Renzi ha fretta, ma il Parlamento ha i suoi tempi e l’iter procedurale dell’Italicum sta proseguendo a singhiozzo. In più, all’interno dello stesso Partito democratico non mancano i malumori per la bocciatura delle quote rosa e delle preferenze. Il cammino delle riforme non è partito con quella velocità che il premier si augurava e ora, in attesa di dare al Paese una legge elettorale, Renzi è chiamato ad esporre il suo piano di rilancio dell’Italia: un’ambiziosa agenda tra casa, lavoro, fisco e scuola, che divide Confindustria e sindacati. Il punto con Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera.



Secondo lei Renzi va veramente allo scontro con sindacati e Confindustria?

Alla vigilia della presentazione del suo piano si può fare solo una previsione. Se c’è una logica dentro le cose non ci sono molte alternative. Ci sono tre possibilità circa il Jobs Act.

Quali?

La prima in sintonia con quanto dice e chiede il sindacato, ovvero intervenire più sull’Irpef che sull’Irap, andando dunque incontro ai lavoratori (non tutti comunque). La seconda è fare quanto gli viene richiesto da Squinzi, cioè intervenire sul costo del lavoro che grava sulle imprese (l’Irap appunto).



La terza?

La terza possibilità – che fortunatamente sembra esclusa, salvo dietrofront dell’ultima ora – è accontentare un po’ e un po’ ambo le parti. Non bisogna tornare ai vecchi riti della concertazione, che sono paralizzanti. Voler mettere d’accordo tutti non porta a niente di buono. Qualcuno dovrà pur scontentare, se vuole fare una cosa che abbia un minimo d’efficacia. Renzi, oltre a dimostrare la sua autonomia rispetto a queste organizzazioni, deve dimostrare la capacità di operare secondo un progetto ambizioso. Vedremo, ne sapremo di più domani (oggi, ndr).

Passiamo invece all’Italicum. Il turbolento passaggio alla Camera ha reso Renzi più forte?



No, non ne è uscito più forte. Lui vorrà far vedere che questo governo riesce ad agire con velocità, ma la verità è che bisogna passare per il Senato, prova complicatissima. Si è capito che dentro il Pd le resistenze sono molto più forti di quello che potevano sembrare. A Palazzo Madama, numericamente, la situazione è molto più difficile; giù oggi hanno sfiorato il rischio di andare sotto, cosa che se dovesse accadere sarebbe un colpo fortissimo alla credibilità di Renzi.

Più forte no, ma più Berlusconi-dipendente sì?

No, neanche.

 

Ma non crede che Renzi sia oggi il miglior alleato di Berlusconi? Con il rischio però di perdere per strada la sinistra… 

Ma quale sinistra? Sel? È una ruota di scorta, soprattutto con questo Italicum. Il problema è capire se questa linea non favorisca e comporti, dal punto di vista del Pd, un’eccessiva centralità di Berlusconi, che spera che si continui su questa strada così da passare come padre delle riforme. Berlusconi vuole mantenere la sua centralità e Renzi, dal canto suo, ha interesse a servirsi della sua stampella in questa fase, visto che se venisse meno l’appoggio di Forza Italia non ci sarebbero i voti.

 

Renzi ha aperto molti fronti di riforma. Non sono troppi? È il suo stile, ma quali sono i rischi di alzare così tanto l’asticella?

Allora, già prendendo il calendario che indicava una riforma al mese ci si rende conto come fosse un annuncio slegato dalla realtà. Il rischio di promettere tanto e di mantenere poco è quello di veder abbattere, a colpi di palla di cannone, la propria credibilità e leadership. Renzi viene percepito come il nuovo capace di fare tutto quello che gli altri non sono riusciti. È baldanzoso e spavaldo, ma se poi non mantiene gli impegni presi sono guai per lui.

 

I sondaggi, timidamente, spingono Renzi. Se andassero bene le elezioni europee e conquistasse l’elettorato con le riforme, lei crede che al termine del semestre europeo potrebbe essere tentato di andare alle urne?

Devono andare in porto le riforme, da quella elettorale a quelle costituzionali, passando per i provvedimenti economici in chiave lavoro. E il cammino non è certo semplice. Renzi sarà tentato se tutto andrà per il verso giusto, ma se alle elezioni europee non ci fosse un risultato clamorosamente migliore di quello raccolto dal Pd nelle ultime politiche, non so quanto gli converrebbe accelerare i tempi per andare alle elezioni.

 

(Fabio Franchini)

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