#Matteostaisereno? Mica tanto. Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera boccia il progetto di riforma del Senato avanzata da Matteo Renzi. Nel mirino dell’esponente forzista i 21 senatori nominati dal presidente della Repubblica e gli esponenti dei Comuni dentro questa famigerata organo delle Autonomie: “Per noi non passeranno mai”. In precedenza erano arrivate altre parole di fuoco: “Renzi bluffa, sembra voler contrastare demagogia e populismo con demagogia e populismo. Veramente siamo sconcertati”, aggiungendo: “Renzi non ha la maggioranza al Senato. Lui ha la maggioranza nel partito ma non nei gruppi parlamentari e gioca con la pelle degli italiani”. Il problema è che Berlusconi, come ben sappiamo, ha stretto un patto con Renzi sulle riforme costituzionali; ora sembra ergersi un muro. Il premier si dice certo che l’asse con FI reggerà alla prova del voto di Palazzo Madama. Sarà così? Lo abbiamo chiesto a Francesco Paolo Sisto, deputato azzurro, presidente della I Commissione Affari Costituzionali.
La proposta di riforma del Senato avanzata da Renzi è stata duramente attaccata da Brunetta. Si incrina il patto stretto al Nazareno tra il premier e Berlusconi?
No, sono osservazioni legittime. È normale che vi sia un testo base sul quale si innestano delle critiche, che poi possono essere raccolte, discusse, perfezionate e tramutate in modifiche. Guai se vi fosse semplice adesione a una proposta. È giusto che vi siano tutte le chiose del caso, provenienti da tutte le anime di coloro che aderiscono al patto. È, insomma, una fisiologica dinamica di opinioni. Quello che conta è che sul testo si crei una dinamica di dialogo efficace: la sede naturale per discutere è il Parlamento. La democrazia parlamentare funziona così.
Non piacciono i 21 senatori nominati dal presidente della Repubblica e gli esponenti dei Comuni. Perché?
Anch’io sono fortemente contrario a questa impostazione. Non c’è bisogno che il presidente abbia una guardia, un manipolo di opliti, all’interno del Senato; la trovo una cosa ingiustificata. E non è neanche un buon corrispettivo rispetto alla mancata elezione. Per metodo e per merito non la valuto una scelta che possa essere avallata.
Non ci sarà un muro contro muro? Primo tassello, magari, di una rottura…
Se si dovesse giungere a una rottura per un dibattito sul testo base di una riforma costituzionale, si arriverebbe allora – e molto prima – a spaccature su tutti i testi che discutiamo alla Camera. Il diritto di critica, ripeto, è più che legittimo, così come la necessità di modificare un testo secondo gli appunti, che vanno valutati doverosamente. Noi abbiamo un patto sulle riforme con il Pd, motivo per il quale ogni cosa che deve essere cambiata va valutata e fatta insieme. È stato questo il leitmotiv dell’asse Renzi-Berlusconi e anche qui si vedrà confermato.
A Palazzo Madama, dunque, la maggioranza terrà?
Prevedere le cose è sempre difficile. Fino ad oggi ha tenuto: è un buon auspicio.
Renzi si è detto ottimista circa il patto stretto con Berlusconi e ha lanciato una frecciatina: “Vediamo chi è riformista solo a parole e chi lo è anche con il voto”. A chi è rivolta?
Io penso che si rivolta al suo stesso partito e a un po’ tutti quelli che predicano bene e razzolano male. Noi, dalla nostra, abbiamo predicato bene e mai razzolato male…
Si parla di un nuovo incontro Renzi-Berlusconi? Il vostro leader vuole rassicurazioni?
Nel caso, ben venga un nuovo faccia a faccia, ma non mi sembra che sia decisivo per il prosieguo del cammino delle riforme.
Tornando alle parole di Brunetta, il capogruppo FI alla Camera ha detto, in sostanza, che il premier è un demagogo e un populista. Come commenta quest’uscita?
A volte si cercano queste formule che catturino l’attenzione di chi legge. Indubbiamente Renzi, fino a oggi, è stato più slogan che fatti. È una diagnosi fin troppo facile da fare: grande comunicazione, ma poca sostanza. Se alle frasi a effetto non dovessero seguire fatti concreti, nel ruolo di opposizione responsabile è nostro compito e dovere fargli notare i difetti tra comunicare e realizzare.
La vostra alleanza è costruita sulla legge elettorale e le riforme costituzionali, alle quali – con Forza Italia contraria – l’Italicum è stato subordinato.
Noi non siamo favorevoli a quest’impostazione dell’iter. Noi sosteniamo che l’Italicum dovrebbe essere votato prima per dare al Paese – come imposta dalla Corte Costituzionale – una legge elettorale. Gli italiani ne hanno diritto: posporla a riforme difficili come quella del Senato e del Titolo V potrebbe renderla lontano parente delle stesse.
Parafrasando lo stesso Renzi, si sente di dire “Matteo stai sereno?”
Io gli dico proprio il contrario. Il presidente del consiglio non può certo esserlo; deve essere attento a tutti i temi. Sia chiaro: noi non daremo alcuna tregua a chi non dovesse operare nell’interesse del Paese. Non faremo sconti, che si chiami Renzi o in un altro modo. Se il governo (a cui noi facciamo opposizione) non si comporta in maniera coerente saremo spietati.
(Fabio Franchini)