Domenica 25 maggio si terranno in Italia le Elezioni europee, primo vero banco di prova per Matteo Renzi. Sarà, seppur in chiave europea, la prima tornata elettorale che lo vede alla guida del Partito democratico. Quali sono i rapporti di forza attuali? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Amadori, presidente di Coesis research, che non vede all’orizzonte alcuna sorpresa: “Il Pd è saldamente il primo partito, sopra il 30%”. Niente trionfo (e clamoroso sorpasso) per il Movimento 5 stelle, che cavalca – insieme alla Lega Nord – l’onda dell’anti Euro e anti Europa; un sentimento, sempre secondo Amadori, “che vale il 25-30% del totale del mercato elettorale”. Probabile che Grillo metta la freccia e stacchi FI e Berlusconi, ma solo grazie alla caduta libera di forzisti che rischiando di scendere fino al 15%.



Il 25 maggio si terranno le Elezioni europee. Il partito anti Europa e anti euro è in crescita? E quanto vale?

Sì, la propensione nella popolazione italiana a uscire dall’area Euro è in crescita: attualmente vale qualcosa come il 25-30% del totale del mercato elettorale. C’è un però…

Quale?

Bisogna vedere se questo atteggiamento e potenziale teorico si tradurrà poi, concretamente, in voto.



Movimento 5 stelle e Lega Nord fanno del no all’Europa e all’euro il loro principale cavallo di battaglia.

È plausibile che mettendo assieme queste due forze si venga a creare un’area sul 25% o più. Grossomodo, comunque, la fazione no-Euro oscilla tra un quarto e un terzo dell’elettorato. Per quanto riguarda dunque Grillo e il Carroccio, in vista delle prossime elezioni europee mi aspetto qualcosa di simile a quanto avvenuto in quelle nazionali del 2013: i 5 Stelle attorno al 20% e la Lega al 5%.

Non vede dunque la possibilità di una vittoria grillina? Il Pd è troppo forte?

Beh, le rilevazioni delle ultime settimane vedono il Pd stabilmente sul 30%, ondeggiando tra il 31 e il 33. Il Movimento 5 stelle è circa 10 punti percentuali più basso. Certo, è anche vero che le europee sono elezioni d’opinione – tutti noi ricordiamo l’exploit del 1999 della lista Emma Bonino, che raccolse l’8,5% – ma non mi aspetto comunque grandi sorprese. Il Partito democratico è solido: in questo momento è assai difficile che un’altra fazione possa superarlo. I rapporti di forza sono delineati.



Mentre sembra cosa ormai certa il sorpasso 5 Stelle ai danni di Forza Italia. 

Questo è possibilissimo, se non probabile. Però, non si tratta tanto di un sorpasso grillino, quanto di una retrocessione di FI. Ripeto, penso che M5S vedrà confermata la sua dimensione attuale e reale sul 20%, mentre i forzisti si vedono svuotato il proprio volume tradizionale. Mancando un leader – Berlusconi è fuori scena – e mancando i contenuti – quali sono i loro temi? – penso che Forza Italia potrebbe scendere fino al 15%.

 

Ma questa emorragia di voti in uscita da Forza Italia – e più in generale dalla cosiddetta coalizione dei moderati – è indirizzata verso quali formazioni in particolare? Tende verso il Pd o è  invece volta a ingrossare le fila M5S?

I voti in uscita da Forza Italia sono per la stragrande maggioranza voti in ingresso per il Movimento 5 Stelle, che potrebbero arrivare fino al 25%. Più scenderà FI, più saliranno i pentastellati.

 

Anche se si tratta di Elezioni europee, pensa che questo trend andrà a confermarsi anche in futuro e alle prossime politiche?

È difficilissimo dirlo. Il panorama politico italiano cambia drasticamente ogni anno. Poi, che ci sia un trend di costante indebolimento di Forza Italia è fuori discussione, così come il progressivo irrobustimento del Pd. Ma l’andamento del partito di Grillo è un po’ altalenante. Insomma, è tutto molto contingente: fare previsione è quanto mai arduo. La cosa sicura è che il Partito democratico si è ampiamente consolidato come prima forza politica: nonostante la crisi di FI – che porta voti ai 5 stelle, tenendoli tonici – non credo a un sorpasso grillino ai danni dei dem.  

 

Tornando al fronte dei moderati, qual è lo stato di salute del Nuovo centrodestra?

Ncd è un partito di centro e di fuoriusciti. Le vicende storiche precedenti ci dicono che un’esperienza politica del genere non ha, statisticamente parlando, un grande destino e una particolar presa sull’elettorato. Penso a Scelta Civica e in parte, anche se è diverso, ad Alleanza Nazionale e a Fini, ora sparito dalla scena politica. Personalmente (e non lo dico per ragioni ideologiche, bensì statistiche) non ho mai creduto alla teoria del grande centro, che non esiste. I partiti fuoriusciti tendono a essere puniti dal mercato, diventando molto marginali. Quindi, secondo me, sarebbe già molto se si attestasse sul 4%.

 

Prima diceva che le europee sono consultazioni d’opinione: come sono paragonabili (se lo sono) i risultati con quelli delle elezioni politiche?

Una correlazione, anche importante, tra i due voti c’è, ma non sono legati a doppio filo. Come detto, le europee sono tradizionalmente elezioni d’opinione. Oltre al caso più recente della Bonino, negli anni Ottanta si consumò lo storico sorpasso del Pci sulla Dc pochi giorno dopo la morte di Enrico Berlinguer. Non mi aspetto che precipiti il Pd, che risorga magicamente Forza Italia e che Ncd faccia il boom. L’80% dei risultati è coerente con le elezioni nazionali, ma c’è pur sempre quel 20% di variabilità che potrebbe far crescere la Lega, il Movimento 5 Stelle o innescare una fiammata – magari anche solo episodica – della lista Tsipras. Qualcosa si muoverà, ma le macroforze rimangono costanti.

 

(Fabio Franchini)