Tra Renzi e la minoranza Pd rimane il gap. Nel corso della direzione di venerdì il premier ha annunciato che lunedì il governo approverà la riforma del Senato, insieme alla revisione del Titolo V. Solo in un secondo momento, fa sapere, subentrerà l’iter procedurale per varare l’Italicum. La relazione sulle riforme del segretario del partito è stata approvata con 93 voti favorevoli, 12 contrari (Civati e la sua corrente) e 8 astenuti. Non sono mancate, nel corso della discussione, critiche circa il Jobs Act e in merito è stato durissimo l’intervento di Stefano Fassina che ha detto come il decreto Lavoro del ministro Poletti ricalchi quello proposto da Forza Italia. Il malumore delle frange del partito non si acquieta e dal canto suo Matteo Renzi tira dritto. La corda si spezzerà? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Civati.
Renzi in direzione nazionale ha annunciato che lunedì il governo varerà la riforma del Senato, oltre al ddl sul Titolo V. Solo in seguito il via libera all’Italicum. Il governo terrà a Palazzo Madama su questi provvedimenti?
Il rischio è che non si capisca niente. Io oggi ho votato contro perché non ci è stata presentata la riforma del Senato che lunedì Renzi presenta in Consiglio dei ministri. Io onestamente non saprei dire se le nostre obiezioni, insieme alle preoccupazioni che tanti senatori hanno espresso in questi giorni, siano comprese o meno in quel testo. Tra l’altro non si capisce nemmeno perché il Senato non sia strettamente collegato alla riforma del Titolo V e perché questo testo non sia stato presentato dai gruppi di maggioranza, anziché dal governo: sarebbe più elegante se fosse il Parlamento a presentare un disegno di legge di riforma costituzionale. Insomma, c’è molto imbarazzo: non so se andrà sotto il governo, so che andranno sotto le nostre aspettative.
In più c’è il nodo lavoro. La minoranza Pd ha criticato il decreto.
È stato posto l’ultimatum anche su questo. È uno schema che non è considerato positivo da molti, ma chi ha fatto interventi e obiezioni non è stato ascoltato granché…
A proposito, Fassina è stato durissimo, dicendo che il decreto lavoro è una fotocopia della proposta di Forza Italia.
È stato molto duro anche Andrea Ranieri, che è stato eletto con noi alla direzione. In questi giorni in tanti hanno espresso critiche e perplessità. Diverse sono state le questioni – anche in positivo, non solo da sinistra, da chi crede nel contratto unico di Boeri – rilevate da chi pensa che questo decreto legge sia in contraddizione totale con quell’impostazione delle spese crescenti. Tanti sono gli interrogativi e Renzi, in risposta, dice “o votate o ci rimango male io”, ma così poi ci rimaniamo male noi.
Dove si possono spaccare di più partito e governo?
Lavoro e Senato sono le due questioni più delicate di tutte. Sulla legge elettorale Renzi è riuscito a tenere sulla base di questo accordo con Berlusconi, ma stavolta sia sulla riforma costituzionale che sul Jobs Act è chiaro che non ci può proporre cose che non piacciono a nessuno. Bisogna essere convinti: la riforma costituzionale è la cosa più importante che un parlamentare possa fare, che va oltre la disciplina di partito. Renzi deve discuterne con chi (e non parlo di me) ha più esperienza, sta nelle istituzioni da tempo e conosce sia la necessità di snellire i procedimenti sia di rendere tutto meno costoso, migliorando – e non peggiorando – la qualità del nostro sistema democratico.
Forza Italia sarà il salvagente di Renzi in Senato?
Non saprei, non vorrei che si bucasse il 10 aprile, con la decisione del tribunale su Berlusconi. Ecco, poi bisognerebbe capire l’opportunità di avere un padre costituente ai servizi sociali. Ci sarebbe bisogno che la maggioranza di governo e soprattutto il Pd avessero una linea forte e autorevole che possa passare anche senza aiuti (in alcuni casi) non richiesti.
Il consenso di Renzi interno al partito è aumentato o è calato?
È alto, com’era alto prima. Questo non lo discuto, ma non ne faccio una questione di consenso. Io, anche a costo di perderlo, dico che le cose bisogna farle bene; siccome non ho vinto le Primarie non ho alcuna esigenza di ribaltare i risultati o essere in disaccordo per partito preso, anzi. Però…
Però?
Prendiamo ad esempio gli F-35. Oggi il ministro Pinotti ha detto che li compriamo tutti: due settimane fa avevo capito che non si compravano. Sono io quello strano? Se sui cacciabombardieri si dicesse che hanno ragione quelli che come Civati, e tanti altri, hanno detto di fermarsi perché è un programma che non funziona, io sarei solo felice. Se posso contribuire nella mia modestia, anche numerica, a migliorare l’operato sono solo contento. Mica me la prendo eh…
Il malumore interno non si placa. Il rischio scissione all’orizzonte c’è?
In questo momento l’unico rischio esistente è quello di demoralizzarci. Poi oggi la minoranza del Pd che è rimasta unita, votando contro, è quella rappresentata da me; quella di Cuperlo si è divisa tra il voto favorevole dei giovani turchi (e forse dello stesso Cuperlo) e l’astensione del gruppo di Bersani.
Premierato forte: l’idea è sempre piaciuta a Berlusconi. Renzi punta ad un aumento dei poteri del premier?
Ecco, la forma di governo è un’altra cosa. Io prima vorrei sapere almeno qual è l’agenda. Quella di Renzi continua a cambiare. Io sono lento, come una tartaruga che – oltre ad arrivare prima secondo un noto aneddoto – vuole sapere di cosa stiamo parlando. Adesso ci manca solo che Berlusconi ci dia consigli su come risolvere la questione della forma di governo. Poi io non sono contrario a niente, ma vorrei capire di cosa stiamo discutendo: se si tratta di una riforma completa del testo costituzionale bisogna approcciarla con un atteggiamento un po’ diverso, non con la fretta vista in questi giorni.
(Fabio Franchini)