Torna a tenere banco il dibattito sull’eutanasia e il testamento biologico. Giorgio Napolitano ha rimesso al centro dell’agenda politica i temi etici del fine vita. Una questione che mina una maggioranza che in merito non la pensa certo uguale. 15 senatori del Partito Democratico hanno chiesto di calendarizzare il disegno di legge (di Ignazio Marino) che prevede dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari al fine di evitare l’accanimento terapeutico. Secondo Carlo Giovanardi, senatore del Nuovo Centrodestra, è una questione che deve essere sì affrontata dalla politica, ma non da questo governo.



Giorgio Napolitano ha lanciato un monito al Parlamento in cui invita a non ignorare il problema dei temi etici, in particolare fine vita e testamento biologico. È un’uscita che spiazza?

No. Noi nel corso della legislatura nata nel 2008 abbiamo tentato invano di affrontare i temi etici e del fine vita, ma ci è stato  impedito di farlo fino in fondo. Innanzi alle invadenze della magistratura – caso Eluana Englearo, per esempio – abbiamo chiesto che tali questioni non rimanessero in mani ai magistrati e alle sentenze, bensì che fosse il Parlamento a interessarsene. Dunque, il fatto che la politica si occupi di questo tema, come richiesto da Napolitano, è senza dubbio una cosa positiva. Poi…



Prego.

L’Italia è una grande civiltà giuridica, che attraverso le radici cristiane non ha vissuto aberrazioni vissute da altri Paesi. Qui ricompaiono all’orizzonte le teorie positivistiche di inizio Novecento, poi riprese dall’eugenetica tedesca dei nazisti, attraverso forme di soppressione della vita dei bambini. Quello che sta succedendo in Olanda e in Belgio è a dir poco inquietante. Allora, un conto è ragionare in termini di fine vita – cure palliative e diritto a non avere l’accanimento terapeutico – altra storia è stabilire che qualcuno sopprime la vita di altre persone, magari bambini, attraverso la riproposizione dell’infausta e terribile espressione che si elimina chi non ha una vita degna di essere nessuna. Sono temi che interpellano la coscienza si cattolici e laici.



Pensa che in Parlamento si possa venire a creare una maggioranza trasversale e alternativa su questi argomenti, tale da tagliarvi fuori?

Io voglio vedere chi in Italia si mette sulla posizione dell’eutanasia, delle cliniche che – dietro pagamento – sopprimono una persona e della possibilità, come recentemente visto nel Nord Europa, del poter togliere la vita a un bambino nato con handicap. Per fortuna non ho ancora visto proposte di questo tipo…

15 parlamentari del Partito Democratico hanno chiesto di calendarizzare, mettendolo dunque in agenda di governo, il ddl sul fine vita.

Con l’opposizione di una parte del Pd stesso (e di Fini, che giocò contro) non riuscimmo in quella legislatura a discutere di queste cose. Un dibattito su questi temi è il benvenuto. Poi, chiaramente, bisogna vedere qual è il punto d’arrivo.

Appunto, nel caso in cui il dialogo prendesse una certa piega, e il punto d’arrivo fosse lontano dai vostri valori, sareste pronti a togliere l’appoggio a Renzi?

Alfano è stato precisissimo: gli uomini non possono né dare né togliere la vita. La nostra posizione è chiarissima…

 

Ma nel caso in cui vi fosse una volontà di pro-eutanasia?

Quando Renzi ha presentato il suo programma non mi risulta proprio che abbia detto qualcosa circa l’eutanasia o la soppressione dei minori malati. Questo è un governo straordinario e d’emergenza fatto da partiti che sono collocati su due versanti opposti dello schieramento politico; un esecutivo che ha il compito di fare la legge elettorale, quelle costituzionali e di riassetto del sistema. Poi si può tornare a votare così che ognuno possa portare avanti le sue idee.

 

Questo governo non dovrebbe quindi trattare questi temi.

È evidente che in una situazione eccezionale come quella attuale – dove nessuno ha vinto le elezioni – si va avanti solo se qualcuno non voglia prevaricare sull’altro, portando avanti iniziative che sarebbero legittime solo se avallate dal mandato popolare. A me non risulta che a febbraio 2013 qualcuno abbia vinto e che abbia, da solo, la maggioranza.

 

(Fabio Franchini)