Slitta l’Italicum. Il già burrascoso iter verso l’approvazione della nuova legge elettorale subisce un nuovo stop: il Partito Democratico protesta, ma la discussione riprenderà la prossima settimana. Bocciato (dalla Camera, a voto palese) l’emendamento sulle preferenze e quello che puntava ad abbassare la soglia di sbarramento dal 4.5% al 4%, rimane da scogliere il nodo bipartisan delle “quote rosa”. È intervenuto, con una nota, anche Giorgio Napolitano, che però si mantiene sopra le parti: “Promulgherò la legge elettorale dopo attento esame. Ora, mentre sono in corso discussioni e votazioni in Parlamento sulla riforma, è fuorviante chiedere al presidente della Repubblica, in nome di presunte incostituzionalità, di pronunciarsi o ‘intervenire’ sulla materia”. Il punto con Marcello Sorgi, editorialista de La Stampa.
Rallenta la marcia dell’Italicum, messo in standy-by da qualche inatteso intoppo: cosa sta succedendo?
Sinceramene non vedo particolari intoppi. Il fatto che l’Italicum sia stato rinviato alla prossima settimana, visto l’importanza della legge, è comprensibile. Trovo che questa storia della parità di genere sia secondaria: ci sono anche donne che non la vogliono. È giusto che le deputate e senatrici battano su questo punto, ma bisogna poi vedere nel voto segreto cosa succederà.
E Alfano ha invocato le preferenze…
Si, ma si è votato e le preferenze non sono passate. Io penso che Alfano – che le chiede al Senato – stia facendo una battaglia di testimonianza, ma se una volta che si vota è non passano allora c’è poco da fare. A meno che…
A meno che?
A meno che ci sia l’idea, per quanto riguarda il Senato, di rimettere tutto in discussione, ma sinceramente non vedo quanto e come sia possibile. Semmai, le parti da cambiare nell’ossatura dell’Italicum – frutto di un compromesso difficile – sono altre. Mi riferisco, per esempio, al premio di maggioranza che ormai è troppo esile per consentire la governabilità.
Sarebbe comunque un Italicum a metà, visto che non si applicherebbe al senato. Rischio ingovernabilità sempre più concreto?
Certo, è un rischio che esiste, soprattutto se il Senato non verrà trasformato e riformato.
Napolitano ha fatto sapere che promulgherà la legge elettorale “dopo attento esame”. Cosa significa?
Beh, non vi è nulla di strano. Il presidente della Repubblica prima di firmare una legge deve controllarla. Questo vale per tutte le leggi. Certo, questa è fondamentale, ma rientra nel normale operato del capo dello Stato.
Cosa pensa dell’attacco di Renzi a Letta circa lo stato di salute dei conti italiani? In sostanza, ha detto che erano falsi.
Falsi no, ha detto che la situazione era un po’ diversa da quella che si aspettava. L’Europa ha accettato il nostro bilancio di fine anno. Non ho mai visto un governo che non si lamenti di quello precedente in termini di conti…
Ma è stata un’uscita infelice secondo lei o non ha comunque detto nulla di sbagliato e fuori luogo?
Infelice non la definirei, la considero un’uscita dettata dalla tipica franchezza di Renzi che, semmai, mi è sembrato dispiaciuto del modo in cui è stato interpretato l’intervento di Olli Rehn (commissario per gli affari economici). Tutti hanno pensato che l’Europa chiedesse una nuova manovra, mentre in realtà chiede maggiore concretezza e velocità sulle riforme.
Renzi si è incontrato con John Kerry: l’endorsement della Casa Bianca non è cosa nuova. Questo, in termini di rapporti e politiche economiche Usa-Europa e, soprattutto, Washington-Berlino che dinamiche può produrre?
Non mi sembra che, all’evidenza, si tratti di tutto questo: non c’è niente, né sotto né sopra. Per Renzi si trattava della prima missione a Bruxelles e capitava in un frangente delicato come quello della crisi Ucraina. Certo, non si è fatto sfuggire la ghiotta occasione di esporre le proprie idee al segretario di Stato americano.
(Fabio Franchini)