Partiti al lavoro per trovare una sintesi comune sulla riforma del Senato. L’intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha tentato un’opera di persuasione sia nei confronti dei senatori dissidenti sia dei parlamentari renziani per convincere entrambi ad abbandonare la linea dura. La mediazione sembra basarsi sull’elezione indiretta e su un numero inferiore di sindaci e di membri indicati dal presidente della Repubblica. Per Guglielmo Vaccaro, onorevole del Pd di area lettiana, “il problema è che non è stata ancora definita una linea chiara nel partito. E’ a questo livello che va trovata un’intesa, prima di cercare un accordo bipartisan con Forza Italia”.



Come si possono superare le divisioni nel Pd sulla riforma del Senato?

Dibattendone, parlando, approfondendo, prendendoci ancora qualche giorno per approfondire la questione all’interno del partito. Non si può lasciare tutto alle commissioni, che sono momenti di rappresentazione ufficiale di una linea che deve essere già stata definita nel corso di occasioni informali.



Il senatore Francesco Russo ha presentato una proposta che si basa sulle elezioni di secondo livello. Lei che cosa ne pensa?

La ritengo una costruzione un po’ barocca. O c’è un’elezione di secondo livello pura, per cui i consiglieri regionali poi esprimono la delegazione in Senato, o non condivido l’idea di un sistema misto. Sono per semplificare, aggiungere un altro sistema di selezione dà valore alla fantasia procedurale italiana, ma io vorrei ridurre tutto a un unicum anziché complicare.

Lei che cosa propone per quanto riguarda la riforma del Senato?

Se ci convinciamo che non si deve eleggere il Senato con il voto popolare, bisogna chiedere ai vari livelli che devono essere rappresentati nel Senato delle autonomie di inviare delle rappresentanze.



Ritiene possibile un accordo con Forza Italia?

L’accordo alla fine si troverà. In primo luogo per trovare un’intesa, noi come Pd dobbiamo poter definire una proposta che ci veda compatti. Nella realtà non è così, e quindi stiamo correndo il rischio di intenderci con i nostri competitori prima di esserci chiariti nel partito. Tutto questo espone l’accordo alle tensioni che stiamo conoscendo e registrando.

 

Il dibattito sul Senato quali conseguenze può avere a livello politico e sull’Italicum?

Si tratta di un rischio sistemico, se non passa la riforma del Senato non passerà neanche l’Italicum.

 

Lei che cosa ne pensa della nuova legge elettorale?

Noi dobbiamo prima completare la riforma del Senato e poi approvare l’Italicum. Se non si riesce a fare bene il primo passaggio, non si riuscirà nemmeno a fare il secondo. Non c’è nessuna alternativa possibile.

 

Che cosa sta a cuore al capo dello Stato in questo momento?

Che si chiuda un processo troppe volte annunciato, promesso e mai realizzato, con una riforma dell’impianto istituzionale, l’uscita dall’empasse sulla legge elettorale causato dalla sentenza della Corte costituzionale, e il superamento del bicameralismo perfetto.

 

Qual è il senso dell’incontro tra Renzi e Letta di alcuni giorni fa?

Il presidente del Consiglio incontra numerosi leader politici, e mi sembra giusto che ogni tanto senta colui che lo ha preceduto su qualche dossier avviato o per qualche scambio di opinioni sulle decisioni da prendere. Mi sembra molto saggio, responsabile e opportuno.

 

Che cosa si sono detti il premier e il suo predecessore?

Difficile dirlo senza la sfera di cristallo.

 

Renzi sta cercando di assicurarsi l’appoggio dei lettiani?

Non c’è nessuna valutazione complessiva di questo tipo. C’è un governo da sostenere, un primo ministro che è anche segretario del partito, che va aiutato a fare ciò che ha promesso. E’ una responsabilità che si può trasformare anche in correzione, nel senso etimologico del termine.

 

(Pietro Vernizzi)