Renzi l’americano. Seppur manca, ancora, la versione nero su bianco del programma economico di Matteo Renzi, almeno nella intenzioni il suo piano di rilancio dell’economia italiana presenta punti in comune con quello che Barack Obama ha ufficialmente inviato al Congresso: si tratta della proposta di bilancio per il 2015 da circa 4mila miliardi di dollari che prevede investimenti in istruzione, infrastruttura e programmi volti a stimolare l’economia, al fine di creare nuovi posti di lavoro e combattere la piaga della disoccupazione. Suona familiare. Analogie e differenze secondo Edward Luttwak, economista, politologo e saggista americano.
Qualche giorno fa Obama ha inviato al Congresso il budget per il 2015: una road map per la creazione di nuovi posti di lavoro, investimenti in infrastrutture e istruzione, per un totale di circa 4mila miliardi di dollari. Molti elementi in comune con l’agenda Renzi…
Premessa d’obbligo: è il Congresso – e più precisamente la Camera dei rappresentanti (che ad oggi è a maggioranza repubblicana) – che decide la spesa pubblica, non il presidente degli Stati Uniti. Il presidente propone, ma è poi la Camera ad avere il potere di scelta. Quindi il budget presentato da Barack Obama è una dichiarazione politica delle proprie preferenze personali con funzioni elettorali.
Secondo lei Renzi sta imitando il piano di Obama?
Questo non lo so, ma se fosse nelle sue intenzioni sarebbe assurdo.
Ci spieghi.
Per quanto concerne il budget, l’Italia è in una situazione drammaticamente differente da quella degli Stati Uniti. L’economia reale italiana è pesantemente depressa dall’eccessivo prelievo fiscale: le tasse sono troppo alte, più che in ogni altro Paese sviluppato. Obama non è in una situazione di tassazione eccessiva; l’economia americana sta crescendo circa del 2-3%, mentre la crescita italiana prevista dai più ottimisti è dello 0,5%, quando invece – per evitare un ulteriore aumento della disoccupazione – dovrebbe essere di 1,8.
E’ questa la soglia determinante per l’Italia?
Sì. Se la crescita sta al di sotto aumenta la disoccupazione. Quindi se Renzi ha veramente l’intenzione di imitare quanto sta facendo (o farà) il governo americano allora sarà una catastrofe per l’Italia. La vostra priorità è ridurre drasticamente la spesa pubblica e le tasse, da tagliare con la scure. Non c’è alternativa. In più…
Prego.
Devono essere licenziati in tronco almeno mezzo milione di dipendenti pubblici e di amministratori. Questo darebbe fiato e un nuovo impulso all’economia. Cameron lo ha fatto e l’Inghilterra cresce allegramente. Se Renzi non vuole agire in questo senso allora fallirà e alle prossime elezioni vincerà il centro-destra.
Cosa pensa dunque da quanto annunciato dal premier?
È un programma troppo timido. Ripeto, l’Italia non è in una situazione nella quale può tornare a galla facendo piccoli aggiustamenti. O si agisce in maniera decisa sul fronte della spesa pubblica (con leggi d’emergenza) e delle amministrazioni pubbliche (che si stanno mangiando i soldi) per rilanciare il mercato del lavoro e tagliare le tasse, oppure è un fallimento.
Renzi si è incontrato con John Kerry, segretario di Stato americano.
Sì, ma non ci vedo alcuna dietrologia: Renzi non può ottenere nulla da Kerry e viceversa. Si sono parlati, come è normale che sia, per la questione della Crimea e delle tensioni Ucraina-Russia.
C’è chi pensa che dietro l’operazione politica che ha portato Renzi a palazzo Chigi vi sia la mano della Casa Bianca.
Ecco, chi pensa questo ragiona come gli arabi, che spiegano tutto con le congiure politiche. Renzi è sconosciuto a Washington e nessuno lo ha appoggiato. Se anche il governo americano si fosse innamorato di Renzi e avesse voluto sostenerlo, non vi sarebbero stati gli strumenti per farlo, nessuno. Non siamo mica nel 1948: quest’illusione che dietro a Renzi ci sono gli americani è pura fantasia. Vorrei aggiungere…
A lei.
Il fatto che sia diventato presidente del Consiglio senza passare dalle elezioni non è piaciuto molto in America. Se poi riuscirà a fare le cose che deve fare avrà tutta l’approvazione, ma nessun appoggio perché, ripeto, non ci sono proprio gli strumenti.
(Fabio Franchini)