, ma al momento non ci sono ancora gli strumenti. Quando li vedrò completerò il giudizio.

 

(Fabio Franchini)