Difficile dire dove porterà la nuova sfida di Silvio Berlusconi, sempre più deciso a candidarsi alle prossime Europee: sono troppi i fattori di carattere giuridico, i cavilli, le interpretazioni, le variabili e i livelli decisionali che potrebbero frapporsi tra il suo desiderio e la realtà. Un fatto però è certo: si tratta di una strategia pensata ad arte per rimotivare un elettorato tradizionalmente propenso a condividere battaglie in cui tribunali e politica e piazza si intrecciano a doppio filo, ormai da vent’anni a questa parte. Ne è certo il professor Stefano Ceccanti, costituzionalista di fama e ordinario di Diritto pubblico comparato a La Sapienza di Roma, con cui analizziamo i fatti che ci separano dalla sentenza definitiva della Cassazione sull’interdizione come pena accessoria alla condanna per evasione fiscale, sentenza in programma – salvo cambiamenti – la settimana prossima.
Professore, la candidatura di Berlusconi alle Europee è solo una provocazione oppure c’è un qualche fondamento giuridico?
Se arriva in tempo l’interdizione dai pubblici uffici, il problema non si pone minimamente, perché tra l’altro il Cavaliere perderebbe anche l’elettorato attivo. Il che significa che non potrà recarsi neppure a votare. Diverso, invece, sarebbe il caso contrario: se tardasse ad arrivare la sentenza della Cassazione, Berlusconi potrebbe ritenere di avere una nuova chance.
In che senso?
Potrebbe tentare un’ultima carta: eccepire di fronte al Tar la costituzionalità della legge Severino. Una strada piuttosto stretta, perché implica due cose: da un lato, il Tar dovrebbe dichiararsi competente. In secondo luogo, dovrebbe riconoscere che la questione della costituzionalità della legge non è manifestamente infondata, ma così facendo smentirebbe la giurisprudenza amministrativa che in vari casi ha già applicato la Severino ritenendola pienamente costituzionale. Pertanto, a me l’esito negativo sembra scontato, ma ci sarebbe comunque un ritorno politico, che immagino sia quello realmente perseguito.
Quale?
Una campagna vittimistica contro i giudici per smuovere l’elettorato di appartenenza, sensibile a questi temi, ovviamente svuotando di significato le elezioni europee, riconducendole alle diatribe interne. Un film già visto, tipico di una certa parte politica.
Al cittadino che si interroga sulla candidabilità del leader di Forza Italia dunque quale risposta si può dare?
Che Berlusconi non è candidabile. Se, nonostante la legge Severino, deciderà di seguire altre strade come il ricorso al Tar, lo farà solo a fini di consenso elettorale. Del resto, anche i suoi sanno che ad oggi non ci sono i presupporti giuridici perché vada a finire diversamente. La strada che vogliono percorrere, dunque, non è solo stretta ma anche senza uscita.
Intanto ieri Viviane Reding, commissario europeo alla Giustizia, ha ribadito che le norme sono chiare. Che ne pensa?
Penso che abbia ragione. La normativa comunitaria, infatti, parla chiaro: rimanda agli Stati membri e, sulla base di una direttiva europea, se una persona non è candidabile nel suo Paese non può esserlo in Europa. Quanto poi al Consiglio d’Europa e alla giurisprudenza sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, non dimentichiamo che la corte di Strasburgo ha confutato l’argomento sulla retroattività dell’ex presidente lituano analogo a quello di Berlusconi: ha detto che non c’è retroattività quando le condizioni sono poste con legge prima di una tornata elettorale.
Un’altra strada è anche quella della raccolta di firme per chiedere la grazia al presidente Napolitano. Se davvero fossero raccolte tantissime firme, pensa che qualcosa potrebbe cambiare?
Non so se la grazia potrà influire sull’incandidabilità o sulle pene accessorie. A mio avviso, però, il punto è un altro: non mi sembra corretto forzare il presidente della Repubblica in questo modo, anche perché ad oggi non ci sono nemmeno i precedenti in tal senso, vale a dire di grazie concesse dopo un appello popolare. E in ogni caso, realisticamente non ci sarebbero nemmeno i tempi tecnici per un’operazione del genere: le Europee sono dietro l’angolo.
Vede analogie tra la democrazia plebiscitaria di Berlusconi e le consultazioni on line di Grillo?
Considero anomale entrambe le cose. Così come non ci sono precedenti di una grazia concessa dopo una raccolta di firme, non mi sembra normale nemmeno l’espulsione di persone da un movimento mediante il ricorso a internet. La verità, dunque, è un’altra: più che un movimento dal basso verso l’altro, tipico di un’espressione democratica, considero queste iniziative come richiami e sollecitazioni dall’alto verso il basso, per finalità di mera manutenzione del consenso dell’elettorato di appartenenza contro un nemico esterno, i magistrati o il sistema tradizionale dei partiti. In questo senso, sì: posso dire che ci sono analogie tra Berlusconi e Grillo.
(Piergiorgio Greco)