Nuovo e forse inatteso intoppo per la legge elettorale. Il già tortuoso cammino dell’Italicum è stato bloccato dalla “rivolta rosa” delle deputate che hanno invocato la parità di genere. Il fronte bipartisan, guidato da Laura Boldrini, ha partorito una lettera-appello nella quale si chiede a Matteo Renzi – in trasferta a Bruxelles per la sua prima uscita europea da premier – che le cosiddette quota rosa vengano rispettate anche nell’Italicum. Ma l’asse con Berlusconi tiene e punta a far fuori i piccoli partiti in un sistema fortemente bipolare. Sono arrivate anche le parole, tanto attese, di Pier Carlo Padoan che ha chiarito come il taglio sulle tasse annunciato può essere sì effettuato, ma che bisogna scegliere su chi farlo: imprese o lavoratori. Oltre al varo del Jobs Act, anche il nodo del debito pubblico – come ricordatoci dalla Commissione Europea – è un qualcosa da cui non si scappa e che va abbattuto “rafforzando il programma di privatizzazioni” (parole del ministro). Il punto politico di Antonio Politico, editorialista del Corriere della Sera.
Prima uscita ufficiale europea, a Bruxelles, per Matteo Renzi che ha detto: “No compiti a casa dalla Ue. L’Italia sa cosa deve fare e lo farà da sola”.
Ha fatto bene a dirlo. Quest’espressione dei “compiti a casa” è stata molto usata – e a sproposito – in questi anni. Mi spiego: non è che questi “compiti a casa” li facciamo per portarli a un professore che sta a Berlino o a Bruxelles, bensì per accrescere il proprio successo e la propria qualità, come fanno i nostri figli. Quindi ridurre il debito, la pressione fiscale e liberalizzare i mercati lo facciamo per noi stessi, per rendere l’economia italiana più dinamica, così da uscire da questo lunga stagnazione che ci sta tenendo fermi da ormai 15 anni.
Cosa dovremo fare in concreto?
In primis, ridurre e selezionare la spesa pubblica e usarla per incentivare la crescita ed eliminare (per quanto possibile) le disuguaglianze; molto spesso, invece, rafforza gli squilibri premiando corporazioni e gruppi protetti: uno sperpero di soldi pubblici che dà un risultato opposto a quello che si dovrebbe ottenere. Poi, alleggerire il peso fiscale su tutti: imprese e lavoratori, premiando chi lavora. E ancora, liberalizzare, abbattendo le barriere che rendono ingessata la nostra economia ingessata in alcuni settori, per esempio quello del lavoro dove deve essere più facile assumere e licenziare, aprire un’impresa e un esercizio commerciale. Insomma, le cose da fare sono tre: ridurre le spesa, la tasse e le barriere.
Com’è uscito Renzi dal suo primo incontro internazionale?
Matteo Renzi è un oggetto sconosciuto, è un ufo per il mondo. Si porta appresso un pregiudizio favorevole in quanto è nuovo, è giovane e si propone come un fattore di cambiamento: questa cosa è ben vista in Europa, dove si teme che l’Italia si sia avviluppata in una crisi di stampo giapponese, di invecchiamento e stagnazione. Per il resto rimane un mistero, su cui è posta tanta attesa, ma nessuno sa di cosa è capace e se è capace; nessuno sa cosa riuscirà a fare: non lo sappiamo noi italiani, figuriamoci se lo sanno i governi europei.
Il presidente del Consiglio ha detto che la bocciatura dei nostri conti è colpa di Letta, che ha mentito sui numeri (“falsi”). Accusa non da poco…
È un’affermazione superficiale e propagandistica. Se avesse avuto questa sensazione avrebbe avuto il dovere di dirlo quando è entrato a palazzo Chigi. Padoan, che è al Tesoro, non lo ha detto. Le cose che ha detto l’Ue erano prevedibili: non ha certo scoperto dei buchi che non sapevamo di avere. In merito…
Prego.
