A pochi giorni dalla presentazione ufficiale del suo piano economico per far cambiare verso all’Italia, al grido di “la svolta buona”, Rino Formica – esponente di punta del Partito socialista italiano durante la segreteria di Bettino Craxi e più volte ministro – commenta Renzi e la sua agenda di governo: “Per il momento abbiamo degli annunci pubblicitari che non possono essere giudicati come atti, bensì come desideri di compierli”. Renzi, insomma, è un abilissimo annunciatore che gode di tanta fiducia. Ma ha un punto debole…



Partiamo dal piano economico che Matteo Renzi ha presentato mercoledì 12 marzo. Ha toccato le leve giuste?

È difficile dare una risposta ora. Gli atti di governo vanno valutati quando sono visibili in concreto, con provvedimenti di legge o amministrativi. Per il momento abbiamo degli annunci pubblicitari che non possono essere giudicati come atti, bensì come desideri di compierli. Quando le cose saranno fatte (o non fatte) si potrà darne un giudizio. E in merito…

Prego.

Vi sono due livelli di giudizio. Il primo è quello dato dai governati, mentre il secondo è quello sovranazionale, che è duplice. Uno proviene dai trattati ed è quello dell’Europa; il secondo, invece, è il giudizio dei mercati. La linea di credito dipende dal livello di fiducia che l’annunciatore ha guadagnato…

Questo livello di fiducia dell’annunciatore-Renzi è abbastanza alto?

Sì, ma ciò vuol dire che sarà più impegnato a soddisfarlo con urgenza, per mantenerlo alto. Se non lo appaga con rapidità vuol dire che c’è qualcosa che non torna.

L’altra sera a Porta a Porta Matteo Renzi, ospite di Bruno Vespa, ha fatto un vero e proprio show. Per capacità comunicativa è un Berlusconi di sinistra?

Io tendo a non semplificare dando questi giudizi, perché non è l’abito che fa il monaco. Lo stile può anche essere simile o identico, ma può essere applicato diversamente. Ripeto, in politica, bisogna giudicare sulla concretezza degli atti che incidono nella realtà.

Mancano ancora i fatti, ma vede nelle intenzioni di Renzi la volontà di tornare a una vecchia politica del debito? Quali sarebbero i rischi in un contesto attuale in cui c’è l’euro e l’Ue?

In passato, ma anche solo 15 anni fa, non vi era l’obbligo del pareggio di bilancio e non c’erano tantomeno i vincoli stringenti – post crisi finanziaria – della comunità europea, della Bce  e dei mercati. Ecco, non è proprio paragonabile ciò che si poteva compiere prima rispetto a oggi.

Come si concilia (se è conciliabile) l’agenda Renzi con i dettami dell’Europa? 

Guardi, la questione è un’altra. La crescita e la disoccupazioni sono problemi europei che nella situazione attuale sono risolvibili in Europa. Non c’è crescita e riduzione della disoccupazione in un solo Paese: c’è bisogno di una politica unitaria. In realtà è in atto uno scontro – e vedremo come si andrà a configurare dopo le elezioni europee – tra uno schieramento interventista-dirigista e uno (al momento maggioritario) di tipo mercatista.

 

In passato si poteva contare sulla Banca d’Italia, oggi non più.

Ripeto, il punto è l’Europa. Gli strumenti nazionali sono tutti inadeguati, inefficienti o impraticabili. Visto che non serve l’autorizzazione europea, Renzi deve cambiare tutto l’ordinamento interno, ovvero la revisione della macchina della pubblica amministrazione (un problema eterno dello stato unitario italiano), i rapporti istituzionali e così via. Sarà testato anche su questo.  

 

Per quanto  riguarda l’orizzonte nazionale: banche, sindacati e confindustria, quali blocchi accontenta e quali no?

Non è questione di dare ragione a Squinzi o alla Camusso, che in Europa non valgono nulla. In società fortemente complesse come quelle attuali non vi è una separazione schematica tra i vari interessi sociali, bensì un intreccio tra gli stessi. Per fare una metafora, ora la terra è di proprietà sia dei contadini che dei latifondisti: se tassi la terra tassi anche i contadini…

 

Renzi ha un quid in più rispetto al passato? Può funzionare?

Fare paragoni è sempre difficile, soprattutto quando siamo in presenza di grandi mutamenti di contesto. Io ho l’impressione che i comportamenti di Renzi appartengano a una cultura primitiva della semplificazione legati alla logica di una società appunto semplificata, mentre viviamo in una società complessa. E questo, secondo me, è il grande punto debole.  

 

(Fabio Franchini)