Ormai è chiaro: la guerra per ridisegnare il centrodestra è cominciata, ed è facile prevedere che divamperà all’indomani delle elezioni europee. Obiettivo dividersi le spoglie di Forza Italia, sempre che di spoglie si possa parlare e che questa esperienza politica sia davvero al capolinea.
Da una parte il tentativo degli alfaniani di attrarre i delusi, dall’altra i piani (e sembra che c’è ne siano più di uno) di raccogliere due malcontenti, ritagliando uno spazio politico che oggi non c’è fra Forza Italia e Nuovo Centrodestra. Le fibrillazioni si incrociano, quelle azzurre e quelle di Ncd. Speculari e intrecciate fra di loro.
Ha fatto rumore, nonostante le smentite, la lettera dei 18 (o 15) senatori che mettono in discussione la gestione di Alfano e Quagliariello. Spiccano, secondo più fonti, i nomi di Luigi Compagna, Paolo Naccarato, Antonio Gentile e Roberto Formigoni. Troppo verticismo, l’accusa, anche se pare siano state le candidature degli inquisiti Scopelliti e Cesa il detonatore del malcontento.
L’alleanza con l’Udc è però indispensabile per avere una ragionevole certezza di superare lo sbarramento del 4% alle europee. In caso di fallimento per il giovanissimo partito dei fuoriusciti dal Pdl scatterebbe un precipitoso rompete le righe. Al contrario, una volta sopravvissuti al voto del 25 maggio e sfruttando la collocazione al governo, Alfano e Cesa sarebbero nella condizione ottimale per raccogliere la diaspora azzurra, specie nel caso di un risultato deludente, come dicono certi sondaggi, che vedono Forza Italia scivolare giù, sempre più lontana dall’importante soglia psicologica del 20%.
Il braccio di ferro, nemmeno tanto sotterraneo, è reso evidente dalle parole di Maurizio Lupi, quando nega fronde interne agli alfaniani, ma certifica che Forza Italia cerca di spaccare Ncd, usando bufale per paura, almeno secondo il ministro delle Infrastrutture. Anche Quagliariello richiama i suoi a fare in modo che i localismi non condizionino la vita interna del partito.
L’invito a pazientare descrive un gruppo dirigente certo di raccogliere importanti spezzoni di quella che oggi è Forza Italia. Una concorrenza diretta per lo spazio politico dei moderati, perché in politica il vuoto non esiste, come dimostrò lo stesso Berlusconi vent’anni fa, occupando lo spazio in precedenza presidiato dal pentapartito (Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli). Del resto, Nuovo Centrodestra è nato nel novembre scorso proprio con l’ambizione di non affondare con Berlusconi. E l’incontro con l’Udc, dopo l’inattesa vittoria elettorale di Cesa, sembra essere la prima pietra di un’ambizioso progetto di edificare una nuova casa per i moderati italiani.
Essere al governo facilita questa operazione, a patto di marcare la presenza, come Sacconi e Cicchitto stanno facendo sul decreto Poletti sul lavoro. Richiamare Renzi a non essere succube della Cgil serve a segnare questa riforma come di destra. E se il premier darà corso alla promessa del quoziente familiare (come ha fatto intravedere nell’intervista pasquale a Repubblica), Ncd avrà forti argomenti per convincere i delusi di Berlusconi.
Il nodo, però, sta proprio qui, in Berlusconi. Visto con gli occhi di Alfano tutto sarebbe stato più semplice se all’ex Cavaliere fosse stata preclusa la campagna elettorale. Non è così, e adesso bisognerà verificare se sarà possibile un recupero stile 2013. Di certo neppure Forza Italia è un monolite, e le liste europee hanno lasciato segni profondi. Basti pensare all’esclusione di un pezzo da novanta come Claudio Scajola. E il risultato sono liste considerate piuttosto deboli, al punto che da Arcore è dovuta partire una smentita ufficiale alle voci su timori intorno al risultato elettorale del pupillo Giovanni Toti.
Fuori dalla ristrettissima cerchia dei fedelissimi in parecchi ragionano sul dopo, su possibili piani B. Il più esplicito, ma non l’unico, è Gianfranco Rotondi. Forte del discreto successo avuto dal suo governo ombra, si sta muovendo per coagulare gli scontenti. Tanti i forzisti, quanto gli alfaniani. Ipotesi di lavoro, dare vita a gruppi parlamentari coordinati con Forza Italia. Secondo alcune voci sarebbero addirittura sei i senatori pronti a lasciare Ncd. Il piano potrebbe scattare dopo il 25 maggio, o addirittura prima, se il malcontento tra gli alfaniani dovesse esplodere. Anche Mario Mauro potrebbe essere coinvolto, dopo essere stato marginalizzato dall’asse Udc/Ncd.
Un simile soggetto politico potrebbe muoversi come un piccolo vascello corsaro, prima rendendo fragili i numeri al Senato, poi magari sostenendolo, con l’intento di ridurre il potere contrattuale di Alfano e dei suoi. Scenari forse spericolati, ma plausibili, scenari di cui negli ultimi giorni prima della pausa pasquale si parlava con insistenza nei corridoi di Montecitorio.
Determinante sarà il fattore tempo per capire chi riuscirà a spuntarla, se Berlusconi saprà resistere, oppure se avrà successo uno dei piani alternativi per costruire il centrodestra prossimo venturo. Ma se le cose dovessero precipitare con un precoce ritorno alle urne, tutti i piani alternativi verrebbero spazzati via. Renzi giura che la legislatura arriverà al 2018, ma non è detto che le cose vadano proprio così.