Il punto è che Renzi godrà, ancora per qualche settimana, di questo grande vantaggio di poter dire che tutto ciò che ha trovato non è colpa sua ma è un’eredità del passato. Questo è fuori da ogni dubbio, ma non è una cosa che lo aiuterà a risolvere i problemi a cui è chiamato a dare una risposta: nel giro di poco tempo non sarà più un argomento che potrà usare né con l’Europa né con gli italiani.
Prima ha citato Padoan. Il ministro dell’Economia ha parlato per la prima volta e in merito al taglio delle tasse ha detto che bisogna scegliere chi sgravare: imprese o lavoratori.
Ha annunciato un taglio di 7,5 miliardi di euro che si aggiungono ai 2,5 che già ci sono. Infatti, in merito, non dimentichiamoci che il governo Letta ci aveva già lavorato. Non è che adesso hanno trovato la ricetta magica che prima era sfuggita. Bisogna trovare i soldi e per farlo si deve trovare la spesa.
Quindi?
Il problema non è che noi non possiamo indebitarci (e fare spesa in deficit) perché ce lo impone l’Europa e perché c’è qualcuno cattivo a Bruxelles che non ce lo fa fare. No, noi non possiamo perché questi soldi in più che vorremmo spendere dovremmo andare a chiederli in prestito sui mercati, come facciamo già ogni mese. Ecco, il nostro problema è convincere chi ci dà i soldi a darcene altri, presentandoci come un investimento sicuro.
Questa sera (ieri, ndr) Renzi cenerà con Kerry. Come legge questo incontro nel quadro di quello scenario che vedrebbe anche la mano degli States dietro l’ascesa di Renzi a palazzi Chigi?
Mi sembra del tutto normale che il nuovo primo ministro – essendo oltretutto un oggetto sconosciuto, come dicevo – si presenti alla comunità internazionale e incontri dunque i vari ministri degli Esteri. È un attività del tutto normale. Io non so se gli americani sono dietro alla manovra politica con la quale Renzi ha preso in mano il governo. Francamente non lo credo e non mi piacciono queste dietrologie. Certamente, gli Stati Uniti vorranno sapere chi è e cosa ha in mente di fare.
Passando invece all’Italicum, oggi c’è stato un piccolo stop dettato dal fronte femminile e bipartisan sulla “quote rosa”: il patto Renzi-Berlusconi sta reggendo bene?
È un patto che, di fatto, si è dimezzato con il dimezzamento dell’Italicum stesso, visto che varrebbe solo per la Camera: non erano questi gli accordi originari. Diciamo che questo asse si sta modellando alle condizioni esterne che, forse un po’ ingenuamente e superficialmente, si era pensato di ignorare.
A cosa si riferisce?
Beh, al Parlamento, a una maggioranza che non è d’accordo su tutto il progetto di riforma e a un partito di maggioranza relativa, come il Pd, che non è del tutto schierato con Renzi su questo tema. Insomma, l’alleanza regge perché, al momento, Berlusconi non si è ritirato da quest’operazione, ma si cammina su un filo sempre più sottile che si può spezzare, soprattutto al Senato (e non sulle quote rosa).
È comunque una legge che mira a far fuori i piccoli partiti e schiacciare la rappresentanza…
La legge su cui si sta discutendo non la conosciamo ancora nel dettaglio e in questo caso i dettagli sono importanti: se si fissa la soglia per il premio al 40% è un conto, se è al 37% è un altro. Se la soglia per entrare in Parlamento, in coalizione, è al 4 o al 5 cambia. Ecco, certamente è un’idea di legge elettorale che si discosta molto dalla rappresentatività proporzionale; punta più a garantire la maggioranza che la rappresentanza. Inevitabilmente questo modello colpisce le forze più piccole, premiando – anche in maniera esorbitante – quelle più grandi. Attenzione che non superi i limiti di costituzionalità, perché si rischia di deformare troppo il voto popolare. Il Porcellum è già stato bocciato, motivo per il quale chi scriverà la nuova legge ha tutti gli interessi ad attenersi alle indicazioni date dalla Consulta.
(Fabio Franchini)