Il governo Renzi ha incassato la fiducia sul ddl Delrio di abolizione delle provincie. Con 160 voti a favore e 133 contrari, il Senato ha detto sì alla riforma, che ora torna alla Camera per l’ultimo approvazione. Due sono ora i problemi, secondo Ugo Arrigo, economista, esperto di finanza pubblica: capire da chi o che cosa vengono sostituiti gli organi eletti, e le sorti della macchina burocratica propria della amministrazioni provinciali. Tuttavia, spiega Arrigo, “lascerei comunque un livello decisionale a livello provinciale per quanto concerne il coordinamento degli attori per lo sviluppo economico territoriale”. In ogni caso, l’incognita vera è sempre quella: i costi.



Come giudica il ddl Delrio sul taglio delle province?

L’unico vantaggio positivo sembra essere la rimozione degli organi eletti, ma non si è capito transitoriamente da chi o cosa verrebbero sostituiti. Le province i cui consigli decadono da chi verranno amministrati fino alla soppressione? Questo è un punto da chiarire per testarne gli effettivi benefici.



Apparato politico e burocratico snelliti e funzione semplificate?

Partiamo dalle funzioni che assolvono: negli ultimi decenni sono piuttosto deboli. Le attività principali sono relative alla manutenzione degli edifici scolastici (sopra la scuola dell’obbligo) e quella stradale. Non mi sembrano incarichi politici. Uno si domanda quindi: c’è realmente bisogno di organi politici per realizzare questi compiti? Non è che nelle giunte di sinistra dipingono le strisce pedonali di rosso. Perché non creiamo un unico ente gestore della rete stradale senza frammentazione comunale, provinciale, regionale e nazionale? Basterebbero apparati amministrativi tecnici ad hoc, cosa che permetterebbe di vedere meglio i costi-benefici. Poi…



Prego.

Venendo ai due grossi nuclei – politico e burocratico – che costituiscono le province, se vogliamo superarle bisogna rimuoverli entrambi. Quello più facile da eliminare è sicuramente quello politico: basta non rieleggerlo. E in questo mi trovo abbastanza d’accordo con la strategia di Graziano Delrio.

Mentre la macchina burocratica?

Potrebbe essere smontata, anche velocemente e senza modifiche costituzionali, dicendo che da un giorno all’altro i dipendenti delle province passano alle regioni. Dopo di che, lascerei comunque un livello decisionale a livello provinciale per quanto concerne il coordinamento degli attori per lo sviluppo economico territoriale.

Del tipo?

Penso a comitati, a piccole assemblee elettive – a elezione diretta o indiretta – che si occupino di studiare le migliori strategie per lo sviluppo locale. Sarebbe un qualcosa di sensato: più le decisioni vengono prese vicino al cittadino meglio è.  

C’è chi dice che con questo emendamento i costi aumenteranno. Il pericolo c’è?

In Italia c’è sempre. Quando facciamo delle riforme per abbattere i costi poi c’è il rischio-beffa che aumentino. Certo è che abolire gli organi elettivi è meglio, come idea, che accorpare le province a due a due come faceva il governo Monti: sommando  due enti inutili non se ne fa certo uno più utile. Poi, ovvio, bisogna ben monitorare la spesa: verificare quando spendono e per che cosa. Se si scopre che si spende prevalentemente per il personale (e non per le funzioni) che poi va a confluire nelle regioni allora il problema cambia sede, ma rimane.

 

E il rischio di conflitti amministrativi?

Bisogna riorganizzare seriamente i livelli di governo, a partire dai comuni: si deve capire se ha senso che esistano i comuni piccoli, così come capire cosa succede quando quelli grandi diventano città metropolitane. Mi spiego: se avere un comune piccolo vuol dire che le decisioni di quel ristretto territorio le prendono gli abitanti va benissimo, ma non avrebbe invece senso il fatto che abbia un suo apparato burocratico, che costa…

 

Insomma bisogna ripensare i pezzi del puzzle e incastrarli per bene.

Esatto. Il tutto deve essere fatto organicamente, con una visione a 360° (in ottica appunto di non rischiare di trovarsi spese non calcolate). Il disegno deve essere globale, poi va bene la differenziazione. Se questo provvedimento di Delrio è una parte di un insieme più ampio è una cosa positiva, se invece è un qualcosa di non sistematico allora c’è qualcosa che non va. È un primo passo che non fa risparmiare moltissimo, ma che può facilitare quelli dopo, ponendo le basi per un taglio della spesa importante. Ma da solo non basta: aspettiamo le tappe successive.

 

(Fabio Franchini)