“Il Pse non conosce il significato di parole come persona, famiglia, comunità, cooperazione e sussidiarietà. Non possiamo consegnare la storia del Pd a un gruppo europeo che non è aperto all’autentica novità politica”. Lo sottolinea Giuseppe Fioroni, l’unico membro del direttivo del Pd ad avere votato contro l’ingresso nel Partito Socialista Europeo, passato con 121 sì e due astenuti. Una presa di posizione che gli è costata la polemica con D’Alema: “Smettiamola con i timori: c’è chi di noi, come Peppe Vacca (ex comunista, ndr), teme di morire democristiano, chi, come Fioroni, socialista … Io mi limiterei al desiderio di vivere che ci unisce tutti e meglio corrisponde al sentimento umano”.



Fioroni, qual è il suo punto di vista sull’ingresso del Pd nel Pse?

Lo ritengo un errore, perché quando abbiamo fondato il Pd sapevamo che volevamo fare nascere una cosa nuova e avevamo l’ambizione di dare vita a una nuova grande famiglia europea. Come dice Altiero Spinelli, i due schieramenti che si confronteranno nell’Europa di domani non saranno una sinistra socialista e una destra liberale, ma coloro che sono sinceramente riformisti e credono negli Stati Uniti d’Europa, e coloro che credono nella ricostituzione della sovranità nazionale. Per avere un’Europa più solidale serve un rapporto con i socialisti, ma non c’è bisogno di iscriversi al Pse.



Per quali motivi?

Perché Pd e Pse sono forze che hanno una comune aspirazione sociale, ma hanno una profonda e diversa ispirazione ideale. Questo ingresso dà più l’idea di un assemblaggio di natura formale e organizzativa, dove l’orizzonte di novità riguarda solo la realizzazione di programmi generici. Analizzando i documenti del Pse, sono del tutto assenti parole fondamentali come persona, famiglia, comunità, cooperazione e sussidiarietà. Il Pse presenta dunque profonde differenze rispetto al cattolicesimo sociale e democratico.

Perché allora il Pd entra nel Pse?

L’unico motivo è sostenere la candidatura di Martin Schulz come presidente della Commissione Ue. Stimo Schulz e ritengo legittimo votarlo, però se vincesse finirà per aumentare ulteriormente l’impostazione e il peso della Germania in Europa. Schulz farà il presidente se la Merkel lo designerà, e quindi in questo modo rientrerà dalla finestra quello che avremmo voluto fare uscire dalla porta. Nel 1882 in una commemorazione in ricordo di Garibaldi, quando l’Italia aveva con la Germania gli stessi problemi che ha oggi, Giosuè Carducci si poneva la domanda se noi italiani fossimo amici dei tedeschi o i loro servi. Oggi al posto di Bismark c’è la Merkel, ma il nostro problema con la Germania è esattamente lo stesso.



 

Renzi ha detto: “Comprerò i pop-corn per assistere all’epico scontro” tra lei e D’Alema. Significa che non prende sul serio il problema?

Matteo ha la capacità di fare la battuta per sdrammatizzare lo scontro. Il suo intento non è quello di irridere, quanto di comprendere il problema e nello stesso tempo andare oltre. Un andare oltre che spero significhi costruire qualcosa di diverso dal Pse. Giovedì ho salutato con grande affetto il presidente bulgaro del Pse, ma non sento di avere una particolare affinità nei confronti della tradizione social-comunista bulgara e non è questo il futuro che auspico per l’Europa.

 

Spingerà il suo dissenso fino alla scissione del Pd?

Io sono un combattente e ho chiesto di tenere una direzione del Pd per potere esprimere le mie opinioni. Sto preparando un sondaggio tra gli iscritti e i militanti del Pd, la cui maggioranza non vuole certo un’adesione in tempi rapidi al Pse. Combatterò la mia battaglia fino alla fine per costruire questa nuova famiglia europea. Non mi fascio la testa prima di romperla perché mi costerebbe ammettere la sconfitta, e quando uno se ne va è sempre sconfitto.

 

(Pietro Vernizzi)