Il campanello d’allarme è di quelli sonori. Assomiglia quasi a una campana a morto. Paolo Bonaiuti non si può certo classificare fra i ras delle preferenze, ma il suo abbandono di Forza Italia è simbolico e clamoroso insieme, e qualcuno teme si trasformi in una sorta di 8 settembre: tutti a casa. Se se ne va il portavoce storico di Berlusconi, la sua ombra in tutte le dichiarazioni televisive, vuol dire che la situazione è grave davvero.



Ribolle Forza Italia, e nessuno sa dire cosa ne sarà all’indomani delle elezioni europee. Gianfranco Rotondi, uno che la sa lunga, sembra lasciare intendere scissioni prossime venture, quando dice che adesso è il momento dell’assoluta solidarietà a Berlusconi, ma dopo il 25 maggio “cambierà l’offerta politica del centro-destra italiano e non a opera di Ncd”.



Di scissioni si parla ormai apertamente nei corridoi di Montecitorio. Il plurale non è casuale, perché di ipotesi in campo ce ne sarebbe più d’una. Da una parte ci sono le sirene alfaniane, quelle che hanno ammaliato l’ex portavoce di Berlusconi, e non solo. In predicato di passare sotto le insegne del Nuovo Centrodestra sarebbero altri esponenti azzurri, che per il momento restano coperti.

C’è però anche chi non sembra aver intenzione di ripararsi al calduccio di un partito che sostiene il governo, e preferisce rimanere nel perimetro dell’opposizione. È il caso di autentici signori dei voti, come Claudio Scajola, escluso con tutta probabilità dalle liste europee, e Raffaele Fitto, che invece intende il 25 maggio misurare il proprio peso specifico e decidere poi di giocare quel consenso, dentro o fuori il partito si vedrà. L’imperativo è non colare a picco con Berlusconi.



Il nodo da sciogliere è proprio questo: quanta agibilità politica ci sia dentro una formazione politica di fatto finita in mano a un cerchio magico composto da Giovanni Toti, Maria Rosaria Rossi, Francesca Pascale e pochissimi altri, e con un Berlusconi sempre più assente, sempre più distante. Quel cerchio magico che ha fatto fare gli scatoloni a Bonaiuti, privandolo sin da fine anno del suo storico ufficio a Palazzo Grazioli in nome del rinnovamento e del nuovo corso.

Impietosa è l’analisi di Mara Carfagna: “Siamo vivi e vegeti – afferma la portavoce del gruppo azzurro alla Camera – ma bisogna cambiare registro, anche comunicativo, e tornare a incarnare il bisogno di cambiamento e innovazione. Non è più il tempo delle lotte interne, di trappole e raggiri. Non possiamo permettere che Fi si svuoti come un serbatoio rotto, privandosi delle migliori energie per inconcludenti dispute di potere”.

Cambiare registro, scatto d’orgoglio, ritorno alle origini del 1994. Obiettivi tanto chiari, quanto difficili da raggiungere. Forse ne sarebbe capace solo il miglior Berlusconi, non un politico azzoppato e marginalizzato dalle sentenze giudiziarie, che dovrà ringraziare se i giudici gli concederanno blandi servizi sociali, a patto che l’argomento giustizia sparisca dalla sua bocca. Intorno al leader, al contrario, si diffonde un clima da bunker della Cancelleria, dal quale è facile perdere il contatto con la realtà. 

L’incontro con Renzi per aggiustare il tiro sulle riforme sarebbe un toccasana, ma probabilmente non ci sarà, troppo scomodo per il premier, anche se le diplomazie mantengono discreti collegamenti, con Verdini in prima fila. Ma si comincia a disperare di riuscire a evitare il sorpasso dei Grillini. Forza Italia sembra destinata a doversi rassegnare al terzo posto e la linea del Piave viene considerata quella del 20 per cento, quota oggi messa in dubbio da buona parte dei sondaggi. Se gli azzurri saranno al di sopra di questa soglia, la lotta sarà probabilmente interna al partito. Al di sotto il rischio concreto è quello che scatti il “tutti a casa”, o meglio il “si salvi chi può”.

Nebbia fitta intorno alle forme che i fuoriusciti da Forza Italia daranno alla loro presenza politica: potrebbe essere una semplice diaspora, oppure potrebbero esserci punti di coagulo. Fra i corridoi di Camera e Senato si sussurra da qualche giorno di tentativi di formare nuovi gruppi parlamentari in fase avanzata, ma che dovrebbero concretizzarsi solo all’indomani di un risultato deludente nelle urne del voto europeo. Certo, per avere una chanche di riuscita questo progetto politico ha bisogno che le elezioni politiche non arrivino troppo presto. Al contrario, la liquefazione politica di Forza Italia potrebbe costituire una forte tentazione per Renzi di andare a incassare il favore popolare, con o senza la riforma elettorale. 

Esclusivamente Berlusconi sarebbe in grado di spezzare la cappa asfissiante che avvolge il partito azzurro. Il clima è cupo, l’arresto dell’amico e co-fondatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri non aiuta di sicuro. Lui però rimane convinto che l’operazione rimonta sia possibile, come accadde un anno fa, basta che i giudici non siano troppo severi con lui. Stavolta però la battaglia sarà più dura e difficile di tutte quelle che l’hanno preceduta. Perché potrebbe essere l’ultima.